Fuga di morte




Recensione di Velia Speranza


Autore: Sheng Keyi

Traduzione: Eugenia Tizzano

Editore: Fazi

Genere: Narrativa

Pagine: 429

Anno di pubblicazione: 2019

Sinossi. Sulla piazza principale di Beiping, capitale dello Stato di Dayang, un giorno compare un enorme escremento a forma di pagoda: un atto dissacrante, che fa esplodere le gravi tensioni sociali latenti da tempo, innescando un movimento di protesta guidato da poeti e intellettuali. Yuan Mengliu, giovane e rispettato poeta, vive però una crisi profonda. Da un lato si dimostra incapace di sopportare la violenza della rivolta e della sua repressione da parte del governo, dall’altro non riesce ad abbracciare gli ideali rivoluzionari della sua compagna Qi Zi, la quale si afferma invece come leader della protesta. Quando la ragazza scomparirà in circostanze misteriose, Yuan Mengliu, ormai abbandonata la poesia e diventato un chirurgo, si metterà alla sua ricerca. Dopo anni di viaggi, si ritroverà in un luogo sperduto chiamato Valle dei Cigni: un mondo utopico apparentemente perfetto che si rivelerà invece sottoposto a imposizioni ferree dall’alto, dove ogni aspetto della vita è regolamentato ai fini del benessere dello Stato, con tragiche conseguenze.

Recensione

La rivoluzione è sempre un argomento che, nel bene o nel male, affascina. Lassioma non vale solamente per quelle studiate sui libri di storia (a partire dalla madre dogni rivolta, quella francese del 1789), ma anche per le rivoluzioni odierne, che attirano sempre su di loro uno sguardo speciale, talvolta impregato di romanticismo.

Hong Kong e il Cile sono solo due esempi fra gli eventi contemporanei, seguiti dai media di tutto il mondo. In realtà ce ne sarebbero molti di più da citare, dal momento che sembra ci si trovii in un nuovo periodo storico di grandi cambiamenti. Sheng Keyi, con il suo Fuga di morte, ha intercettato questa nuova fase storica, riallacciandola direttamente con quella di fine Novecento. Infatti, per quanto non venga mai nominatodirettamente, l’evento da cui lautrice ha preso spunto è uno dei cardinali della storia cinese contemporanea: la protesta di piazza Tienanmen del 1989.

Sarebbe stato facile dar vita ad un romanzo che ricostruisse semplicemente le cause che portarono a quelle giornate, oppure sottolineare le colpe della Cina per quanto riguarda la repressione e le politiche che adottò. Troppo facile. Sheng Keyi, invece, si sofferma su un aspetto che forse viene generalmente poco considerato: ciò che resta alla fine di una rivolta.

Fuga di morte è lelegia delle rivoluzioni fallite, quelle che, come ne I Miserabili di Victor Hugo, si sono librate sugli ideali dei giovani intellettuali e sono perite sotto i colpi dei soldati.

La stessa ambientazione fittizia consente di astrarre al grado di universale la narrazione. La città di Beiping, nello stato di Dayang, è solo un nome, priva di caratterizzazione, salvo che per il suo centro focale, Piazza Rotonda, dove un giorno appare un escremento enorme a forma di pagoda.

Una provocazione, sicuramente, ma chi sia stato a crearlo o come abbia fatto, non importa. Lo sguardo vola subito sui circoli di intellettuali, sui ragazzi che danno vita a comitati e si riuniscono in piazza per proteste pacifiche e scioperi della fame.

Fra di essi c’è anche Yuan Mengliu, poeta, letterato e membro del club dei Tre Moschettieri. Yuan non prende mai realmente parte alla rivolta. La sua volontà è spaccata  fra il rifuto della violenza ed un certo disfattismo, fra il desiderio ardente di stare al fianco dei suoi amici e lottare per ciò in cui crede. Così, rimane ai margini, partecipante fantasma attorno al quale si muovono i rappresentanti principali delle proteste giovanili.

Proprio per questo, dopo la rivolta, quando tutto è seppellito sotto il silenzio, Yuan Mengliu vive tormentato dai sensi di colpa. È lunico sopravvissuto della sua cerchia, gli altri uccisi o spariti nelle maglie della repressione. Lunico modo in cui può convivere con se stesso è reinventarsi. Come altri intellettuali dopo piazza Tienanmen, Mengliu rinnega ciò che era stato, abbandonando la poesia per la chirurgia, soppiantando lardore dellanimo con la sicurezza economica. Istinto di sopravvivenza o scelta opportunistica, poco importa. I rivoluzionari non sopravvivono alla fine delle rivolte, disillusi e senza più forza per credere alle loro stesse parole.

La stessa memoria di quegli eventi viene modificata e rigettata. Mengliu la racconta e la ricostruisce durante la sua permanenza nella Valle Dei Cigni, luogo utopico in cui è approdato improvvisamente durante le ricerche di Qi Zi, la ragazza da lui amata e scomparsa nel nulla dopo gli eventi di Piazza Rotonda. È, dunque, un metaviaggio, fisico quanto interiore, travagliato e oscuro. Non ci sono solo i segreti della Valle a dover essere svelati, ma anche le menzogne che Mengliu ha raccontato a se stesso, le verità che ha cancellato semplicemente non canalizzandole mai in parole.

È un percorso narrativo accidentato, ricco di frenate e bruschi cambiamenti di direzione. Impegnativo, senzaltro, frustrante a tratti, ma appagante una volta ritrovata la quadratura del cerchio.

La Valle dei Cigni, luogo apparentemente perfetto, conduce ad un altro sentiero, che cammina parallelo a quello della rivoluzione. Uno Stato che delibera su qualsiasi argomento in maniera autonoma, creando una società avanzata, agiata e priva di preoccupazioni semplicemente imponendo scelte dallalto, non potrà mai essere considerata ideale perché è mancante di un elemento fondamentale per ogni società umana.

La libertà, un diritto che non può essere alienato e che, alla fine della storia, è lunica cosa per la quale vale veramente la pena lottare, fronteggiando anche la morte. Bai Qiu ed Hei Chun (gli altri due esponenti della società dei Tre Moschettieri di cui anche Yuan Menglu è membro) rappresentano da questo punto di vista il rovescio del protagonista. Bai Qiu muore suicida nel momento in cui le sue poesie cominciano ad essere censurate, incapace di sopportare anche una singola catena. Hei Chun sparisce dopo larrivo dei carri armati in Piazza Rotonda, non lasciando che nulla fermi le sue parole.

Nonostante tutto, però, ciò che si ha la sensazione di assaporare pagina dopo pagina è una dose considerevole di cinismo. Dopo tutte le belle parole sullamor di patria (anche se essa è abusiva) e sulla libertà, ci sono i discorsi sulla fine della memoria storica e sullinutilità dei movimenti giovanili. In questi pezzi più che in qualsiasi altro punto del romanzo, si avverte tutta la delusione di Sheng Key.

Delusione non nei confronti delle rivoluzioni, ma bensì degli uomini che le creano, pronti a voltare le spalle e a rinnegare se stessi.

Sheng Keyi


Sheng Keyi è nata in un villaggio della provincia di Hunan nel 1973. Trasferitasi a Shenzhen nei primi anni Novanta, ha lavorato come segretaria, corrispondente, reporter ed editore prima di dedicarsi totalmente alla scrittura nel 2002. Nelle sue opere, Sheng Keyi descrive le classi più povere della società cinese, focalizzandosi sulla condizione delle donne, ricorrendo ad un linguaggio violento e sperimentale. Il suo primo romanzo, Northen Girls, è stato pubblicato nel 2012 da Penguin China ed è stato candidato al Man Asian Literary Prize.

 

 

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