Gli irredenti





Recensione di Patrizia Vigiani


Autore: Marco Avonto

Editore: Morellini

Genere: giallo sociale

Pagine: 272

Anno di pubblicazione: 2022

Sinossi. Borgo Alamo, 1997. Durante una battuta di pesca lungo il torrente, Pietro – un adolescente dal carattere schivo – scopre inavvertitamente che il figlio del sindaco del paese, Tommaso Pastore, detto il Bue – sta avendo rapporti omosessuali con un ragazzo di Alamo. Il Bue, temendo che la storia trapeli, affoga il ragazzo e decide di comprare il silenzio del suo amante. Il sindaco, per salvare il figlio, decide di risolvere la situazione nell’unico modo possibile: trovare un capro espiatorio. Contatta Landi – il padre alcolizzato di un ragazzino rimasto menomato in seguito a un incidente – offrendogli un compenso affinché incolpi il proprio figlio per la morte di Pietro. Ma qualcosa va storto e il Bue deve scontare la sua pena in carcere. Solo molti anni dopo, nel 2017, uscito di galera, il Bue proverà a trovare un’occasione di riscatto quando incontrerà Chiara, la figlia di un’altra “marginale” di Borgo Alamo con una difficile situazione familiare alle spalle. Nel legame, improbabile e traballante, che si crea tra i due, si intravede l’unica possibilità di redenzione dei personaggi del romanzo, che scopriranno quanto certi debiti siano costosi da saldare.

Recensione

Non ne potete più di storie popolate da personaggi belli, ricchi e intellettuali?

Di superattici, bolidi sportivi e panorami a picco sul mare?

Gli irredenti di Marco Avonto ha il coraggio di confrontare il lettore con un mondo diverso da quello di molti romanzi e serie televisive. Un mondo che però si avvicina di più a quello reale, dove milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà e per molti adolescenti l’unica prospettiva è quella della criminalità e della droga.

Siamo in un’immaginaria cittadina di provincia e il sipario della storia si apre su un omicidio, la cui vittima è un ragazzino di misera estrazione sociale e il cui carnefice è invece il figlio del sindaco. Ma non si tratta dell’incipit di un giallo classico: l’omicidio è soltanto un pretesto per mettere in scena la dura realtà di personaggi che si muovono in un ambiente di degrado sociale, povertà, malattia, tossicodipendenza.

In questo contesto il titolo del romanzo non appare scelto a caso: credo che il termine “irredenti” alluda in primo luogo a una rinuncia programmatica a una narrazione consolatoria. In secondo luogo questo titolo sottolinea la pluralità dei protagonisti. Il romanzo infatti non ruota attorno a un personaggio principale, ma ci presenta una carrellata di figure, nelle quali la voce narrante si cala di volta in volta, facendo il lettore partecipe di più punti di vista, secondo la struttura del romanzo corale.

La voce è senz’altro uno dei pregi maggiori dell’opera, che con una scrittura precisa e ricca di metafore ci fa entrare nelle teste dei personaggi, fino a farci sentire il loro stato d’animo, la loro disperazione.

Personaggi il cui comune denominatore è quello di essere “irredenti”, cioè privi di qualsiasi possibilità di salvezza. Fra di essi Landi, che cerca di sopravvivere portandosi dietro il fardello di un figlio disabile, Marisa, tossicodipendente sfruttata da un malavitoso, Chiara, figlia indesiderata destinata a un futuro di parrucchiera o prostituta, Tommaso, il colpevole che esce di prigione. La loro sorte è scandita non soltanto da un’estrazione geografico-sociale che li condanna a rimanere dove sono, ma anche da improvvisi capricci del destino, che arrecano morte e sventura per pura casualità.

In definitiva un romanzo coraggioso, che si inserisce nel filone della narrativa realistica e sociale. Coraggioso perché rinuncia a presentarci esplicitamente una via d’uscita, che in romanzi di questo tipo è di solito personificata: nella ragazzina che vuole studiare, per sfuggire al degrado attraverso l’istruzione, oppure nel personaggio che alla fine sale su una nave o prende un treno. Se un simile esito è rintracciabile anche in questo romanzo, dovrà essere il lettore a deciderlo.

Lo consiglio? Certamente. È una lettura immersiva, che porterà il lettore a contatto con un mondo che forse non gli è familiare, e che verrà sviscerato sotto i suoi occhi in tutta la sua crudeltà. Una lettura che potrebbe anche avere l’effetto di uno shock. Se l’autore aveva questo obiettivo, che è poi ciò che la letteratura realistica di tutti i tempi si è sempre proposta, ci è senza dubbio riuscito.

A cura di Patrizia Vigiani

www.club-der-progressiven.de/

 

Marco Avonto


Marco Avonto è nato a Torino nel 1975. Vive a Milano, dove lavora nel settore finanziario e dove ha frequentato vari corsi di scrittura creativa. Per alcuni anni ha collaborato al blog “Penne Libere” (pennelibere.blogspot.it) assieme ad alcuni colleghi di penna. Appassionato americanista, tra gli autori a cui si ispira cita Philip Roth, William Faulkner, Raymond Carver, John Cheever, Joyce Carol Oates, Donald Ray Pollock, Jay McInerney e Bret Easton Ellis. Gli Irredenti è il suo primo romanzo.

 

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