I miei stupidi intenti




 I MIEI STUPIDI INTENTI


Autore: Bernardo Zannoni

Editore: Sellerio

Genere: narrativa

Pagine: 252

Anno di pubblicazione: 26 agosto 2021

Sinossi. Questa è la lunga vita di una faina, raccontata di suo pugno. Fra gli alberi dei boschi, le colline erbose, le tane sotterranee e la campagna soggiogata dall’uomo, si svela la storia di un animale diverso da tutti. Archy nasce una notte d’inverno, assieme ai suoi fratelli: alla madre hanno ucciso il compagno, e si ritrova a doverli crescere da sola. Gli animali in questo libro parlano, usano i piatti per il cibo, stoviglie, tavoli, letti, accendono fuochi, ma il loro mondo rimane una lotta per la sopravvivenza, dura e spietata, come d’altronde è la natura. Sono mossi dalle necessità e dall’istinto, il più forte domina e chi perde deve arrangiarsi. È proprio intuendo la debolezza del figlio che la madre baratta Archy per una gallina e mezzo. Il suo nuovo padrone si chiama Solomon, ed è una vecchia volpe piena di segreti, che vive in cima a una collina. Questi cambiamenti sconvolgeranno la vita di Archy: gli amori rubati, la crudeltà quotidiana del vivere, il tempo presente e quello passato si manifesteranno ai suoi occhi con incredibile forza. Fra terrore e meraviglia, con il passare implacabile delle stagioni e il pungolo di nuovi desideri, si schiuderanno fra le sue zampe misteri e segreti. Archy sarà sempre meno animale, un miracolo silenzioso fra le foreste, un’anomalia. A contraltare, tra le pagine di questo libro, il miracolo di una narrazione trascinante, che accompagna il lettore in una dimensione non più umana, proprio quando lo pone di fronte alle domande essenziali del nostro essere uomini e donne. I miei stupidi intenti è un romanzo ambizioso e limpido, ed è stato scritto da un ragazzo di soli venticinque anni. Come un segno di speranza, di futuro, per chi vive di libri.


I MIEI STUPIDI INTENTI

A cura di Sara Zanferrari



Recensione di Sara Zanferrari

Prendi una faina (e una volpe, e un cane, e un istrice e vari altri animali in ordine sparso) e scrivi una storia a 21 anni che pochi anni più tardi, nel 2022, vincerà il Premio Bagutta Opera Prima, il Premio Salerno Letteratura e il Premio Campiello, conquistando la famosa giuria dei 300 lettori.

Una faina che nasce, cresce e muore, e nel mentre scopre l’esistenza dell’istinto, della morte (e dunque del tempo, che, inesorabilmente, passa), della scrittura e persino di Dio.

I puristi gridano allo scandalo, “che libretto insignificante e presuntuoso”, i lettori, se non tutti moltissimi, ne sono entusiasti. Nel frattempo, il romanzo ha passato la prova sia della giuria tecnica sia di quella popolare del rinomato Premio Campiello e l’ha pure vinto.

Senza scomodare le favole di Esopo o La fattoria degli animali di Orwell, o ancora La collina dei conigli di Adams, e così via, è evidente come gli animali si possano prestar bene a raccontare storie ed emozioni considerate, a torto o a ragione, prettamente umane. L’espediente può piacere o meno, il ragazzo può venir considerato acerbo o geniale, restano i fatti: al lettor non si comanda. E per fortuna.

Ma veniamo alla nostra storia: la faina Archy, rimasto orfano di padre assieme ai fratelli nel bel mezzo del gelido inverno, si azzoppa cadendo da un albero, e viene poco dopo ceduto/venduto dalla madre Annette alla volpe/usuraio Solomon in cambio di una gallina. Diventato di sua proprietà, la volpe lo tratta inizialmente come uno schiavo fino a costruire una relazione di tutt’altro genere, dove uno è insegnante, l’altro discente. Ma cosa può insegnare mai una volpe a una faina? Solomon è una volpe che ha molto vissuto e molto riflettuto (a differenza degli altri animali, che agiscono e basta), ma soprattutto è stato illuminato dalla scoperta dell’esistenza di Dio. Ad Archy, un passo alla volta, trasmetterà le proprie conoscenze, fra le quali quella forse più dolorosa è la consapevolezza (prima a lui sconosciuta, in quanto animale) della propria finitezza. In parole povere: tutti sono destinati prima o poi a morire, uomini e animali. Solomon insegnerà ad Archy a leggere e scrivere, e con queste competenze l’importanza della scrittura, destinata a trasmettere ai posteri il senso di una vita (e di diverse altre cose), l’ultimo, stupido intento, appunto, che è quello di scappare dall’inevitabile, ovvero cercare inutilmente d’imporsi sul proprio destino. La volpe detta alla faina le proprie memorie, la faina farà la stessa cosa con l’istrice Klaus, che diventerà compagno e custode dell’altrimenti sua totale solitudine.

Sono potenti i salti di consapevolezza che fa Archy man mano che vive e cresce, e scopre la crudeltà, l’efferatezza dell’esistenza di un predatore (perché questo è una faina), costellata da fame, freddo e istinto. 

“È questo che fa la fame. Assottiglia il mondo in un unico bisogno. Non esiste pietà, o amore, o ancora la paura, il dolore, la vergogna; non esiste niente all’infuori di quella spinta, cieca, che è sopravvivere, mangiare.”

Ma ancora più potente sarà la scoperta, attraverso Solomon, dell’esistenza del Dio degli umani, col quale “litigherà” alla ricerca della salvezza e del perdono, tanto quanto ha sempre fatto chi è in cerca della Fede. Per concludere così:

“Imparai ad apprezzare la solitudine e trovai la pace con Dio. Mi fu chiaro che il mondo non odia nessuno, e se è crudele, è perché noi siamo crudeli. Dio non aveva commesso altro errore se non quello di averci voluto partecipi, uomini e animali insieme. Mi assolsi, e feci pace con chi mi aveva ferito, perché al di fuori delle nostre teste, ogni dolore non ha peso: perché il male non esiste,”

Ma sopra a tutto, si staglia con la sua potenza ed eternità incorruttibile, la PAROLA, unica vera eredità lasciata dalla volpe alla faina. Unico vero strumento a disposizione per restare immortali.

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Bernardo Zannoni


Bernardo Zannoni (1995) è nato e vive a Sarzana. I miei stupidi intenti (Sellerio 2021) è il suo primo romanzo, Premio Campiello 2022, Premio Bagutta Opera Prima 2022, Premio Salerno Letteratura 2022.

 A cura di Sara Zanferrari

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