I raccontastorie




 I RACCONTASTORIE

di Nicholas Jubber

Bompiani 2023

Andrea Asioli (Traduttore)

Saggistica, Narrativa, pag.46

Sinossi. Raccontare fiabe è come cucinare, diceva Angela Carter. Chi ha inventato per primo le polpette? In quale paese? Esiste la ricetta perfetta? No, un’unica ricetta non esiste, semmai ognuno di noi saprà prepararne una propria, buonissima versione. Questo vale anche per le fiabe, molte delle quali sono associate agli individui che le hanno trascritte o le hanno raccolte, spesso dando forma letteraria e sistematica a storie del folclore trasmesse perlopiù oralmente. È su queste figure che si concentra il nuovo libro di Nicholas Jubber, che ripercorre la vita e le opere di sette di loro: dal napoletano Giambattista Basile fino al danese Hans Christian Andersen, passando per inventori, ladri, ribelli e geni dimenticati, Jubber ci racconta degli autori che ci hanno regalato fiabe classiche come Cenerentola, Hänsel e Gretel, La Bella e la Bestia e Baba Yaga. Con passo avventuroso viaggiamo per fumanti città italiane e misteriose città orientali, attraversiamo la fitta Foresta Nera, la tundra siberiana e le colline innevate della Lapponia; seguiamo personaggi improbabili come la figlia di un farmacista tedesco, un giovane siriano in fuga e un dissidente russo coinvolto in un complotto per uccidere lo zar, e insieme a loro scopriamo i lati più segreti delle storie che ci appartengono fin da quando eravamo bambini.


Recensione di Francesca Mogavero

Una fiaba nasce chissà come e chissà dove – forse è un fatterello reale trasformato in gigante, magari è una pianta di fagioli inventata, che dal nulla arriva fino oltre le nuvole – passa di bocca in orecchio e via verso altre labbra e altri padiglioni, segue la scia delle carovane come un dolce contagio – a volte coincide davvero con il propagarsi di una grande epidemia, ché, tra un dolore alle ossa e un bubbone pestilenziale, almeno ci si addormenta con una buona storia – si arrampica sulle cime innevate, si tuffa nelle acque profonde, cambia forma, nome, nazionalità e bussa alla finestra di chi la fisserà sulla carta – senza mai, in fondo, possederla del tutto, recintarla davvero tra margini e tavole acquerellate – e la consegnerà a noi.

A pensarci dà il capogiro: le fiabe, le eventyr, le avventure danesi, o in qualunque altra lingua le si voglia chiamare, nascono assieme all’umanità e hanno avuto un’esistenza spesso più intensa, avvincente, pericolosa: si sono scaldate attorno ai fuochi di campo e gettate nel furore di mille battaglie, hanno rasserenato animi fiaccati dal tradimento, dagli intrighi di corte, dalla noia; si sono attorcigliate assieme ai crini dei cavalli bardati e sono corse lontano al galoppo; hanno dato voce e corpo alla Morte e celebrato nascite, rinascendo a loro volta; sono sparite, sono riapparse come fughi (magari velenosi, magari allucinogeni), sono diventate spettacoli teatrali, radiogrammi, lungometraggi, cartoni animati, oggi podcast, si sono adattate alla sensibilità (anche linguistica) attuale… Ma riusciamo sempre a riconoscerle e a riconoscerci. A ritrovarci.

Ci affascinano e, come capita per tutte le cose belle, non stiamo troppo a chiederci perché, ce le godiamo e basta: le ascoltiamo e torniamo bambini, le raccontiamo e ci sentiamo incantatrici e incantatori, capaci di sorprendere, far rabbrividire e fantasticare chi vive adesso la bella, magica e ombrosa stagione dell’infanzia.

Nicholas Jubber, ne I raccontastorie, compie un viaggio a ritroso e, dalle versioni che conosciamo, prova a risalire alle fonti, non proprio a quelle primigenie – sarebbe impossibile! – ma alle narratrici e ai narratori che le hanno raccolte, catalogate, sistematizzate, trascritte, pubblicate. Assumendosi una responsabilità non da poco, perché ciò che è scritto – e magari è stato rielaborato per necessità, per gusto, per scelta – è percepito come vero, autorevole, entra nell’immaginario.

Ma le fiabe, si sa, sono indisciplinate e, anche se le leggiamo, anche se le guardiamo su uno schermo o da una platea, ci entrano dentro e, quando le ripetiamo, hanno sempre qualcosa di appena diverso, un tocco personale, inedito, pur conservando la loro essenza.
Così la Sirenetta, anche se traslocata in un mare diverso, sarà sempre la Sirenetta, e le sorellastre di Cenerentola, che vengano perdonate o facciano una brutta fine, saranno sempre loro, sempre riconoscibili.

Perché le fiabe sono allo stesso tempo orgogliose e generose: possono diventare di chiunque, legarsi a un ricordo, rammentarci chi ce le raccontava, ma rivendicano il diritto di salutarci, di uscire dai bordi, dai confini, per esplorare altri lidi e possibilità. Sono libere come i gatti: ci appartengono fino a un certo punto, dobbiamo limitarci ad amarle e a vederle crescere e fare giravolte nelle loro sette vite (se non di più).

Così, anche Jubber resta positivamente invischiato nelle sue stesse scoperte, si fa prendere per mano da autori e personaggi, da uccelli di fuoco e bestie dal cuore d’oro e, più che un saggio “classico”, ci regala un memoir che mescola una rigorosissima ricerca a storie e testimonianze originali, esperienze dei propri viaggi, teorie, incontri e mappe.

L’autore individua preziose connessioni – storie che dall’India arrivano nella Foresta nera, incontri tra narratori (e chissà cosa si sono detti, quali fiabe si sono raccontati!), richiami, eco politiche e sociali, finalità di intrattenimento e di sensibilizzazione – osserva e tocca personalmente luoghi e documenti, va come Andersen in Lapponia e interroga allo stesso modo dei fratelli Grimm… e non è solo la vocazione, la ferrea volontà, la disciplina del ricercatore a guidarlo, ma la curiosità e la gioia del creativo, l’entusiasmo di chi non è mai troppo grande per ascoltare una storia della buonanotte, innamorarsene e fare sogni mirabolanti.

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Nicholas Jubber


ha viaggiato in Medio Oriente, Asia centrale, Africa del nord e dell’est e ha attraversato l’Europa. Lungo la strada ha lavorato come insegnante, puliscitappeti e ha fatto anche un’esperienza come assistente in una conceria. Ha scritto per numerosi giornali, tra cui Guardian, Observer, Globe and Mail, Irish Times e BBC History. Per Bompiani ha pubblicato Continente epico (2021).

A cura di Francesca Mogavero

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