I racconti




I racconti di fantasmi di un antiquario

Recensione di Francesca Mogavero


Autore: Montague Rhodes James

Traduzione: Attilio Veraldi, Luca Scarlini

Editore: Skira

Pagine: 112

Genere: Gotico

Anno di pubblicazione: 2019

Sinossi. Le antiche carte, le lapidi, le iscrizioni sono tutt’altro che un passatempo da studioso. Nelle parole dettate da antiche maligne volontà, si cela un ambiguo segreto. Occorre poco perché una passione erudita si trasformi in un incubo, mettendo a nudo le debolezze di coloro che si danno alla ricerca per soddisfare le proprie ambizioni scientifiche. Montague Rhodes James è il maggiore poeta del gotico all’inglese, nutrito di mezze voci, di ambigui baluginii al crepuscolo, di creature che nascono dal vento. Le opere d’arte, in questa visione, si fanno portavoce di un mondo oscuro e misterioso, in cui è facile entrare, ma da cui è difficilissimo allontanarsi. Profondo conoscitore della storia britannica, traeva spunti da fonti remote, linfa per racconti come La mezzatinta, in cui una opera di un ignoto illustratore si anima sinistramente, la notte, per rivelare le vicende di un antico quanto efferato delitto. Da un dato di ricerca, si sviluppano le trame del Maligno, sempre in agguato per punire l’eccessiva sicumera dei sapienti, che non vedono, nel loro accanimento, dove si celano trappole e insidie.

Recensione

Ci sono creature fantastiche – o forse no, chi è mai stato morso sul collo ed è venuto a raccontarvelo? – che da sempre mi viene spontaneo associare a un periodo dell’anno.

Vampiri e lupi mannari fanno pendant con l’estate, vuoi per le leggendarie notti horror in TV, quando lo smartphone era ancora più leggendario, ma uno schermo da sei pollici sul balcone della casa delle vacanze andava benissimo per mettermi in contatto con il mio caro Freddy Krueger, vuoi per la sconfinata possibilità di fare le ore piccole leggendo racconti da brivido alla luce della torcia, vuoi ancora per il soggiorno dai nonni tra le montagne, pullulanti di leggende e incubi con un nome in dialetto.

I demoni e le bambine inquiete e vendicative sono perfetti a settembre, in concomitanza con l’inizio della scuola, quando, tra una versione di latino e un’espressione fratta, tra una Coca-Cola e una piadina, si inserisce quasi senza soluzione di continuità una scena dell’Esorcista o di The ring.

E poi ci sono i fantasmi… che subito mi fanno pensare al Natale. Oltre a dirvi molto sul mio “spirito” (è proprio il caso di dirlo!) natalizio, quest’ultimo abbinamento è supportato da diverse argomentazioni: il Canto di Natale di Dickens, il momento di fare bilanci lasciando andare il passato e i suoi spettri più o meno spaventosi, affrontando il presente sempre col sorriso e un cuor di leone (e qualche corona d’aglio, se necessario) e aspettando che un futuro evanescente prenda forma il pensiero alle persone amate, le fiabe sotto le coperte, la magia di quando si era bambini e pure di quando si è ormai troppo grandi (?) per le pantofole a forma di orsacchiotto.

Insomma, spiegazioni fondate, convincenti o meno, per me le anime senza pace sono dicembrine, trasparenti e straordinarie come cristalli di neve, sensibili alle prime luci e al calore come ghiaccio sottile.

Per questo, di fronte alla raccolta di Montague Rhodes James, non ho resistito: sei racconti che, oltre a essere in linea con i miei accostamenti stagionali, prendono le mosse da un altro elemento affascinante, l’antiquariato.

Oggetti polverosi, (volutamente) dimenticati, nascosti e recuperati chissà dove, in modo fortuito, rocambolesco o semplicemente fatale, in cui alberga uno spirito guardiano, la memoria di un delitto, il precedente (e defunto) proprietario o una storia da raccontare: cosa chiedere di più?

E il messaggio è forte e chiaro: l’antichità è viva e continua a pulsare come il cuore rivelatore di Poe, è un lenzuolo macchiato di colpe remote per cui nessuno ha ancora pagato, è una catena arrugginita che si trascina su pavimenti marci e lungo scale pericolanti, un grido della notte che solo noi abbiamo udito, un sussurro ammonitore, una mano gelata sul collo e giù per la spina dorsale.

In I racconti di fantasmi di un antiquario lo scrittore assume il ruolo letterario di testimone indiretto, di depositario di confidenze paranormali e, nella twilight zone del disincanto, della sospensione del giudizio, dell’ironia e del puro gusto del narrare, ci conduce tra rovine, dimore secolari e tesori sepolti… salvo poi lasciarci la mano all’improvviso e spegnere la luce, abbandonandoci al cospetto di incubi e deliri senza tempo e sempre nuovi.

Quindi buona lettura e buon viaggio nell’ignoto… e state attenti a cosa regalate per Natale (e soprattutto a cosa ricevete)!

 

Montague Rhodes James


Montague Rhodes James (1862-1936), maestro del gotico inglese, nacque a Eton e visse operando come medievista, dimorando a lungo presso Cambridge e Oxford. Antiquario, bibliofilo, collezionista, esperto di antichi codici fu grande nella forma del racconto e spesso prese spunto dalle sue ricerche per le proprie opere. Ha lasciato quarantuno racconti, editi in varie collezioni a partire da Ghost Stories ofAntiquary (1904).

 

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