I testamenti




I testamenti / (The Testaments)

Recensione di Marina Morassut


Autore: Margaret Atwood

Editore: Ponte alle Grazie

Traduzione: Guido Calza

Genere: Narrativa

Pagine: 502

Anno di pubblicazione: 2019

Sinossi. «Il nostro tempo insieme sta per cominciare, mio lettore. Può darsi che vedrai queste pagine come un fragile scrigno da aprire con la massima cura. Può darsi che le strapperai o le brucerai: con le parole accade spesso». Hai fra le mani un’arma pericolosa, caricata con i segreti di tre donne di Gilead. Stanno rischiando la vita per te. Per tutti noi. Prima di entrare nel loro mondo, forse vorrai armarti anche di questi pensieri: «La conoscenza è potere». «La Storia non si ripete, ma fa rima con sé stessa».

Recensione

“Le donne dovrebbero avere tutte gli stessi impulsi, oppure essere dei mostri”.

(George Eliot, Daniel Deronda).

E’ bene ribadire che un autore che decide di scrivere a distanza di 35 anni il sequel di un suo romanzo così intenso ed attuale come è ancora “L’Ancella”, è un pazzo, oppure ha ancora qualcosa di molto importante da  Accolto con entusiastiche lodi da una parte ed aspre critiche dall’altra, “I Testamenti” della Atwood non poteva che dividere l’opinione dei lettori, visto l’argomento potente e contingente che il romanzo mette in scena. E a proposito della messa in scena, non desideriamo qui parlare delle trasposizioni televisive de “L’Ancella”, anche se ne faremo cenno, ma vogliamo dare spazio principalmente a questa recentissima pubblicazione.

La domanda – retorica ed anche fuorviante, a mio avviso  – è se questa seconda pubblicazione fosse proprio necessaria, soprattutto a distanza di così tanti anni dal primo romanzo e considerata anche la produzione televisiva di cui “l’Ancella” è stata fatta oggetto, con la collaborazione dell’autrice stessa. Ecco, secondo me non è così importante questa domanda – ed il perché Ve lo spiegherò alla fine del nostro ragionamento.

Ambientato circa 15 anni dopo la fine de “L’Ancella”, le voci principali in questa seconda vicenda sono tre. Lydia, una delle fondatrici di Gilead ed insegnante di religione, oltre a responsabile di tutte le scuole e architetto osceno del sistema per l’addestramento delle donne alla servitù riproduttiva, che nelle sue memorie ci fa partecipi del passato e di come è diventata ciò che è, oltre ad avere un ruolo chiave nella caduta di questa autocrazia religiosa; Baby Nicole, una ragazzina che vive in Canada ed è sfuggita al regime da bambina ed infine Agnes Jemima, che seguiremo nella crescita finchè sarà una ragazzina-donna e che è sempre vissuta a Gilead.  Mentre capitolo dopo capitolo le loro voci e vicende si intrecciano, la Atwood ci rivela pian piano nuove sfaccettature di come è nata la struttura di potere di Gilead, fino al suo collasso.

La gran cassa mediatica ed editoriale con cui è stato presentato e anche preceduto questo romanzo, con tanto di trama segreta e quant’altro per solleticare i lettori che da anni comunque chiedevano a gran voce un sequel, ha forse fatto perdere di vista tutto il lavoro e i significati cui Margaret Atwood ha lavorato per anni. In primis con il romanzo “L’Ancella”, poi con la serie televisiva ed infine assestando un colpo potente con il conclusivo “I Testamenti” che, sia detto per inciso, si può leggere come romanzo a se stante, anche se la lettura isolata sarebbe riduttiva per il significato tutto di quest’opera.

Personalmente escluderei buona parte della serie televisiva (tranne la prima parte, che è la più fedele al romanzo), anche se di gran successo, perché come spesso accade nelle serie, a volte per tirare in lungo a causa di motivazioni prettamente commerciali  si creano particolari e situazioni che nulla hanno a che fare con il romanzo stesso e che rischiano addirittura di danneggiarlo, oltre che dover essere tenuto in considerazione nell’eventualità – come qui è successo – di un sequel “cartaceo”. Non vorrei qui banalmente fare un sunto, perché per questo basta leggere la sinossi.

Mi preme far presente che questo romanzo può essere tranquillamente ascritto al genere del thriller e dello spionaggio, visto che ci racconta una parte della storia di Gilead narrata da una talpa all’interno di questa famigerata città. E non solo: per rendere questa sua opera ancora più avvincente, la Atwood la adorna di piccoli gioielli che sono le sorprese che riserva ai lettori, oltre che ai significati profondi che vuole veicolare e far cogliere.

Di più: con la narrazione della vita della mitica e terrificante Lydia, definita dall’autrice stessa “il personaggio che è troppo bello per essere ucciso”, ci rendiamo pienamente conto di cosa può significare veramente e non solo per sentito dire l’interruzione della vita civile come l’abbiamo conosciuta fino a quel determinato momento della ns vita e l’inizio di un’autocrazia religiosa, in questo specifico caso in uno Stato che in precedenza erano gli Stati Uniti d’America. La vita con le sue regole di convivenza e di comportamento universalmente accettate che all’improvviso non esistono più e la barbarie, sotto qualsiasi forma arrivi, che ci afferra.

E nessun punto fermo che ci permetta di dialogare e di procedere. La decisione se chiudere gli occhi per non vedere quello che ci sta accadendo e farla finita, oppure decidere di lottare con le unghie e con i denti per la ns stessa sopravvivenza, anche a costo di sperimentare “mors tua vita mea”.

In questa fase del romanzo Margaret Atwood fa esplodere tutta la sua maestria e non ci molla un attimo, fino a far provare ai suoi lettori le stesse identiche sensazioni del suo personaggio. Divina! Suddiviso in 27 capitoli con titoli che riassumono in una parola ciò che accade all’interno di essi, più un capitolo finale, dal titolo emblematico “Il Tredicesimo Simposio”, qui meno che in altri sequel mi pare che l’operazione commerciale sia un “di cui” – e non un “in primis”, perché questo romanzo ha molta sostanza, molte idee e molti contenuti da far veicolare dalla carta stampata al lettore. E non parlo solo di quanto molto ben esposto nel primo romanzo, riguardante gli stupri ritualizzati cui le donne ancora fertili vengono sottoposte, costringendole a dare alla luce dei bambini che diventeranno cittadini di classe superiore, ma che loro non potranno più rivedere.

Parlo dell’attualità dei così detti uteri a due gambe, parlo della libertà o della mancanza di questo elemento costitutivo della vita, dell’odio fomentato per le discriminazioni razziali, dei meccanismi perversi e marci ai posti di comando, della corruzione dilagante che diventa pericolo di vita.

Parlo di una situazione politica che è diventata purtroppo una realtà qui da noi, così come nel feudo di Trump.Riprendo la domanda posta all’inizio: c’era proprio la necessità di questa pubblicazione?

E dopo tutto quanto sviscerato sopra dico SI’, anche se non ci cambia la vita. Non hanno importanza i cali della tensione narrativa nella parte finale, dove si gioca pesantemente di spionaggio e suspense. Si indovina cosa succederà e chi è chi quasi fin dall’inizio, perché è la stessa autrice a svelare i misteri uno dopo l’altro.

L’impressione è che Atwood metta sapientemente in scena diversi generi letterari per rendere accattivante il romanzo, ma di fondo resta un unico obiettivo, centrato perfettamente. A differenza del primo romanzo in cui la satira feroce e l’ironia erano il tema dominante, questo secondo “I Testamenti” riprende la storia con il tema delle memorie, anche per meglio inquadrare alcune figure importanti e soprattutto ci dà quanto forse il primo libro non aveva saputo fare. Forse la cosa più importante dell’umanità. La speranza.

“La libertà è un fardello oneroso, un grande e strano fardello per lo spirito che se l’addossa… Non è un dono ma una scelta…” (Ursula K. Le Guin, Le Tombe di Atuan)

A cura di Marina Morassut

libroperamico.blogspot.it

 

Margaret Atwood


Margaret Atwood è una delle voci più note della narrativa e della poesia canadese. Laureata a Harvard, ha esordito a diciannove anni. Scrittrice estremamente prolifica, ha pubblicato oltre venticinque libri tra romanzi, racconti, raccolte di poesia, libri per bambini e saggi. Ha scritto, inoltre, sceneggiature per la radio e la televisione canadese. Esordì nel 1961 con la raccolta di versi Double Persephone, alla quale seguì, nel 1964, Il gioco del cerchio. Si tratta di opere nelle quali viene affrontato il tema dell’identità culturale canadese, che sarà il filo conduttore anche delle raccolte poetiche successive; tra queste si ricordano Procedure per il sotterraneo (1970), Storie vere (1981), Interlunare (1984). La condizione della donna è invece al centro delle opere narrative, a partire dal romanzo La donna da mangiare (1969), che diede all’autrice il successo internazionale. Tra gli altri romanzi si ricordano Lady Oracolo (1976); Offesa corporale (1981); Il racconto dell’ancella (1986), un romanzo fantascientifico dal quale Harold Pinter ha tratto la sceneggiatura per il film omonimo diretto da Volker Schlöndorff (1990); La donna che rubava i mariti (1993); L’altra Grace (1996), che trae spunto da un fatto realmente accaduto; L’assassino cieco (2001); L’anno del diluvio (2010); Per ultimo il cuore (2016); Seme di strega (2017); Occhio di gatto (2018), Il canto di Penelope (2018), I testamenti (2019), vincitore del Booker Prize 2019. Più volte candidata al Premio Nobel per la letteratura, ha vinto il Booker Prize nel 2000 per L’assassino cieco e nel 2008 il premio Principe delle Asturie. Nel 2017 ha inoltre ricevuto il prestigioso Raymond Chandler Award, istituito da Irene Bignardi nel 1996 in collaborazione con il Raymond Chandler Estate, premio letterario dedicato alla scrittura noir che ogni anno laurea un maestro del genere. Vive a Toronto con il marito, il romanziere Graeme Gibbson, e la figlia Jesse. Ha riflettuto sulla propria attività di scrittrice in Negoziando con le ombre (Ponte alle Grazie, 2003). In Italia è pubblicata soprattutto da Ponte alle Grazie.

 

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