Il cacciatore di anime




Recensione di Roberto Forconi


Autore: Romano De Marco

Editore: Piemme

Genere: Thriller

Pagine: 288

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. Angelo Crespi è uno dei maggiori esperti italiani di serial killer. Ne ha catturati tre, grazie alla capacità di entrare nelle loro menti e anticiparne le azioni criminali. La sua è stata una carriera straordinaria, fino a quel giorno maledetto. Il giorno in cui ha dovuto pagare un prezzo troppo alto per chiunque. Quando il dolore è impossibile da sopportare, l’unica alternativa al suicidio è scomparire dalla faccia della terra. Addio al lavoro, ai legami, persino alla propria identità. Con un nuovo nome, da oltre vent’anni, Crespi vive un’esistenza diversa, cercando di venire a patti con i fantasmi del passato. Ha trovato rifugio in un paese defilato, avvolto nella placida atmosfera delle colline toscane, in provincia di Pisa. Peccioli sembra la meta ideale per il suo buen retiro, fino a quando anche in quel luogo ameno qualcuno inizia a uccidere. Delitti rituali, spietati, legati al patrimonio artistico cittadino. L’uomo chiamato a indagare è il capitano Mauro Rambaldi del reparto operativo dei Carabinieri. Un uomo d’azione, pragmatico, un investigatore di talento. Ma quando la sua indagine si rivela più complessa del previsto, Rambaldi non può fare a meno di chiedere a Crespi di gettarsi ancora una volta nella mischia per aiutarlo a catturare l’assassino. Per il cacciatore di anime, dunque, si profila una nuova sfida… e stavolta potrebbe essere l’ultima.

Recensione

Il passato può morire, si ferma nel tempo e lì ci resta.

Ma cresce, si nutre e alimenta il desiderio di rinascita, più forte e crudele. E poi ci sono quei volti che non si dimenticano, che restano impressi a fuoco nelle viscere dei giornali, nelle notizia al tg, tra gli sconvolgenti fatti che hanno macchiato il paese.

Angelo Crespi, il più grande “indagatore dell’incubo” italiano, colui che è riuscito a catturare tre serial killer ha deciso che per lui è tutto finito.

Lo decide senza sapere che il fato gli è complice, e in men che non si dica passano gli anni e nessuno lo cerca più. Dicono sia emigrato all’estero. Dicono.

Ed è proprio Crespi protagonista indiscusso di uno degli incipit thriller più belli di questi anni, poche pagine che fanno restare senza fiato, col groppone in gola e che ci porta indietro di 23 anni fa. Il lettore si immerge nella narrazione di De Marco come una saetta, brucia pagina dopo pagina e dice tra sé che non si può far meglio di così, che l’incipit stesso è la sua stessa conclusione.

Eppure c’è un intero libro davanti da svicerare, “risolverlo” ed “indagarlo”, un po’ come si approccia il Capitano Mauro Rambaldi buttato letteralmente dal suo superiore Brogi in un paesetto di poche anime, colmo d’arte e tranquillità a risolvere un omicidio “che proprio non ci voleva”. Rambaldi – come il cognome suggerisce – dovrebbe essere il maestro degli effetti speciali, colui che da una borsa tira fuori la soluzione perfetta per rimettere in ordine la scena del crimine e portare in gattabuia i colpevoli. Ma Rambaldi, come tutti i precedenti personaggi dei libri di De Marco sono ricchi di sfaccettature, leggermente sopra le righe, con elementi che li pongono tra l’eroe indomito dal cuore d’oro e il politicamente scorretto.

Hanno il grande pregio di aver profondità, nonostante una narrazione veloce che non si posa necessariamente sul descrittivo a tutti i costi. Le sensazioni e la velocità che trasmettono sono un pregio per questo genere di libri che hanno un minimo comune denominatore: creare tensione, azione e colpi di scena. Ciononostante la trama non ne risente, ma viene valorizzata.

Alla base del libro c’è un delitto, ma che snoda in maniera egregia misteri sepolti e personaggi dalla ritualità quotidiana che non sarebbe utopico vedere nella vita di tutti i giorni, al bar ai giardinetti pubblici, e introduce nuovi personaggi nel mondo dell’autore.

“Il cacciatore di anime” è come un totem, un canalizzatore di eventi che si susseguono uno dopo l’altro, senza “filler” portando l’indagine del Capitano Rambaldi al centro dell’attenzione, mantenendo serrata la caccia all’assassino e la voglia del lettore di scoprire chi si cela dietro al “mostro di Peccioli”.

Non il miglior libro di Romano De Marco, non il più perfetto, ma genuino e che funziona fino alla fine con un doppio finale che non ci si aspetta. E di questi tempi, trovare qualcosa di originale nei thriller è davvero difficile.

Sicuramente un libro da divorare.

Romano De Marco


Romano De Marco: Classe 1965, è responsabile della sicurezza di uno dei maggiori gruppi bancari italiani. Esordisce nel 2009 nel Giallo Mondadori con Ferro e fuoco, ripubblicato in libreria nel 2012 da Pendragon. Nel 2011 esce il suo Milano a mano armata (Foschi, Premio Lomellina in Giallo 2012). Con Fanucci pubblica nel 2013 A casa del diavolo e con Feltrinelli Morte di Luna, Io la troverò e Città di polvere (gli ultimi due finalisti al Premio Scerbanenco-La Stampa nel 2014 e nel 2015). I suoi racconti sono apparsi su giornali e riviste, tra cui “Linus” e il “Corriere della sera”, e i periodici del Giallo Mondadori. Vive tra l’Abruzzo, Modena e Milano.

 

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