Il dio del fiume




 Il DIO DEL FIUME

di Wilbur Smith

Longanesi 1993

Roberta Rambelli (Traduttore)

Narrativa storica pag.610

Sinossi.Solenne e grandiosa come il fiume Nilo, la civiltà egizia è una gemma splendente, incastonata per volere degli dei in una terra ostile, dominata da aridi deserti. Secoli di pace laboriosa, in armonia con il respiro del fiume, hanno reso l’Egitto nobile e magnifico: ora però lo splendore della gemma si sta accendendo di cupi bagliori e un nuovo fiume prende a scorrere nel paese. È un fiume di sangue e di morte, le cui sorgenti sono sia nel falso Faraone, il Pretendente Rosso, che minaccia l’unità del regno e la maestà del vero sovrano, Mamose VIII, sia in un’orda di popoli selvaggi che, con l’ausilio di misteriore creature veloci come il vento, saccheggia ed è ormai prossima a impadronirsi della superba Tebe. Cinto d’assedio da nemici spietati e minato all’interno da oscuri intrighi, l’Egitto dovrà affidare il suo destino a quanti si sentono figli del dio del fiume, del grande Nilo: Tanus, il guerriero dai capelli di rame e dal braccio potente; Lostris, affascinante e saggia ma costretta ad accettare lo scettro di un regno cui volentieri rinuncerebbe per amore di Tanus; Taita, umile schiavo dotato di curiosità e di ingegno multiforme. Sarà proprio il dio del fiume a segnare la strada per il viaggio verso la pace, un viaggio in cui tutti, uomini e donne, servi e nobili, saranno chiamati a provare con lacrime e sangue la loro devozione per l’Egitto. 

“Il mio nome è Taita. Sono medico e poeta, architetto e filosofo…”


Recensione di Loredana Cescutti

È stato un viaggio intenso, avventuroso, pericoloso, misterioso a tratti sognante.

Assieme a Taita, lo scriba, e ai suoi amici ho vissuto un’avventura vigorosa, ricca di colpi di scena, pregna di sofferenze in alcuni momenti, superate però alla stessa velocità delle piene del Nilo, con intensità, energia, praticità.

“Io amo tutte le creature dell’acqua e della terra e dell’aria. … Allora perché mi sono chiesto spesso, amavamo tanto la caccia? Non ho mai trovato una risposta. Forse è così perché l’uomo, e anche la donna, è il più temibile predatore della terra.”

Perché non c’è il tempo per piangersi addosso o per dire addio ai  nostri cari, la storia non lo permette, non ci è concesso quel tempo, poiché la vita è vista come una fase di passaggio, che poi sarà seguita da altro di altrettanto piacevole per cui è inutile piangere, è meglio andare avanti e pensare al futuro.

La voce di Taita è gradevole, calma, placida, ma sempre decisa e ti rassicura, ti avvolge, dona speranza, anche quando non ce n’è.

“… ero stato colpito da una malattia più perniciosa, la smania di viaggiare. Volevo vedere che  cosa c’era oltre la prossima ansa del fiume, oltre la cresta della prossima collina. Volevo continuare ad andare avanti, fino in capo al mondo.”

Ho trovato imponente la storia di Smith, che da quel che si evince si fonda su fatti, almeno in parte, realmente accaduti, su papiri ritrovati in una tomba egizia nel 1988, e riportati alla luce per essere studiati e per dar loro voce, su un periodo incredibile dal punto di vista storico e anche scientifico, poiché gli egizi da sempre vengono ritenuti intelligenti, evoluti e particolarmente inclini alla progettazione, se si pensa ad esempio alle piramidi.

“Chi non prova compassione per l’animale abbattuto non è un vero cacciatore.”

Taita, Lostris e Tanus, tre amici che fra le pagine crescono, cambiano, si raccontano, si mostrano piangenti e determinati, a volte più leggeri e scherzosi ma sempre fermamente decisi e con un unico scopo, portare in auge il loro Egitto, donandogli importanza, gloria, pace e giustizia. Il forte legame è il senso di famiglia che pervade le pagine, ti stordisce per quanto appare reale, puro e pur nulla disposto a cedere a causa degli inciampi della vita. 

E poco importa se per riuscirci si ritroveranno spesso all’angolo, a rischiare anche la vita e se ci vorrà del tempo, l’importante per loro sarà raggiungere i loro obiettivi, e lasciare ai posteri una terra gloriosa.

“Penso che la gelosia sia il sentimento più ignobile…”

La scrittura è trascinante e come una fiaba ti ammalia.

Spesso, leggendo, mi è sembrato di avere a fianco a me Taita e che, fosse proprio lui a raccontarmi con la sua voce ciò che stava accadendo.

Forse, proprio per questo motivo, ho vissuto l’intera storia con maggiore partecipazione e anche per questo, ho tentato di dilazionarla nel tempo, per non dover dire addio troppo presto ad un amico. Da un certo punto in poi, però, non è stato possibile. Molto probabilmente è stata proprio l’impazienza di quei “bricconi” a farmi accelerare fino ad arrivare al finale con nostalgia, rammarico per le perdite subite, ma consapevole che la storia, in sé, non sempre ci ha portato dei lieto fine, e invece, più spesso si è rivelata schietta, diretta e senza sconti, come la vita del resto.

Se amate la storia egizia, non potete fare a meno di leggerlo, vedrete, ne rimarrete entusiasti.

“A volte è meglio che gli uomini non tentino di interferire con il destino.”

Buona lettura!

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Wilbur Smith


Wilbur Smith: nato a Broken Hill, Zambia (ex Rhodesia del Nord) il 9 gennaio 1933 , ha studiato alla Natal and Rhodes University, conseguendo la laurea in scienze commerciali nel 1954. Smith iniziò a scrivere libri incentrati su tutto ciò che meglio conosceva e amava: la foresta, gli animali selvaggi, le montagne impervie, le dolci colline del Natal, l’oceano, la vita degli indigeni, la storia della scoperta dell’Africa del Sud, la lunga e travagliata strada verso l’abbandono dell’apartheid e il ritorno nella comunità internazionale. Il suo primo libro è stato Il destino del leone, iniziatore della fortunata serie che prende il nome di Ciclo dei Courtney. A questo hanno fatto seguito altri 34 libri. vive attualmente a Londra. Considerato l’incontrastato «maestro dell’avventura» e uno dei massimi autori di bestseller, ha venduto oltre 122 milioni di copie dei suoi libri nel mondo, di cui 23 milioni solo in Italia. Il Times lo ha definito «un autore di culto, uno di quei punti di riferimento cui gli altri scrittori vengono continuamente paragonati».