Il labirinto di ghiaccio




Sinossi. L’uomo è solo, ha con sé uno zaino, qualche indumento, pochi viveri. Per ogni metro percorso in salita, lasciandosi il bosco alle spalle, ha abbandonato un pensiero che lo legava al mondo. La famiglia, il lavoro, la casa. Ora che il ghiacciaio gli si mostra in tutta la sua imponenza, sa che il confine tra ciò che è stato e ciò che inizierà a essere è tracciato. Qualcuno, di fronte alla sua scomparsa, penserà a una disgrazia, altri a una fuga. Ipotesi tutto sommato plausibili, considerato quello che si porta sulla coscienza. Nessuno capirà la sfida primitiva che ha lanciato a se stesso: vivere in assoluta solitudine in un angolo ostile di mondo, facendo perdere le proprie tracce. E lì, dove la natura non contempla la compassione per il debole, attraverso la fatica e la sofferenza, ritrovare la propria umanità autentica, lontano da qualunque alibi, fossero anche gli agi che facevano di lui uno tra i tanti. Mette dimora su quelle montagne dove, durante la guerra, il freddo ha fatto più morti delle granate, e il ghiacciaio che sorveglia la valle diventa il suo fortino. Con l’aiuto di un piccone, ne scava le viscere fino a dare vita a un labirinto di gallerie di cui sentirsi padrone. Apparentemente immobile e docile, l’immensa distesa bianca sembra essere complice di quell’impresa unica e irripetibile. Finché vaghe tracce sulla neve gli insinuano il dubbio di non essere solo. Quando il ghiaccio gli restituisce tracce del passato, rendendolo testimone di una misteriosa vicenda, la sua determinazione vacilla. E nel momento in cui abbassa le difese, il mondo a cui si è sottratto è lì per prendersi la sua rivincita. Con scrittura ricercata e vivida, Valerio Varesi mette in scena un grande rifiuto: quello di far parte di un sistema paradossale che, in nome di un estenuante individualismo, condanna tutti all’omologazione.

 IL LABIRINTO DI GHIACCIO

di Valerio Varesi

Mondadori 2023

Narrativa, pag.228

 Recensione di Gabriele Loddo

Scappare dalle comodità della città, dalle ricchezze accumulate durante una vita, e tornare al paese natio tra le montagne, tra i luoghi silenziosi abbandonati decenni prima quando era solo un ragazzo, è l’obbiettivo del protagonista misterioso del romanzo. 

I ricordi passati emergono dal fondo della sua mente, si mischiano agli eventi più recenti e complottano assieme per torturare il suo labile equilibrio: l’uomo non rientra nella piccola comunità a testa alta, non ha la consapevolezza o la fierezza di chi è emigrato alla ricerca della realizzazione, lui era già ricco di famiglia, lui era il più ricco in quel territorio sommerso dal ghiaccio, dalla fatica, circondato dal respiro delle alte conifere, quando era partito anni prima. 

Ora ritorna da fuggitivo e si muove nell’ombra. Evita le mani in grado additarlo, gli sguardi di chi può individuare nei tratti del suo viso le forme bracca e ricerca la polizia.

L’uomo ha scelto le asperità di quei monti perché le conosce da quando era un bambino. Ci giocava col padre mentre saltellava tra i crepacci e i nevai, o con Rino, amico e compagno di esperienze con cui ha trascorso gli anni giovanili. Soprattutto, le sceglie perché in quei luoghi non potranno rintracciarlo quando realizzerà il sogno che da tempo custodisce nella mente: costruire un nascondiglio labirintico nelle profondità delle nevi perenni dei ghiacciai, composto da cunicoli e camere che nessuno potrà individuare.

L’uomo inizia la sua opera, si muove al buio della notte celato dal grosso fusto degli alberi. Raccoglie frutti e bacche selvatiche, cattura animali con trappole e lacci artigianali. Costituiranno le scorte di cibo per i mesi invernali. Scava il duro ghiaccio con pala e piccone rudimentali. Il lavoro lo sfianca, ma realizzarlo passo dopo passo, tornare alla natura e dominarla, realizza un sogno che lo fa sentire invincibile. Ancor più forte di quei nemici che ogni giorno si avvicinano, che assediano la tranquillità del suo regno. Che lo sfidano, che vogliono rubarne i meriti e che sembrano cercarne la reazione.

La narrazione è in prima persona. Il pensiero e la vita giornaliera del protagonista concretizzano la sua ansia, la follia e la lotta che il protagonista contrappone ai suoi simili e alla natura. Non c’è un dialogo durante tutta la stesura. Scene e situazioni spesso si ripetono, ma l’autore è abile nel farli vivere e vedere attraverso gli occhi del personaggio, da non far annoiare mai il lettore nell’esposizione con giornate ripetitive caratterizzate solo da piccole differenze. Vittorie e momenti di squilibrio si susseguono incalzanti lungo il testo, e rendono la trama scorrevole e coinvolgente. 

In questo modo, e grazie allo stile dell’autore, il romanzo assume un contenuto eclettico: cammina attraverso i tratti distintivi della narrativa generale, per sfociare poco dopo nella tensione caratteristica del thriller. Assume i contorni del noir, per poi arricchirsi della passionalità del romanzo storico. 

In definitiva, Valerio Varesi fonde percorsi narrativi differenti per comporre un lavoro unico, un romanzo labirintico con strade che si intrecciano, divergono e si riuniscono, proprio come fa il suo personaggio quando si muovi nell’intreccio di cunicoli scavati nei ghiacciai perenni. Particolare.  

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Valerio Varesi


Nato a Torino da genitori parmensi e successivamente cresciuto nella città emiliana, dopo la laurea in Filosofia all’Università di Bologna, si occupa di giornalismo come corrispondente di vari quotidiani; attualmente lavora nella redazione bolognese di Repubblica. È autore di sedici romanzi noir con protagonista il commissario Soneri, ai quali verrà ispirata la serie di sceneggiati televisivi Nebbie e delitti, in cui il personaggio del commissario buongustaio è stato interpretato dall’attore Luca Barbareschi, andata in onda su Raidue.