Il male non è qui





Autore: Gaetano Pecoraro

Editore: Sperling&Kupfer

Genere: Narrativa

Pagine: 225

Anno di pubblicazione: 2022

Sinossi. Quando Mimmo Bosso torna sull’Isola, dopo anni di studi trascorsi al Nord, è ancora un magistrato alle prime armi. È volenteroso e preparato, ma non c’è nessuna missione da crociato ad attenderlo, nessun ideale cui dare sfogo. Eppure, in Procura il clima è incandescente e sulle scrivanie degli inquirenti si accumulano le carte del Grosso Caso, dalle quali emergono i nomi di spicco della criminalità organizzata. Le indagini non hanno risparmiato nessuno, ci sono intrighi di Palazzo, «interessi generali e particolari. Gente con le armi e gente rispettabile. Uomini d’onore e millantatori». Mimmo Bosso impiega poco a capire che il suo non sarà un lavoro facile, ma non immagina che anche lui si troverà presto a fare i conti con il gotha della mafia siciliana. Soprattutto, non sa che un’indagine all’apparenza secondaria lo porterà sulle tracce di colui che passerà alla Storia come il più pericoloso latitante italiano: Matteo Messina Denaro. MMD. Da quel momento, l’obiettivo destinato a stravolgere la sua esistenza sarà trovarlo, inseguirlo, braccarlo. Mentre il Paese intero è scosso dalle stragi di Capaci e di via D’Amelio e il terrore viene seminato nel resto della penisola con gli attentati a Milano, a Roma e a Firenze. Come porre fine a tutto questo? Come stanare un uomo che da anni assomiglia a un fantasma e sembra essere sparito nel nulla? Nessuna pista pare attendibile e le tracce di MMD si sono perse in un dedalo di indizi, teorie, ipotesi e vicoli ciechi. Ma le risposte alle domande di Bosso potrebbero giungere da due donne e da un delitto passionale dimenticato da tutti. Forse bisogna seguire questi indizi nascosti per arrivare a mettere le mani sul ricercato numero uno d’Italia. Intrecciando con abilità e rigore la cronaca di fatti realmente accaduti alla fiction, e rileggendo la realtà attraverso il filtro della finzione romanzesca, Gaetano Pecoraro ripercorre alcune delle vicende più buie degli ultimi decenni e ci consegna una storia ricca di colpi di scena, intrisa ancora di misteri, zone d’ombra e lacune. Inseguendo l’uomo più ricercato d’Italia.

 Recensione di Laura Bambini

 

Dopo il boato, adesso c’è silenzio. Un silenzio confuso è pieno di domande, una calma irreale. Ci sono dei morti. Ci sono dei feriti. Gli schizzi di sangue. Il fuoco, tutto attorno, scoppietta in continuazione.

Poi, ha un tratto, il mondo attorno a voi due si anima e prende forma. Si capisce cos’è successo.

Come ogni libro che mi assorbe fino a farmi perdere il contatto con la realtà, sarà una recensione lunga, temo.

Dunque, sono del ’95, tutti gli orrori peggiori – ammesso che uno sia peggio di un altro – erano già accaduti e, con mia fortuna, ho potuto solo sentirne i racconti e non vivere con il terrore addosso. La mia generazione non si rende conto, a volte, di quant’è fortunata.

Da bambina, la famosissima foto di Falcone e Borsellino chini l’uno sull’altro, sorridenti, vicini e in quell’attimo di spensieratezza che ha immortalato la loro amicizia e ha segnato la nostra epoca, suscitava in me una malinconia che si è acuita negli anni.

Quella parte di Storia, della nostra Storia, mi ha sempre destabilizzata.

Gaetano Pecoraro, in un libro che è metà tra la fiction e la saggistica, ripercorre le vicende cruciali dell’Organizzazione, dalla strage di Capaci e di via d’Amelio fino alla ricerca di quello che diventerà il più grande latitante italiano: Matteo Messina Denaro.

La narrazione si snoda attraverso lo sguardo esterno di un magistrato giovane e preparato, Mimmo Bosso, che non mette piede sull’Isola da anni e che vi torna scettico, molto scettico. Nessuna speranza e nessuna prospettiva lo attende. Invece, in Procura il clima non solo è incandescente, ma gira e si muove secondo l’umore e gli spostamenti del Giudice.

(Ho apprezzato tanto che Borsellino non sia mai nominato direttamente, mi ha fatto una tenerezza tale che nell’ultima scena mi sono commossa.).

Mimmo rimane ammaliato dal Giudice, se non letteralmente assorbito dall’intransigenza di quell’uomo che va in giro solo con la scorta e che resta sereno, convinto, dice spesso, che prima o poi arriverà il suo turno, e a noi che sappiamo avesse ragione fa rabbia, tanta rabbia.

Il Giudice affida al nuovo arrivato una ricerca riguardante il Grosso Caso, qualcosa all’apparente di semplice e che Mimmo prende con solerzia.

Dalla mancanza di stimoli iniziali, il magistrato viene risucchiato nella guerra alla mafia fino a farla diventare una ragione di vita, come quella del Giudice, che in un giorno qualunque si siede a pranzo con lui e Pino Germi, il poliziotto con cui Mimmo lavora a stretto contatto, e sorride, fuma, parla di altro.

Dopo le stragi, Mimmo porta avanti il lavoro di Borsellino, a scapito di qualsiasi cosa: la moglie e la figlia rimaste al Nord, che vede sempre meno, l’anziano genitore che con poche parole gli restituiva l’equilibrio messo a dura a prova da quella guerra senza fine.

Finalmente, il magistrato e un nuovo poliziotto, Carmelo Giusti, riescono a risalire al nome del boss: MMD e si mettono a cercarlo. Invano, ogni volta.

Scandagliano la sua intera esistenza, ne passano al microscopio i granelli trovando nelle donne la falla, scindono ogni particella e la mettono sotto sorveglianza – telefoni, abitazioni, covi – qualsiasi cosa che possa ricondurre a quella figura che, settimana dopo settimana, diventa sempre più eterea.

Mimmo arriva a pensare che MMD non esista, mentre i media parlano di chirurgia plastica, arriva a “vederlo” ovunque, arriva a dire di essere “un mafioso dalla parte giusta”.

Ogni volta che si avvicinano a MMD, questi si volatizza come se non fosse mai esistito.

Come va a finire, lo sappiamo già, eppure, da lettrice,  ho sperato andasse diversamente anche stavolta.

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Gaetano Pecoraro


Gaetano Pecoraro è nato a Palermo il 4 settembre 1984. Dopo la laurea in Storia contemporanea ha collaborato con l’Ansa di Milano e ilfattoquotidiano.it., per poi lavorare come inviato per la trasmissione Piazzapulita su La7. Dal 2015 è inviato de Le Iene. Ha vinto il Premio Mario Francese, sezione giovani (2012), il Premio Franco Giustolisi «Giustizia e Verità» (2016) e il Premio L’anello debole – Comunità di Capodarco (2017). È autore del podcast Armisanti. Vite mafiose e morti ordinarie. Questo è il suo primo libro.

 

A cura di Laura Bambini

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