Il morso della vipera




Recensione di Loredana Cescutti


Autore: Alice Basso

Editore: Garzanti

Genere: Narrativa gialla

Pagine: 320 p., R

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. Il suono metallico dei tasti risuona nella stanza. Seduta alla sua scrivania, Anita batte a macchina le storie della popolare rivista Saturnalia: racconti gialli americani, in cui detective dai lunghi cappotti, tra una sparatoria e l’altra, hanno sempre un bicchiere di whisky tra le mani. Nulla di più lontano dal suo mondo. Eppure, le pagine di Hammett e Chandler, tradotte dall’affascinante scrittore Sebastiano Satta Ascona, le stanno facendo scoprire il potere delle parole. Anita ha sempre diffidato dei giornali e anche dei libri, che da anni ormai non fanno che compiacere il regime. Ma queste sono storie nuove, diverse, piene di verità. Se Anita si trova ora a fare la dattilografa la colpa è solo la sua. Perché poteva accettare la proposta del suo amato fidanzato Corrado, come avrebbe fatto qualsiasi altra giovane donna del 1935, invece di pronunciare quelle parole totalmente inaspettate: ti sposo ma voglio prima lavorare. E ora si trova con quella macchina da scrivere davanti in compagnia di racconti che però così male non sono, anzi, sembra quasi che le stiano insegnando qualcosa. Forse per questo, quando un’anziana donna viene arrestata perché afferma che un eroe di guerra è in realtà un assassino, Anita è l’unica a crederle. Ma come rendere giustizia a qualcuno in tempi in cui di giusto non c’è niente? Quelli non sono anni in cui dare spazio ad una visione obiettiva della realtà. Il fascismo è in piena espansione. Il cattivo non viene quasi mai sconfitto. Anita deve trovare tutto il coraggio che ha e l’intuizione che le hanno insegnato i suoi amici detective per indagare e scoprire quanto la letteratura possa fare per renderci liberi. Dopo aver creato Vani Sarca, l’autrice torna con una nuova protagonista: combattiva, tenace, acuta, sognatrice. Sullo sfondo di una Torino in cui si sentono i primi afflati del fascismo, una storia in cui i gialli non sono solo libri ma maestri di vita.

“Non ero amato dagli abitanti del villaggio.

E tutto perché dicevo ciò che pensavo,

e affrontavo quelli che arrecavano un torto

protestando apertamente, senza nasconderlo

né nutrire in segreto turbamenti o rancori.

Tutti lodano il leggendario ragazzo spartano

che si nascose il lupo sotto il mantello,

e si lasciò divorare da esso senza un lamento.

Ma io penso che sia più coraggioso strapparsi il lupo di dosso

e lottare con lui alla luce, per strada,

tra polvere e ululati di dolore.

La lingua può essere indisciplinata,

ma il silenzio avvelena l’anima.

Biasimatemi pure; io sono contento.

(Edgar Lee Masters – Antologia di Spoon River)

Recensione

Che Basso sapesse il fatto suo nell’usare le parole con giocosa e abile scioltezza, riuscendo in questo modo a rendere le sue storie leggere, divertenti ma non banali era già noto e io ne so qualcosa, avendo letto praticamente tutti i libri e i racconti precedentemente realizzati da questa talentuosa e frizzante autrice, che vedevano come protagonisti la dottoressa Vani Sarca e lo stropicciato commissario Romeo Berganza.

Che avesse, invece, la capacità di mescolare realtà storica, mantenendo un taglio ironico e ad effetto ma senza per questo, far perdere importanza agli avvenimenti che hanno segnato quel periodo è stata una piacevolissima scoperta e questo ha contribuito ancora di più a rendere il suo nuovo romanzo estremamente coinvolgente, avvincente, divertente ma anche a tratti commovente e soprattutto, ricchissimo di spunti di riflessione.

Mettiamo il caso che una giovane donna decida che le regole e le imposizioni le stiano strette e che, lei ritenga invece, di doversi a tutti i costi conquistare uno spazio nel mondo. E pazienza se non ha una grande attitudine al lavoro e all’impegno che esso comporta, o meglio, è più che altro la voglia che gli manca perché insomma, dover sottostare agli ordini di qualcuno che di momento in momento ti dice ciò che devi fare, è più o meno la stessa cosa che avere a che fare con i tuoi genitori o eventualmente, con un marito.

Il lavoro poi arriva, anche non essendo molto pratica della materia principale (pur avendola studiata!), ma mettiamo il caso che attraverso di esso, la stessa giovane donna di cui sopra, si ritrovi catapultata in una storia simile a quelle dei racconti di cui quotidianamente inizierà a riportare su carta, dattilografando senza sosta, per la rivista in cui è stata assunta, niente di meno che un contenitore di gialli e polizieschi americani e italiani.

Saturnalia.

Che per altro lei non legge!

Un capo scorbutico, privo di sorriso e che per di più come scrittore sembra non valere molto e apparentemente, a dimostrarlo, vi sono i racconti che narrano le vicende del commissario Bonomo che lui inventa tutte le settimane.

Ma porca paletta! Dimenticavo di dirvi che ci troviamo a Torino, in un principio d’estate e questa storia avrà inizio precisamente l’8 giugno del 1935.

Il personaggio di Anita Bo da subito attira l’attenzione d’altronde quando una ha un fisico come il suo, che valorizza con trucco in modo attento e scrupoloso ma senza eccedere poiché il regime non lo permette, con due ciglia fine e lunghissime che sa sbattere come una cerbiatta per ottenere ciò che vuole, e una capacità di inventare bugie a raffica che le potrebbero valere un Oscar, tutto potrebbe dare l’idea di essere molto semplice per lei.

Le cose però, non sono sempre come sembrano e, con la scusa di essere belle spesso si viene tacciate di essere stupide, cosa che fino all’inizio di questa storia era diventata anche la sua convinzione. Se a dirtelo continuamente è anche tua mamma poi, non è che sia difficile finire per crederci.

Con questo libro Alice Basso ci fa viaggiare con una macchina del tempo in un mondo, per le nostre generazioni almeno, sconosciuto ai più se non vissuto attraverso le memorie, almeno in parte, dei nostri nonni. Usi, costumi, tradizioni e ahimè, imposizioni impartite da un regime oppressivo dove i primi segnali di ciò che avverrà solo qualche hanno più tardi cominciano già a delinearsi.

Censura, controllo capillare della popolazione, riduzione delle libertà personali. Questa è solo una minima parte di ciò che Basso, attraverso le sue pagine e per bocca di Anita ci farà arrivare diritte al cuore.

“Una mia amica dice che al regime i gialli danno fastidio. Perché mostrano che il crimine non è affatto stato debellato come dice il governo.”

Perché Anita è bella, perché la signorina Bo potrebbe apparire stupida ma in realtà, attraverso i suoi pensieri, i suoi ragionamenti e le sue azioni ne emergerà il ritratto di un’intelligenza sottile, che fino ad un certo punto è rimasta come chiusa in una bolla priva di stimoli e soprattutto, senza avere veramente la possibilità di aprirsi. Fino a quel momento, però.

Lei dentro “Il morso della vipera” non nasconderà il suo “essere antifascista”, per lo meno con la sua famiglia, il suo ragazzo che in realtà di questo governo ammira l’ordine e l’organizzazione e, con la sua amica del cuore Clara, con la quale è legatissima sin dai tempi della scuola.

In un contesto storico nel quale, però, esprimere certi pensieri potrebbe rivelarsi molto pericoloso, la signorina Bo dovrà tirare fuori gli artigli e utilizzare la testa per venire a capo del rompicapo nel quale si imbatterà.

Insomma, ancora una volta Alice Basso è riuscita a stupirmi riportando all’attenzione uno spaccato doloroso che anche se ormai lontano, fa sempre parte della nostra storia riuscendo, inoltre, a trasmettere un messaggio potentissimo, ovvero l’importanza della scrittura, dei libri, della diffusione delle idee, delle parole che rimangono lì, nero su bianco e che diventano una testimonianza preziosa.

Raccontare per non dimenticare, parlarne perché in ognuno di noi resti una memoria, nel bene e nel male, di tutto ciò che la vita ci ha offerto, come un testamento per le generazioni future.

A quest’autrice riconosco il fatto di essere riuscita nell’impresa di proporre un tema così difficile senza renderlo semplicemente un testo di storia in più da studiare, grazie a una scrittura vivace e sbarazzina alla quale oramai chi la conosce è abituato, ma comunque, facendo arrivare spesso in modo schietto e disarmante momenti di sconforto, incredulità e un senso di impotenza, davanti ad un periodo storico che ha segnato milioni di persone.

A mio avviso Anita avrà ancora molto raccontare e spero di cuore di poterla ritrovare al più presto.

“…un libro.

Che ironia, il regalo che può essere una manciata di parole… Parole che non hanno paura, che alzano il tappeto e mostrano lo sporco che c’è sotto, il crimine e la necessità e l’ingiustizia e a volte la disperazione. E che dicono male della guerra e bene dell’amore e ispirano pietà verso i deboli e coraggio contro i potenti e così via. Parole che planano in cima ad altre parole e si mescolano e ti fanno venire voglia di scriverne altre tu. Parole incendiarie, da maneggiare con cura.

Possibile che delle banalissime parole, scelte in un certo modo, messe in un certo ordine, siano capaci di cambiarti la vita?”.

Io credo di proprio di sì, e voi?

 

Alice Basso


Alice Basso: è nata nel 1979 a Milano e ora vive in un ridente borgo medievale fuori Torino. Lavora per diverse case editrici come redattrice, traduttrice, valutatrice di proposte editoriali. Nel tempo libero finge di avere ancora vent’anni canta e scrive canzoni per un paio di rock band. Suona il sassofono, ama disegnare, cucina male, guida ancora peggio e di sport nemmeno a parlarne.

 

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