Il profumo della morte




 Il profumo della morte


Autore: Simon Beckett

Editore: Bompiani

Traduzione: Fabrizio Coppola 

Genere: Thriller

Pagine: 480

Anno di pubblicazione: 2022 

Sinossi. Il St. Jude’s era uno dei più grandi ospedali di Londra, ma oggi è solo un guscio vuoto in attesa di essere demolito. Quando un corpo viene ritrovato nelle sue viscere, l’antropologo forense David Hunter è chiamato a dare il suo parere. Non sa dire con certezza da quanto tempo il corpo sia lì, ma è certo che si tratta di una giovane donna. E che era incinta. Poi una parte del soffitto crolla, e un altro segreto sepolto nell’ospedale torna a galla: una stanza murata che ospita diversi letti, alcuni ancora occupati. Nel frattempo, mentre la fidanzata Rachel è lontana, Hunter cerca di distrarsi prendendo a cuore il caso di Lola, un’anziana signora un po’ scorbutica che si occupa da sola del figlio colpito da ictus, e che David vorrebbe in qualche modo aiutare. Il fantasma di Grace Strachan, la psicopatica che ha cercato di ucciderlo, ancora aleggia nell’aria. Quello che sembrava un caso come tanti per il dottor Hunter diventa un incubo perverso, molto personale. E il St. Jude’s deve ancora reclamare la sua ultima vittima.

 Recensione di Salvatore Argiolas


Il medico legale nei gialli viene rappresentato come un comprimario brontolone, sempre in ritardo nelle perizie e pronto alla battuta spiazzante e dissacratoria.

L’importanza e le grandi potenzialità di questa figura furono messe in evidenza principalmente per merito di Patricia Cornwell che nei primi libri della serie di Kay Scarpetta ha creato un vero e proprio canone narrativo, prima di perdere inventiva e capacità di variare trame e tematiche.

Tra i colleghi di Kay Scarpetta possiamo ricordare Quincy, protagonista di una longeva serie TV, trasmessa negli Stati Uniti dal 1976 al 1983, Temperance Brennan creata da Kathy Reichs, una sorta di clone della Scarpetta e Quirke, il patologo legale che collabora con l’ispettore Hackett nella serie scritta da John Banville.

Questa professione così particolare da descrivere nei gialli perché presuppone tantissime nozioni che non possono essere incerte oppure erronee, viene illustrata in modo molto verosimile e intrigante da Simon Beckett nei thriller con il dottor David Hunter protagonista di una serie cominciata nel 2006 con “La chimica della morte” e che è arrivata al sesto episodio, “Il profumo della morte” appena pubblicato.

Il dottor Hunter descrive così il suo mestiere: “La maggior parte delle persone giudicherebbe strana la mia professione. Macabra addirittura. Trascorro con i morti lo stesso tempo che passo con i vivi, esplorando gli effetti della decomposizione e della dissoluzione per identificare resti umani e comprendere cosa possa averli ridotti in quello stato. E’ un mestiere spesso cupo, ma necessario.”

Infatti Hunter non si tira indietro quando l’ispettore capo Sharon Ward lo chiama di domenica sera per convocarlo in un ospedale in rovina per analizzare il cadavere mummificato di una donna sconosciuta.

Il fatiscente e claustrofobico ospedale di St Jude’s non ha finito di riservare macabre sorprese perché un collega di Hunter cadendo da un pavimento pericolante fa scoprire un reparto nascosto dove vengono rinvenuti altri due cadaveri legati ai letti.

L’indagine è particolarmente difficile sia per il pericolo che il fabbricato possa cadere da un momento all’altro, sia perché sono pochi gli indizi dell’identità delle persone morte e infine perché cresce la pressione politica che impone una rapida conclusione del caso.

Grazie alla sua grande competenza Il dottor Hunter riesce a provare che la povera ragazza era incinta e ciò, se aiuta a preparare un più preciso profilo identificativo della vittima, crea un pericoloso motivo di inquietudine per l’ispettore Ward, anche lei in attesa di un bambino.

Queste influenze psicologiche condizionano le indagini ma le perizie sui cadaveri indirizzano l’anatomopatologo su una teoria investigativa che punta sull’ambiente ospedaliero del St Jude’s e che porterà ad un epilogo molto hitchcockiano.

Simon Beckett tratteggia con molta bravura il personaggio di questo medico forense alle prese con cadaveri straziati da analizzare e con una vita privata piuttosto problematica inserendola in un ambiente poliziesco credibile e realistico con tutti gli stress e la difficile gestione dei casi più spinosi.

Tra dissezioni, ricerche di eventuali altre vittime nell’ospedale dell’orrore e azioni da buon samaritano, l’inchiesta pone in luce aspetti e tecniche poco conosciute permettendo al lettore di capire cosa succede quando un patologo forense procede alle sue analisi e talvolta non riesce a dare risposte precise alle richieste degli inquirenti.

Anche se le tematiche sono sensibile il thriller non oltrepassa il limite del macabro e rende alla perfezione lo stato dell’arte di una disciplina che riesce da pochi, labili indizi a stabilire data, causa di morte e molte altre caratteristiche fisiche e ambientali che rendono più facile l’attività degli investigatori.

E’ inoltre molto interessante il riferimento alla cosiddetta “fabbrica dei corpi”, il centro di di ricerca antropologica dell’università del Tennessee, già ampiamente citato nell’omonimo libro di Patricia Cornwell, fondato da Bill Bass, autore con Jon Jefferson di alcuni romanzi, firmati con il nom de plume di Jefferson Bass, che raccontano la quotidianità di questo laboratorio molto particolare.

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Simon Beckett


Simon Beckett: nato a Sheffield nel 1960, è editorialista e giornalista freelance su “The Times”, “The Daily Telegraph” e “The Observer”, vincitore del Premio Marlowe della Chandler Society come Best International Crime Novel. Bompiani ha pubblicato Jacob (2010), Il rifugio (2015) e l’intera serie dedicata alla figura all’antropologo forense David Hunter: La chimica della morte (2006, selezionato per il Daggers Award), Scritto nelle ossa (2007), I sussurri della morte (2009), La voce dei morti (2011) e Acque morte (2017).