Il quartetto Razumovsky




Recensione di Denise Antonietti


Autore: Paolo Maurensig

Editore: Einaudi

Genere: Narrativa

Pagine: 152

Anno di pubblicazione: 2022

Sinossi. Tre amici si ritrovano dopo molti anni. Sono tedeschi, ora vivono negli Stati Uniti e in un passato che nessuno di loro vuole fare ricordare hanno suonato di fronte a Hitler, suscitando l’ammirazione della Germania intera. In quei giorni sciagurati di musica, applausi e grandi ambizioni erano un quartetto, ma quando ritrovano Victoria, la suadente violoncellista, lei non sembra nemmeno riconoscerli. In ricordo della giovinezza si preparano ora per un nuovo concerto insieme, l’ultimo, ma a pochi giorni dal debutto la morte violenta di Max Brentano, il carismatico violinista del gruppo, fa tornare a galla una storia di gelosia, odio e rancore. Una storia, a distanza di tempo, ancora ferocemente nazista. Perché il personaggio che dice «io» in questo libro, oltre a suonare il violino nel quartetto Razumovsky, durante il Reich veniva soprannominato «il Torturatore». E dopo la caduta del regime, la sua unica speranza di sopravvivere è stata scomparire nel nulla, dall’altra parte dell’Atlantico. Con un nome fittizio, Rudolf Vogel ha trovato rifugio nelle comunità tedesche del Montana, dove scrive infimi romanzetti di genere, sentendosi braccato e cercando di non destare troppi sospetti. Ben presto, però, la preda scopre di poter tornare a indossare i panni del predatore, e quando incontra i compagni del quartetto sa di dover chiudere una volta per tutte il cerchio della sua ossessione.

Recensione

A volte il destino di un uomo si nasconde in una melodia.
La vita di Rudolf Vogel sembra scritta sulle note dell’opera 59 di Beethoven: a volte tragica, altre romantica, quieta solo all’apparenza.

Poi arrivano le note stonate. Un ritmo inquieto di fondo, una fuga, la sensazione di essere braccato, un passato da nascondere, mentre la memoria comincia a sfaldarsi e nascondergli le vere ragioni del suo scappare.

I ricordi scivolano da sotto le dita di Vogel. Un incidente d’auto, un trauma cranico, e pezzi sempre più grandi del suo passato che si staccano e vanno alla deriva come iceberg nell’oceano.

Così Rudolf inizia a scrivere tutto quello che ricorda, per non perdere se stesso, e quando li rilegge stenta a riconoscersi. Forse la sua mente lo sta ingannando.

Forse otto anni in una cella di isolamento gli stanno giocando dei brutti scherzi, e le accuse si confondono con quel che davvero è accaduto nel suo passato. Rudolf non lo sa per certo, e non ha modo di sapere.
Quando parla con il cappellano del penitenziario di massima sicurezza di Yoknapatawpha non fa altro che dei discorsi teorici: non ci si può pentire di qualcosa che non si ricorda di aver commesso, e non si può essere assolti da una colpa che la memoria ha cancellato.

Il quartetto Razumovsky ha per protagonista un uomo estremamente normale. Un docente, un musicista, una persona sensibile, che ha avuto i propri successi e i propri fallimenti, ha fatto il suo lavoro, ha creduto in degli ideali, ha lottato contro le proprie contraddizioni, ha subito l’assedio dei propri fantasmi.

Insomma, Rudolph Vogel, “Il Torturatore”, in fondo, potrebbe essere uno di noi.

Ma il rovescio di questa medaglia che spesso dimentichiamo – o che ci rifiutiamo di considerare – è che in determinate circostanze ognuno di noi potrebbe diventare Rudolph Vogel.

A cura di Denise Antonietti

https://deniseantonietti.wordpress.com

 

Paolo Maurensig


(1943-2021) ha esordito nel 1993 con La variante di Lüneburg, tradotto in tutto il mondo. Tra i suoi romanzi ricordiamo: Canone inverso (1996), Venere lesa (1998), Il guardiano dei sogni (2003) e L’arcangelo degli scacchi (2013). Nel 2015 è uscito Teoria delle ombre, con il quale ha vinto il Premio Bagutta. Presso Einaudi ha pubblicato Il diavolo nel cassetto (2018), Il gioco degli dèi (2019) e Pimpernel. Una storia d’amore (2020).

 

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