Il ritorno del soldato 




 The Return of the Soldier, 1918


Autore: Rebecca West

Editore: Fazi Editore 

Traduzione: Benedetta Bini

Genere: narrativa 

Pagine: 144

Anno di pubblicazione: 2022

Sinossi. In una casa signorile sulle colline inglesi Kitty e Jenny, come molte connazionali, attendono trepidanti il ritorno di un uomo. Il soldato Chris Baldry, marito di Kitty e cugino di Jenny, si trova «da qualche parte in Francia» a combattere. Nessuna delle due immagina che a varcare la soglia sarà un estraneo, un uomo segnato dalla guerra in maniera indelebile, illeso nel corpo ma dalla psiche martoriata. Insieme al ricordo delle granate e delle membra dilaniate di tanti commilitoni, il trentaseienne Chris ha rimosso gli ultimi quindici anni della propria vita: non rammenta nulla del matrimonio con l’aristocratica Kitty né della tragica perdita del loro figlio, avvenuta poco prima della guerra. I suoi ricordi si fermano alle estati della giovinezza nella casa di famiglia e al primo amore, quello per Margaret, la figlia di un fattore locale. È a lei che scrive annunciando il proprio ritorno imminente e, per un crudele scherzo del destino, è proprio da lei che Kitty e Jenny ricevono la notizia. Le due donne dovranno affrontare una scelta difficile: lasciare che Chris rimanga felicemente inconsapevole della sua vera vita o aiutarlo a richiamare alla memoria i traumi del passato. Il ritorno del soldato, dal quale fu tratto l’omonimo film del 1982, racconta la lotta di un uomo reduce dalla prima guerra mondiale e quella delle due donne che lo amano. Pubblicato per la prima volta nel 1918, l’esordio di Rebecca West, grazie al quale la critica la salutò come una delle scrittrici più promettenti del nuovo secolo, è uno straordinario romanzo sulla guerra e le sue conseguenze nella vita delle persone. «Senza mai cadere in facili sentimentalismi, Rebecca West ritrae il potere redentore dell’amore». Pat Barker «Ammaliante… probabilmente il suo romanzo migliore». «The Sunday Times» «Rebecca West è stata una dei giganti della letteratura inglese e vi avrà un posto per sempre.

 Recensione di Marina Morassut


Fulminante! Il coraggio della sintesi ed in questa riuscire a dipingere un periodo storico, una situazione sociale comune ed al contempo elitaria, in una Gran Bretagna dal sapore oramai retrò, con l’utilizzo di  metafore che ne fanno un’opera matura, seppur di un’autrice molto giovane che sceglierà il nom de plume di una delle protagoniste di Ibsen.

Shock da bombardamento: è così che rientra a casa dalla Francia della Prima Guerra Mondiale Chris Baldry, signore e padrone della signorile dimora di Baldry Court, che le sue due donne hanno fatto restaurare, per rendere la loro casa eccezionalmente bella e, forse, esente dalle brutture del periodo. Brutture che si sono comunque palesate anche in questa antica dimora, prima con la morte del piccolo figlio di Chris e della moglie Kitty, poi chiamando verso la morte Chris stesso.

Ma chi sono le donne di questo soldato trentaseienne, che rientra a casa con un vuoto mentale di 15 anni, e che lo proietta ai lontani, dorati e spensierati anni della fanciullezza? Che cosa, l’anima che lo guida, sta cercando di riafferrare?

Siamo in balia di ricordi, descrizioni, sensazioni e giudizi di Jenny, la cugina di Chris. E’ dal suo punto di vista che percepiamo tutto e mai testimone ci appare più di parte, non capendo se i sentimenti che la animano siano l’affetto di una fanciullezza trascorsa insieme al cugino, o un amore mai corrisposto.

Certo che l’ansia per l’iniziale mancanza di notizie del caro oggetto del desiderio e del conseguente rientro dell’uomo di famiglia è spartito in parti uguali tra la cugina Jenny e la moglie Kitty, appartenente all’alta borghesia, a tratti vestigia del modello femminile vittoriano, a tratti figura moderna nella sua non accettazione della situazione che le impone il marito con la sua amnesia, quasi in un contrasto emblematico con la figura materna e rassicurante della donna, oramai sfiorita nonostante la giovane età, che è stata il primo amore dell’unico uomo della vicenda (medici esclusi). 

Perché qui, nel dipanarsi della storia e con l’inaspettata comparsa di Margaret, primo amore giovanile di Chris che preannuncia alle due donne della vita dal soldato il rientro per non ben specificate ferite da guerra, si fanno strada anche i temi che Rebecca West vuol far affiorare accanto alla storia lieve ma pregna di sofferenza, che non ci porta mai nel vivo della guerra, ma di cui fa echeggiare i cannoni così vicini che il rimbombo mentale è forse peggio di qualsiasi descrizione dettagliata. Un cambiamento epocale, cui la prima Guerra Mondiale ha dato la stura, ad esempio portando le donne a fare lavori che fino a poco prima erano completo appannaggio maschile e facendole quindi allontanare dall’intimità del focolare domestico, per inserirle a pieno diritto nel mondo, che prima era filtrato dalla figura del marito, padre o fratello che fosse.

E’ lecito pretendere l’eroismo a qualsiasi costo? 
Sono anni roventi quelli immediatamente precedenti alla Prima Guerra Mondiale, in cui le polemiche infuriano intorno a una difficile ridefinizione dei ruoli maschile/femminile. La crisi della società inglese, nella fattispecie, che si è lasciata oramai alle spalle il trionfo economico, politico e sociale del periodo vittoriano e che fatica a trovare un’identità analogamente forte e coesa, è manifesta: dilaga a macchia d’olio con la stessa rapidità con cui si moltiplicano ricchezze effimere e micidiali sacche di povertà.

Nel romanzo in questione, ad esempio, sia Chris, l’antico amore di Margaret, sia il di lei marito, si appoggiano completamente a questo simbolo di maternità/sicurezza, investendola di responsabilità che non le competono, se non in minima parte.  E quindi nuovamente, sia da una parte che dall’altra: è lecito l’eroismo a qualsiasi costo? 
Non sembra di questo avviso il dottor Anderson, che nel romanzo, riferendosi nello specifico al caso di Chris e delle migliaia di soldati rientrati dal fronte sofferenti del così detto “shell shock”, dichiara «È la mia professione riportare le persone da vari e lontanissimi luoghi della mente verso la normalità, che è dove, secondo l’opinione generale, devono stare. Ma io stesso a volte non ne vedo l’urgenza».

Il romanzo “Il Ritorno del Soldato” è l’esordio letterario di Cicely Fairfield, alias Rebecca West, che a soli “diciotto anni inizia a scrivere per il ‘The Freewoman’, la rivista che con libertà e spregiudicatezza sa giocare la partita delle suffragette e al tempo stesso tenersi lontana da qualsiasi tipo di dogmatismo…”

Interessante a questo proposito, sempre nella post-fazione “Quale ritorno?” di Benedetta Bini:

E’ il 4 dicembre 1917 quando nella Sede della Royal Society of Medicine, il dottor Rivers legge la sua conferenza intitolata ‘The Repression of War Experience’. La terapia indicata ribalta il procedimento fino a quel momento seguito: non si tratta di reprimere il pensiero della guerra, quanto piuttosto di ricordarlo, farlo rivivere.
E’ questo il principio con cui Rivers cercherà di aiutare Siegfried Sassoon, il più famoso dei war poets.”

Questa figura di eroe-vittima – che consuma la propria sconfitta non sul campo di battaglia, ma nel ritorno a casa – la ritroviamo nella narrativa d’autore così come in quella di genere.

Qualche spunto: il famoso romanzo di Rose Macaulay “Non-Combatants and Others”, Mrs. Humphry Ward con “Missing”, Virginia Woolf con “Mrs. Dalloway”. Ed incredibilmente anche nel romanzo poliziesco, che acquista in quegli anni nuovo smalto: Arthur Hastings in convalescenza in “Poirot a Styles Court” di Agatha Christie, e in modo molto più inquietante, il detective aristocratico creato da Dorothy Sayers, Lord Peter Wimsey, in “Peter Wimsey  e il cadavere sconosciuto”, portando i segni evidenti di uno shell shock che lo fa gridare nel cuore della notte.  

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Rebecca West


(County Kerry, 1892 – Londra 1983) è stata scrittrice e saggista anglo-irlandese. Dopo una serie di romanzi di relativo successo, si impose con Il traboccare della fontana (1956) e Gli uccelli cadono (1966), dove, con finezza psicologica e pungente ironia, si affrontano tematiche attuali, come l’incomunicabilità e il ruolo femminile nel mondo moderno. Nel 1982 ha pubblicato 1900, rievocazione del mondo della sua infanzia. Ma è ancora più notevole la sua opera critica, che prende in esame situazioni e problemi politici, sociali, storici. In particolare si ricordano: Il significato del tradimento (1949; ediz. definitiva 1965), scritto per il processo di W. Joyce, accusato di alto tradimento, e gli scritti sul processo di Norimberga (A train of powder, 1955); tra i saggi letterari, D.H. Lawrence: un’elegia (D.H. Lawrence: an elegy, 1930). La trilogia degli Aubrey è ispirata alla sua storia familiare. Nel 2020 Fazi ha pubblicato Quel prodigio di Harriet Hume, e del 2021 è Un matrimonio non premeditato.

A cura di Marina Morassut

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