Il rosso oltre il verde




Recensione di Stefania Ceteroni


Autore: Alessio Caccia

Editore: Porto Seguro

Genere: gialli e thriller

Pagine: 263

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. La provincia fiorentina, tra il 1968 e il 1985, diventa l’inquietante scenario degli assassini di otto giovani coppie. Un’ombra scura e senza nome compie questi efferati omicidi seguendo le stesse torbide modalità, senza mai tradirsi né lasciare indizi: cosa lo spinge a lasciare una paurosa scia di sangue dentro il verde della campagna toscana, falciando le giovani vite di questi amanti? Il mistero del Mostro di Firenze continua a essere fonte d’ispirazione, congetture e paure ataviche, spingendo a ripercorrere le sue “mostruose” gesta alla ricerca di una soluzione che sembra sfuggire eternamente.

Recensione

Ne “Il rosso oltre il verde” l’autore si ispira a fatti realmente accaduti ed aggiunge dettagli, supposizioni verosimili, immaginati dall’autore e volutamente inseriti ad arricchire una storia che la cronaca ha già consegnato nelle mani del pubblico tanto tempo fa.

Nel raccontare la storia di quelle che furono identificate come le vittime del mostro di Firenze, Caccia accoglie la tesi dell’avvocato e scrittore Nino Filastò mettendoci del suo. E’ lui stesso che lo ammette, nelle note finali, spiegando qual è stato il tracciato su cui ha dipinto la tela del suo libro.

La cosa che mi ha spiazzata maggiormente è stato lo stile scelto dell’autore.

Ho fatto fatica a considerare questo libro un romanzo e non lo dico in senso dispregiativo. Nella mia mente è arrivato come una sorta di inchiesta, con tanto di dettagli che il pubblico conosce già per via della cronaca delle morti nei vari anni – si va dal 1968 al 1985 – ma senza uno stile romanzato e, soprattutto, con parti evidentemente inventate perché non poteva essere altrimenti. Una interpretazione originale di una storia vera di cui, per cause piuttosto evidenti, i dettagli non hanno mai potuto essere svelati.

L’autore racconta non solo le efferatezze compiute da mani misteriose (che appartengono alla stessa persona? Oppur no?) ma narra spezzoni di vita delle vittime, di quelle coppie che hanno visto spezzati i loro sogni dentro ad una macchina appartata, nel tentativo di assaporare un momento di felicità.

Anche nel narrare come si sono conosciuti Antonio Lo Bianco e Barbara Locci, Pasquale Gentilcore e Stefania Pettini, Giovanni Fossi e Carmela De Nuccio, Stefano Baldi e Susanna Cambi, Paolo Mainardi e Antonella Migliorini, Hors Wilhelm Meyer e Jean-Uwe Rusch, Claudio Stefanacci e Pia Rontini, Jean-Michel Kraveichvili e Nadine Mauriot, nel raccontare i giorni, le ore precedenti alla loro morte, lo stile non è quello di un romanzo ma più, secondo il mio parere, quello di un resoconto dal taglio quasi giornalistico.

Dico “quasi” perché le parti volutamente inventate non possono – sta qui la parte romanzata,  nell’immaginare la vita delle vittime anche fin in dettagli impensabili, in dialoghi anche sciocchi ed insignificanti a volte (come capita in tutte le coppie) – esser considerate resoconto di quanto accaduto.

Il resoconto è una elencazione perfettamente aderente alla realtà di vicende accadute. Non è questo il caso. Ma, allo stesso tempo, non è un romanzo inteso nella sua accezione più pura. L’autore non si limita a farsi ispirare da fatti realmente accaduti: riporta nomi reali, luoghi reali, vicende vere ma aggiunge tutti quei dettagli che arrivano dalla sua fantasia e che non si potrebbero reperire altrove se non nell’immaginazione.

Le uccisioni vengono raccontate in modo dettagliato – e credo che l’autore si prenda delle libertà anche in questo visto che riporta pensieri, sensazioni di vittime e carnefici che non possono essere che il frutto di un’invenzione – ma sempre molto poco romanzate, con fare più didascalico (scelta, questa, che si capisce anche dall’uso dei termini utilizzati), quasi schematico a tratti.

Non è un libro adatto a chi sia aspetta un thriller, ne’ un romanzo rosa dai risvolti tragici: è una storia vera arricchita da dettagli inventati che, nel complesso, fanno assimilare questo libro ad un romanzo.

Ma romanzo, secondo me, non è il termine più adatto e forse non c’è un termine più preciso per identificare il prodotto che è nato dalla penna di Alessio Caccia.

A cura di Stefania Ceteroni

https://libri-stefania.blogspot.com

 

Alessio Caccia


nasce a Napoli nel 1989; trascorre i primi anni di vita tra le provincie di Arezzo e Terni, fino a trasferirsi definitivamente a Figline Valdarno, dove vive dal 1995. Dopo essersi diplomato come geometra, ma più predisposto verso le materie letterarie, si è dedicato alla scrittura.

 

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