Il silenzio del mondo




Recensione di Giulia Manna


Autore: Tommaso Avati

Editore: Neri Pozza

Genere: Narrativa

Pagine: 205

Anno di pubblicazione: 2022

Sinossi. Il silenzio del mondo è un romanzo sulla diversità dell’essere sordi, sul linguaggio, sul dolore del comunicare. Un libro dove i gesti sostituiscono le parole, dove l’ascolto è qualcosa che va inventato nuovamente, ogni giorno. Ma è anche un romanzo che l’autore ha cucito per sé.

«L’avrebbe ricordata per sempre, fino a che fosse vissuta: era sorda come lei ma aveva questo misterioso e favoloso potere, la capacità magica di tenere le parole tra le dita».

Questo romanzo narra una saga familiare che si svolge in un periodo di tempo che va dall’avvento del fascismo fino ai giorni nostri. È la storia di tre donne: nonna, madre e figlia, tutte non udenti. Rosa viene dal tempo antico e contadino. Impara una lingua simile a quel che vede e tocca: forte e sanguigna. Quella lingua è come una madre, se la porta con sé fino alla fine, e per essa si scontra col mondo civilizzato che non la capisce, e che lei non può comprendere. Da Rosa nasce Laura, che cresce nella grande città, conosce la lingua della gente, la governa, la padroneggia. Ma quella lingua che tutti parlano in realtà non le appartiene. Riconoscerlo è doloroso, richiede fatica, ci vuole coraggio. Una volta accettata la verità, sarà difficile tornare indietro. E da Laura nasce Francesca che è il prodotto dell’oggi. Parla la lingua di tutti, usa codici sofisticati, alternativi, evoluti. Ma Francesca sospetta che non bastino, lo capisce poco alla volta mentre l’ansia del mondo lentamente la assale.

«È una storia che mi riguarda» ha scritto Tommaso Avati, «perché parla della sordità che io conosco per averla sperimentata sulla mia pelle fin dalla nascita. So cosa voglia dire non udire, vivere in un mondo ovattato e separato, distante e mai davvero raggiungibile dagli altri, persino dai tuoi cari». Ora questo mondo ovattato e separato, per certi versi irraggiungibile, è diventato un romanzo, tutto al femminile, pieno di poesia, sorprendente e di una spietata dolcezza.

Recensione

Il silenzio del mondo è un romanzo sulla diversità dell’essere sordi, sulla necessità di affrontare il problema del comunicare in genere. Quello che un sordo cerca, è di avere una vita quanto più possibile normale.

Rosa è nata sorda. E’ una contadina che si trova ad affrontare la vita dall’epoca del fascismo in poi. Rosa deve imparare ad essere sorda e ad interagire con gli altri. La donna si inventa una lingua dei segni. Da Rosa nasce Laura che conosce la lingua dei non udenti e quella degli udenti. Da Laura nasce Francesca che non è nata sorda, ma lo è diventata un poco per volta. Il mondo si evolve e con esso anche il modo di comunicare che diventa sempre più sofisticato, ma non per questo senza problemi.

La sordità è un disfunzione dell’apparato uditivo che può essere congenita o acquisita. La maggior parte dei sordi sono anziani, ma ci sono anche molti bambini che purtroppo sono nati con questo difetto o lo hanno sviluppato durante l’infanzia.

Come Rosa, Laura e Francesca devono impegnarsi più degli udenti per imparare a comunicare che è un’attività quotidiana indispensabile. Dietro c’è un lavoro deve essere costante, quando umanamente parlando non si può esserlo. Questa disabilità, così come tutte le altre, lascia il segno nel disabile e nelle persone che lo circondano, ma in alcuni casi riesce a renderli più forti ed a tirare fuori un valore aggiunto.  

Nel caso di Tommaso Avati penso che abbia evidenziato una sensibilità ed una speciale capacità di maneggiare le parole in modo forte, ironico e senza drammi. Caratteristiche che sono emerse anche con la storia di Martino, zio di Rosa che non era sordo, ma cieco e soprattutto con i dubbi sulla maternità per il disabile. Quest’ultimo è un argomento con cui combatto ogni giorno, motivo per cui ho amato doppiamente questo libro.

Sì, sono sorda anche io. Io sono come Francesca. Sono affetta da sordità acquisita, ma mentre lei lo ha perso un poco per volta, io di colpo! Ho perso l’udito a sette anni dopo aver avuto una forma lieve di orecchioni. Una mattina mi sono svegliata e non sentivo più. Sento appena appena da un orecchio solo, dove porto una protesi acustica per cercare di compensare tutto quello che ho perso anche nell’altro orecchio.

Per il tema sociale che affronta e per come Tommaso Avati pone la questione,  è un romanzo che andrebbe letto nelle scuole. Non si pretende compassione, cosa che non vogliamo nemmeno e che spesso ci fa innervosire, ma solo sensibilizzare verso un handicap che spesso è sottovalutato anche dalle persone che ci circondano oltre che dal nostro stesso Stato.

Ma questo libro può essere utile anche ai disabili ed ai sordi come noi, perché le giornate non sono tutte uguali. A volte ci sentiamo più forti, mentre altre ci prende lo sconforto. E quelli sono giorni davvero terribili!

Egoisticamente parlando, ammetto che questo romanzo mi ha fatto sentire “fortunata”, perché ho perso l’udito che ormai avevo acquisito la parola. Nella mia “sfiga”, non ho avuto bisogno di imparare la lingua dei segni come le protagoniste di questo libro. Mi aiuto molta l’apparecchio acustico e la lettura del labiale. Il problema però è sempre quello! La difficoltà di comunicare, di cercare di vivere un a vita sociale normale ed il confronto con un mondo esterno che sembra ignorare la sordità.

C’è differenza tra un udente ed un non udente. Le difficoltà sono lampanti e si possono vedere anche nelle piccole cose. Basta fare una delle cose più belle e semplici del mondo: condividere la propria tavola con un sordo e che sia a casa o al ristorante cambia poco! Ci sarà sicuramente qualche gaffe comunicativa che dovrà essere risolta con una buona dose di simpatia da parte di tutti.

Ora, mettetevi comodi e provate a calarvi in un mondo che va avanti in silenzio!

Buona lettura!

 

 

Tommaso Avati


(Bologna, 1969) si è laureato in Comunicazione con una tesi sui racconti di Raymond Carver e il cinema di Robert Altman. Ha collaborato a sceneggiature e soggetti, come La prima volta di Massimo Martella e Quell’estate di Guendalina Zampagni. Ha lavorato anche alla stesura di film tv, come Un matrimonio, Il bambino cattivo, Con il sole negli occhi, Le nozze di Laura. Ha scritto insieme al padre Pupi Avati il soggetto per il film Il ragazzo d’oro (2014), che ha vinto il premio per migliore sceneggiatura al festival di Montreal.Come scrittore ha pubblicato, tra l’altro, Ogni città ha le sue nuvole (SEM, 2017) e Quasi tre (Fabbri, 2018).

 

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