Il silenzio della collina




Recensione di Elvio Mac


Autore: Alessandro Perissinotto

Editore: Mondadori

Genere: Narrativa contemporanea

Pagine: 252

Anno di pubblicazione: 2019

Sinossi. Domenico Boschis è nato nelle Langhe, ma da molti anni ormai la sua vita è a Roma, dove ha raggiunto il successo come attore di fiction TV. Una notizia inaspettata, però, lo costringe a tornare tra le sue colline: il padre, col quale ha da tempo interrotto ogni contatto, è malato e gli resta poco da vivere. All’hospice, infatti, Domenico trova un’ombra pallida dell’uomo autoritario che il padre è stato: il vecchio non riesce quasi più a parlare, ma c’è una cosa che sembra voler dire al figlio con urgenza disperata. «La ragazza, Domenico, la ragazza!» grida, per scoppiare poi in un pianto muto. Dentro quel pianto Domenico riconosce un dolore che viene da lontano. Chi è la ragazza che sembra turbarlo fino all’ossessione? Mentre Domenico riprende confidenza con la terra in cui è cresciuto e cerca di addomesticare i fantasmi che popolano i suoi ricordi d’infanzia, si imbatte in un fatto di cronaca avvenuto cinquant’anni prima a una manciata di chilometri da lì. La protagonista è proprio una ragazza: ha tredici anni quando, una notte di dicembre del 1968, viene “rubata” da casa sua. Di lei non si sa nulla per otto mesi, poi la verità emerge con tutta la sua forza. È possibile che sia il ricordo della tredicenne a perseguitare il padre di Domenico? E se così fosse, significa che il vecchio ha avuto un ruolo nella vicenda della ragazza? Lui l’ha sempre considerato un cattivo padre; deve forse cominciare a pensare che sia stato anche un cattivo uomo? Domenico ha bisogno di trovare una risposta prima che il vecchio chiuda gli occhi per sempre. Nel solco del romanzo-verità tracciato da Carrère con L’avversario, Alessandro Perissinotto prende le mosse da una storia realmente accaduta, raccontata dai giornali dell’epoca e poi colpevolmente dimenticata, innestandola però su un impianto romanzesco. Così facendo, rompe il silenzio sul primo sequestro di una minorenne nell’Italia repubblicana, in un libro feroce e al tempo stesso necessario per capire da dove viene la violenza sulle donne, per comprendere che, contro quella violenza, sono gli uomini a doversi muovere.

Recensione

In questo racconto, si parla degli anni della gioventù e dell’età adulta del protagonista, quegli anni di crescita che segnano profondamente la vita. Si parla dei territori dove si svolgono i fatti di cronaca, sono quelli collinari delle Langhe, rudi e generosi allo stesso tempo, una terra meravigliosa, molto amata dai turisti, dove però c’è ancora chi vive in povertà. Molti provano a fuggire le proprie origini, ma esse sono insradicabili. Anche quando ce ne andiamo lontano, la distanza non è in grado di colmare la sofferenza causata dai ricordi.

Nella prima parte si racconta il difficile rapporto padre-figlio, anzi si racconta un non-rapporto. C’è un’insinuante nostalgia per la mancanza di quello che ogni figlio vorrebbe dal proprio padre. In questo caso si parla di un uomo chiuso e violento, dedito solo alla cura dei pochi beni che ha conquistato con la fatica del lavoro, capace di comunicare solamente con sguardi e con silenzi. Domenico torna a casa, costretto al capezzale di suo padre. Rivivrà in quei luoghi che forse ha provato a dimenticare, come la cascina Colombera dove è cresciuto.

Suo padre Bartolomeo Boschis detto Tomè, è ricoverato in un hospice, dove le vite sono sospese. Ogni giorno si percorre un corridoio per arrivare dal proprio caro, spiando nelle camere di passaggio, quasi sempre si scorge un letto vuoto, qualcuno è morto e verrà subito rimpiazzato da un’altra vita che sta per finire. Per chi ha vissuto giorni in luoghi di questo tipo, sarà impossibile non sentirsi parte della storia. Atteggiamenti, rumori, odori e sensazioni sono quasi tangibili.

Ci sono alcuni passaggi che scrutano in profondità lo stato d’animo di chi si sente un figlio inadeguato. Tale inadeguatezza è dovuta ad uno strano senso di colpa che ci fa ritenere di non aver amato abbastanza i nostri genitori, di non essere stati quello che loro avrebbero voluto. Essere stati migliori di loro invece non è una colpa, ma lo capiamo troppo tardi:

«Quando si è ammalato, sono stato con lui tutti i giorni: gli cambiavo le flebo, gli curavo le piaghe da decubito, ascoltavo i suoi vaneggiamenti. Eppure continuo a sentirmi in colpa. Come vedi: vicini o distanti, i genitori hanno la capacità di farti sentire inadeguato comunque.»

Se qualcuno, ha vissuto accanto a persone in quella fase della malattia, dove si cessa di essere uomini e si è quasi fantasmi, allora troverete parole intense, sensazioni famigliari, avvertirete un disagio profondo per una condizione umana che giunta alla fine, ha un solo misero scopo, mantenere la dignità, fino all’ultimo istante. L’imminenza della morte provoca imbarazzo, perché è un confine che costringe a rimettere in discussione i sentimenti che proviamo nei confronti di chi stiamo perdendo.

Una delle cose che mi sono piaciute di più, sono i dialoghi spiazzanti ed esistenziali tra Domenico e Falcini, il medico dell’hospice, verità conclamate che non siamo in grado di accettare:

«Lo sa cosa mi affascina del “fine vita”? È che non ne sappiamo un cazzo. Non sappiamo e non sapremo mai cosa realmente succede nella testa di chi sta morendo.»

La seconda parte della storia, è più dedicata all’indagine personale che Domenico intraprende per avere risposte, per mettere a tacere la sua coscienza e i suoi cattivi pensieri nei confronti del padre Bartolomeo. Associa un fatto di cronaca di molti anni prima ad ogni parola smozzicata che il padre riesce a pronunciare e ne fa quasi un’ossessione. Con pochi elementi consistenti e molta ricostruzione dei fatti, chiede, ascolta e si informa da quelle persone che il paese non lo hanno mai lasciato.

La storia terribile che viene qui romanzata, purtroppo è realmente accaduta. Perissinotto riesce a mantenere vivo l’interesse sia con l’argomento del rapporto padre-figlio, sia con i terribili fatti di cronaca narrati. Fornisce resoconti e descrizioni che servono a non dimenticare quello che accadde nell’Agosto del 1969 e riesce a farlo senza mai alzare i toni.

Ho dimenticato di citare l’argomento amicizia, del quale si parla grazie al ritrovarsi dopo molti anni. E’ quello che succede a Domenico che rincontra Umberto amico d’infanzia e Caterina, la sua prima fidanzata. Ragazzi cresciuti insieme che si ritrovano a metà percorso della vita. Per ognuno di loro c’è qualcosa di non detto che ad un certo punto diventerà un peso, anche se la confidenza sembra essere rimasta intatta come quella di un tempo.

A tal proposito, sono descritti alcuni comportamenti dell’uomo verso la donna, di come dovrebbero rapportarsi due individui, provando per una volta a dimenticare l’elemento sessuale. Purtroppo non ho mai visto o sentito niente di simile a quello che ho letto in questo passaggio del libro, riportato alla vita reale.

A cura di Elvio Mac

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Alessandro Perissinotto


Alessandro Perissinotto (Torino, 1964) insegna Teorie e tecniche delle scritture all’Università di Torino. Ha esordito come narratore nel 1997 ed è autore di sedici romanzi, tra cui: Semina il vento (2011), Le colpe dei padri (2013, secondo classificato al premio Strega), Coordinate d’Oriente (2014), Quello che l’acqua nasconde (2017), tutti editi da Piemme. Le sue opere sono state tradotte in numerosi paesi europei, negli Stati Uniti e in Giappone.

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