Il teatro dei sogni




Recensione di Sara Zanferrari


Autore: Andrea De Carlo

Editore: La Nave di Teseo

Genere: narrativa

Pagine: 432

Pubblicazione: 24 settembre 2020

Sinossi. La mattina del primo gennaio Veronica Del Muciaro, inviata di un programma televisivo di grandi ascolti, sta per morire soffocata da una brioche in un caffè storico di Suverso, prospera cittadina del nord. La salva uno strano e affascinante archeologo, il marchese Guiscardo Guidarini, che le rivela di aver riportato alla luce un sito importante. L’inviata scopre di cosa si tratta e lo rende pubblico in diretta tv, scatenando una furiosa competizione tra comuni, partiti rivali, giornalisti e autorità scientifiche. Con Il teatro dei sogni Andrea De Carlo applica le sue capacità di osservazione sociale e di indagine psicologica a un romanzo fortemente contemporaneo, polemico ed esilarante, che scava nelle ragioni dei quattro protagonisti e ne fa emergere verità, segreti, ambizioni, paure e sogni sopiti.

Recensione

Ecco a voi il surreale mondo dello “star system politico”.

Arguto, disincantato, divertente questo nuovo romanzo di Andrea De Carlo: 432 pagine che volano veloci senza accorgersene fra siparietti televisivi, litigi fra politici di periferia, l’arrivo del grande leader del Movimento, illusioni e delusioni, grandi e piccole follie umane.

Una spregiudicata giornalista televisiva di un programma alla D’Urso, un affascinante quanto insolito marchese archeologo, un’assessora ambiziosa ma forse dal cuore troppo tenero, un sindaco (di un comune limitrofo) cialtrone e ridicolo: un irresistibile quartetto che fin dalle prime battute conquista e diverte con semplicità e scorrevolezza, caricature che l’autore tratteggia vividamente nei comportamenti, nei dialoghi, nelle considerazioni sulle opportunità e le possibilità che la vita offre. Opportunità che o le prendi o non le prendi, tutto dipende dalle nostre scelte, che spesso però sono quasi obbligate.

Una storia davvero divertente, anche se il riso è piuttosto amaro, ma questi siamo, questo è il nostro paese, questi sono i personaggi che lo animano o, peggio, lo amministrano, questi sono i sentimenti e i valori che comandano, questi siamo diventati. E allora, forse, meglio riderci sulle nostre debolezze, sulla nostra pochezza. E magari considerare se non sia arrivato il momento di fare delle scelte, prima o poi, diverse. Se lo chiederà il marchese quando si troverà suo malgrado invischiato con la giornalista, l’assessora, e a cascata una serie di personaggi politici di dubbio spessore:

Già il primo abbraccio nel parco era stato abbastanza sconsiderato, c’era davvero bisogno di un secondo?

Perché non ha provato a tirare le redini alla sua empatia, evitando di alimentare equivoci? Sono riflessioni inutili, una volta che un evento si è verificato ci si ritrova a muoversi in un paesaggio di conseguenze.

Ha scelto di non scegliere, ancora una volta?

Tanto varrebbe ammettere che le cose gli sono sempre successe senza che lui riuscisse a valutarne appieno le ripercussioni, né ad attrezzarsi per affrontarle. Non sta cercando scuse, quelle ormai le ha esaurite da tempo; sta solo provando a farsi un’idea a spanne dei possibili danni. Il senso di responsabilitàsi avvicenda al desiderio di fuga, crea un’incertezza che lo attraversa a onde. L’unica cosa sicura è che non gli sembra di aver imparato niente dagli errori passati, non c’è nessun consolidamento dovuto alla stratificazione. Pag 243, 244

Il marchese Guiscardo Guidarini, fulcro di tutti gli avvenimenti attraverso l’antico teatro che insiste sulla sua proprietà, sembra anche essere l’unico personaggio sganciato dal parossismo generale,dalla vita effimera, apparente, inutile che il resto del mondo ha accettato come l’unica possibile. Si mantiene sempre un po’ ai margini, arroccato nella sua villa con l’amica/segretaria Agnese, deridendo, denunciando, mettendosi alla fin fine (spesso) nei guai, ma con la salvezza in qualche modo in tasca. In questo caso grazie a un incredibile colpo di scena finale.

Tutti gli altri danzano il proprio ballo, più o meno consapevoli che la vita potrebbe anche essere diversa, ma come una deriva è la vita stessa di oggi a dettare le regole, con le sue velocità, i compromessi, le bugie, l’apparenza di televisione e selfie. Tutti gli altri non possono che tornare alle loro un po’ misere vite, persa anche quest’occasione di cambiamento (o di fama?).

De Carlo descrive con dovizia di particolari, con uno sguardo disincantato e divertito, territori, paesi, abitanti: tante macchiette, che ci suscitano un po’ di pena, un po’ di riso, un po’ di sane riflessioni.

Politici poco autorevoli, costruzioni abusive ed esasperate in un nord/nordest molto realistico, giornaliste televisive senza scrupoli, popolo inconsapevole. Ma sopra a tutto questo grigio/nero si staglia lui, stupendo, il teatro dei sogni.

Si staglia la bellezza, quel valore abbacinante che apparentemente tutti sembrano voler afferrare, sembrano riuscire quasi a comprenderne l’importanza vitale, determinante, ma invece litigandosela finiranno per perderla, forse, per sempre.

A cura di Sara Zanferrari

 poesiedisaraz.wordpress

 

Andrea De Carlo


è nato a Milano, dove si è laureato in Storia contemporanea. Ha vissuto negli Stati Uniti e in Australia, dedicandosi alla musica e alla fotografia. Si è occupato di cinema, come assistente alla regia di Federico Fellini e Michelangelo Antonioni, e come regista del cortometraggio Le facce di Fellini e del film Treno di panna, tratto dal suo primo romanzo. Ha scritto con Ludovico Einaudi i balletti Time Out e Salgari. Ha registrato due CD di sue musiche, Alcuni nomi e Dentro Giro di vento. I suoi romanzi, tradotti in ventisei paesi e venduti in milioni di copie, sono: Treno di panna, Uccelli da gabbia e da voliera, Macno, Yucatan, Due di due, Tecniche di seduzione, Arcodamore, Uto, Di noi tre, Nel momento, Pura vita, I veri nomi, Giro di vento, Mare delle verità, Durante, Leielui, Villa Metaphora, Cuore primitivo, L’imperfetta meraviglia, Una di Luna, Il teatro dei sogni.

 

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