Il valore affettivo




Recensione di Claudia Cocuzza


Autore: Nicoletta Verna

Editore: Einaudi

Collana: Stile libero big

Genere: Narrativa contemporanea

Pagine: 253

Anno di pubblicazione: 2021

Sinossi. Bianca aveva sette anni quando un incidente dai contorni incerti ha innescato nella sua vita una reazione a catena, che non ha risparmiato nulla. Oggi sta con Carlo, cardiochirurgo di fama internazionale, e all’apparenza lo venera. Ma tanta devozione, in realtà, nasconde un piano macchinoso, folle: un progetto di rinascita in cui l’uomo è un mero strumento. Nel percorso che intraprenderà per realizzarlo, Bianca scoprirà una verità che nessuno avrebbe mai potuto sospettare.

Recensione

Ho atteso questa uscita con trepidazione, come tanti.

Nicoletta Verna esordisce con Einaudi: un esordio in grande stile, e questo è già un buon motivo per iniziare la lettura con curiosità e occhio particolarmente critico.

Anche il fatto che ogni tanto mia madre cerca di uccidersi è diventato un’abitudine, come più o meno il resto.

Incipit. Sbam!

Sono le prime venti parole e già mi mettono a disagio, profondamente.

Il valore affettivo è la storia di un dramma familiare che vira verso il thriller con un risvolto inaspettato.

La focalizzazione è sulla protagonista, Bianca Lombardi: un ossimoro vivente, come lei stessa si definisce, tra il serio e il faceto; un animo oscuro, mascherato di luce e purezza, ma in realtà soffocato dal peso di un grave senso di colpa che sfocia in un disturbo psichiatrico. Un animo bianco e luminoso, si direbbe.

La narrazione in prima persona è sostenuta da uno stile nitido, da una struttura solida, e si alterna tra presente e lunghi e numerosi flashback al passato remoto. Le pagine scorrono veloci, quando Bianca ci parla del presente, al presente. Ma, se dovessi rappresentare la trama mediante uno schema grafico, direi che si tratta di una strada larga e dritta che ha tante uscite laterali: le imbocchi e, dopo averle percorse, ti riportano sulla via principale. Ecco, i flashback sono i sentieri laterali che ti distraggono dalla narrazione ma che sono senz’altro funzionali, perché, non conoscendo i retroscena, non potremmo comprendere il presente di Bianca. Alcuni sono davvero corposi, ma l’effetto è quello di un viaggio onirico lungo trent’anni, quindi direi che, se è quello che l’autrice ha ricercato, senz’altro è andata a segno.

Il valore affettivo è un tuffo nella testa di una donna che in apparenza ha tutto: è giovane, bella, ricca, innamorata e ricambiata. Ma il suo passato nasconde una ferita profonda, che non ha mai smesso di sanguinare: la morte dell’adorata sorella maggiore, Stella, in un incidente dai contorni sfocati.

Bianca si sente responsabile per quella morte, ma non vi dirò se a ragione o a torto: quello che importa è che tutta la sua vita, da quel lontano giugno 1988, è costruita sulla base di questo senso di colpa. Per affrontarlo, la protagonista crea attorno a sé una corazza fatta di anaffettività e ansia da controllo, arrivando a identificare e quantificare i sentimenti rispetto a termini di paragone materiali:

Qual è il prezzo esatto del senso di colpa?

Il valore monetario del valore affettivo?

Questo ci spiega la sua ossessione per la differenziazione dell’immondizia e anche il lavoro, apparentemente banale, che si è scelta: sbobinare interviste a potenziali acquirenti per svolgere indagini di mercato. L’apice del materialismo gretto.

Se dovessi definire la storia mediante due parole chiave, direi senz’altro disgrazia e piano.

La morte tragica di Stella, la disgrazia, è la prima tessera che, cadendo, scatena un effetto domino inarrestabile; la famiglia si disgrega e infine dissolve, e da quel momento Bianca studia a tavolino ogni attimo della propria vita per realizzare il piano: riportare Stella in vita.

Non vi racconterò neanche in cosa consiste il piano né cosa c’è davvero dietro alla disgrazia, vi dico solo che il lettore viene trascinato in una spirale di senso di colpa/tentativo di redenzione che si propaga attraverso le manifestazioni del forte disagio psichiatrico che Bianca è bravissima a dissimulare.

La trama è potente, non c’è dubbio, e forse nel mio caso il coinvolgimento emotivo è stato amplificato dal fatto che, facendo due calcoli rapidi, io e Bianca abbiamo la stessa età: nel 1989 avevamo sette anni. Voglio dire, quello che Bianca racconta della sua infanzia, a cavallo tra gli anni ’80 e gli anni ’90, mi è molto familiare in termini di stile di vita: la scuola, i giochi, il tempo libero, sono raccontati così come anche io li ho vissuti e li ricordo. E quando Bianca desidera con tutte le sue forze quella Barbie ‒da cui tutto inizia e con cui tutto finisce‒ io la capisco perfettamente, la me bambina si immedesima perfettamente in lei.

E nell’istante esatto in cui il piano va in frantumi e la disgrazia si rivela per ciò che realmente è, provo una tenerezza infinita per Bianca.

Sono vent’anni che aspetto questo momento, le mani mi tremano, vedo tutto sfocato. Affondo la testa della Barbie nell’acqua e le passo le dita fra i capelli, attendo che si liscino, che si avveri il miracolo. La Barbie mi guarda con i suoi occhi felici e insensibili a ogni catastrofe della vita, i capelli bagnati continuano a srotolarsi in piccoli ricci rotondi. Aspetto ancora, poi capisco che non si stireranno mai.

Le passo ancora una volta le dita fra i ricci, la poso con delicatezza nel cesto della raccolta della plastica.

Sorride dall’immondizia, radiosa.

Adesso è tutto finito, Bianca ha scoperto la verità, e anche il suo desiderio di bambina, quello che ha dato senso allo scorrere dei suoi giorni fino ad ora, viene catalogato nell’unico modo in cui lei sa razionalizzare e mettersi in relazione con il mondo che la circonda: è plastica, da differenziare.

A cura di Claudia Cocuzza  

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Nicoletta Verna


Nicoletta Verna (1976) è romagnola ma vive a Firenze, dove si occupa di comunicazione e web marketing nel settore editoriale. È autrice di saggi e volumi su media e cultura di massa, fra cui circa 500 voci per L’Enciclopedia della radio (Garzanti, 2003), i volumi Le onde del futuro. Presente e futuri della radio in Italia (con G. Cordoni e P. Ortoleva, Costa & Nolan, 2006) e Radio FM 1976-2006. Trent’anni di libertà d’antenna (con G. Cordoni e P. Ortoleva, Minerva, 2006). Ha insegnato teorie e tecniche della comunicazione presso diversi atenei e istituti italiani. Ha scritto racconti pubblicati sulle riviste letterarie Pastrengo, Carie letterarie, Narrandom, Risme.

Il suo romanzo d’esordio Il valore affettivo ha ottenuto la Menzione Speciale della Giuria alla XXXIII edizione del Premio Italo Calvino

 

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