Intervista a Chiara Montani




A tu per tu con l’autore


Enigma Tiziano è un romanzo che sorprende per la capacità di miscelare sulla tavolozza della narrazione elementi differenti tra loro, creando un’armonia e un tessuto testuale di rara efficacia ed estrema raffinatezza. Partiamo da alcuni di questi elementi, diciamo così, fondanti, per viaggiare all’interno delle tue pagine. Iniziamo dall’amore per l’Arte. Aida, la tua protagonista, è una donna che vive una passione totalizzante per tutto ciò che è Bellezza, arrivando a vivere esperienze estreme e pagare un prezzo elevatissimo.

Quanto ti identifichi nel personaggio e come l’hai creato?

Quali differenze ci sono tra lei e Lavinia, la protagonista del ciclo narrativo legato a Piero della Francesca?

La storia che avevo in animo di raccontare era movimentata e piena di colpi di scena come si conviene a una spy story, ma volevo anche che parlasse il linguaggio dell’arte. Per questo ho scelto di farla narrare dalla voce di Aida, capace di cogliere il senso profondo di un’opera e riconoscere la bellezza anche fra le devastazioni belliche. Naturalmente quella voce è un po’ la mia, come anche la ricerca artistica di Aida, che esplorando la pittura astratta trova il modo per sciogliere le proprie rigidità.

Lavinia, la protagonista dei miei precedenti romanzi, è una giovane di modesta cultura, senza prospettive, che deve conquistare coi denti ogni centimetro di libertà e lottare contro le infinite proibizioni di un’epoca ostile. Aida invece è una donna libera, un’artista, un’intellettuale che dialoga da pari a pari con professori universitari e che si potrebbe collocare a metà fra Lavinia e Piero della Francesca.

Ciò che accomuna le mie protagoniste, oltre all’innata sensibilità artistica, al coraggio e a un’intraprendenza commisurata alle rispettive epoche, è il percorso di cambiamento che si innesca in entrambe nel corso dei romanzi. Un cambiamento che per Lavinia parte dalla scoperta dell’arte, mentre per Aida muove dalle durissime prove che è costretta ad affrontare e che la portano a decidere di scendere in campo.

I personaggi femminili rivestono un ruolo fondamentale nella narrazione e tra loro spicca per la sua personalità a tratti debordante e sopra le righe Ines, ex-diva e madre della protagonista Aida. Sembra essere l’antitesi della figlia e il loro rapporto è piuttosto conflittuale. Come è nata questa donna così particolare? È solo una creazione della tua fantasia o…?

Dato che il nome di Aida viene da quello della mia bisnonna, che nacque proprio mentre suo padre stava dirigendo l’opera di Verdi, non poteva mancare una cantante lirica… E se fin da subito mi è stato chiaro il ruolo chiave che volevo affidarle all’interno della trama, il suo carattere ha preso vita strada facendo. Come tanti fra i protagonisti del romanzo, anche Ines non è affatto ciò che sembra. Così poco a poco si scopre che dietro la sua apparente perfezione, il suo carisma, il suo disinteresse per il mondo si nascondono enormi fragilità, un sacro terrore delle proprie emozioni e anche dei segreti inconfessati. Insomma, un personaggio in grado di creare una tensione emotiva che nel procedere della narrazione si fa sempre più intensa.

Seguendo le vicende legate al misterioso quadro notiamo un drammatico filo rosso che scorre carsico attraverso il romanzo e ci parla della violenza sulle donne. Cosa hai voluto testimoniare su questo?

Una delle anime del romanzo vuole essere proprio una riflessione sulla violenza, di cui quella sulle donne è solo uno dei molti volti. Violenza dunque intesa in senso lato, della quale è intriso il tempo in cui è ambientata la mia storia e della quale si fa metafora lo sconcertante dipinto di Tiziano. Con la sua capacità alchemica e quasi magica di evocare solo con l’intensità delle pennellate e del colore la potenza di un’emozione, quella tela funge da specchio occulto, nel quale ciascuno dei personaggi riesce a scorgere una parte di se stesso. Un riflesso che muta di continuo, di pari passo con il mutare delle circostanze.

Le figure maschili di Enigma Tiziano sono complesse, portatrici di contraddizioni, ambiguità così come di scelte radicali e passioni totalizzanti. Penso a Italo, il padre adottivo di Aida, con cui la giovane ha un rapporto speciale, oppure allo sfuggente professor Sartori che riserva più di una sorpresa, oppure ancora a Guido, il partigiano reduce della guerra nei Balcani che ha un posto speciale nel cuore della protagonista. Non parliamo poi del colonnello von Wittenberg… Uomini forti per tempi eccezionali, verrebbe da dire. Come fa una scrittrice a calarsi con tanta efficacia nella psicologia di figure maschili per di più di tempi così diversi dai nostri?

In ogni personaggio, anche il più detestabile, è sempre presente una parte di chi scrive, non fosse altro che per l’esercizio di immedesimarsi in ciascuno di essi. Se si vuole però dar vita a delle psicologie credibili, assegnando a ciascuno la propria voce senza sovrapporvi la propria, penso sia necessario anche lasciare loro libertà di azione. Entrare dunque nella testa di un colonnello nazista, di un padre amorevole, o di una giovane donna del medioevo porta a chiedersi come avrebbe agito quel personaggio in una data particolare situazione. È un esercizio di equilibrismo, in cui non bisogna barare se non si vuole che il risultato suoni falso. Ed è allora che si verifica ciò che molti autori riportano, ovvero i personaggi cominciano a vivere di vita propria e talvolta sfuggono dalla penna, perché ci si ritrova a farli agire in un modo che non era stato previsto, ma che è coerente con la loro natura.

A livello strutturale, hai scelto due piani temporali differenti, mettendo in scena momenti storici e situazioni di grande complessità. Da un lato, assistiamo alla genesi in diretta del quadro attorno al quale ruotano le vicende, con una guest star d’eccezione come Tiziano ad aleggiare su tutto il romanzo; dall’altro, abbiamo il periodo della guerra civile, dell’occupazione tedesca e della Resistenza con il traffico di opere d’arte. Come mai proprio questi periodi? Quale fascino riveste per te la Storia, in generale?

Mia madre è sempre stata una grande appassionata di storia e i suoi racconti mi hanno accompagnata da che ho memoria. Molto più affascinata dal passato che non dalla contemporaneità, non ho mai avuto dubbi sull’ambientare i miei romanzi in un’altra epoca, cosa che mi fa provare ogni volta l’ebrezza di pilotare una macchina del tempo.

La scelta del periodo storico in Enigma Tiziano è stata in realtà conseguente a quella del luogo, ovvero il paese di Gargnano, a me particolarmente caro. Le memorie più forti custodite da quel piccolo borgo sulla costa bresciana del Garda sono infatti quelle legate agli anni in cui Gargnano salì alla ribalta internazionale, divenendo il centro e la sede della Repubblica Sociale Italiana.

Come in tutti i miei romanzi c’è poi l’arte, presente qui non solo nelle vicende relative alla protezione del patrimonio italiano durante il conflitto, ma anche incarnata dal dipinto di Tiziano, che attraversa tutta la narrazione ed è protagonista anche nei brevi incisi ambientati all’inizio del ‘700, volti a scoprire cosa ha portato una mano ignota a coprire quel quadro con uno strato di pittura nera. Nell’epilogo invece, a vicenda ormai conclusa, ho voluto invece inserire un’istantanea del vecchissimo maestro cadorino che dipinge quella tela, così da mostrare anche il punto di vista del suo autore e stemperare nella sua visione tutte le passioni e i drammi di cui quell’immagine è stata la causa.

Un ruolo assolutamente importante è ricoperto dall’ambientazione, dalla descrizione del contesto. Dal lago di Garda della Repubblica di Salò alla Venezia occupata e ferita dalla guerra, le tue descrizioni portano il lettore nel cuore dei luoghi, creando atmosfere intense e palpitanti. Come ti sei documentata? Cosa rappresentano, per te, questi territori e come li racconti?

Per Venezia mi sono appoggiata a vari studi e monografie così da ricostruire l’atmosfera cupa e ingrigita di una città sovraffollata che, pur avendo occultato le sue bellezze dietro impalcature e sacchi di sabbia, resta capace di grandi suggestioni artistiche.

Per quanto riguarda il Garda, ho potuto poi contare sul lavoro straordinario di uno storico locale che, grazie alle sue puntuali ricerche, mi ha permesso di ricostruire ogni dettaglio della vita quotidiana e catapultarmi direttamente fra le centinaia di dimore requisite e il viavai di divise per i vicoli di un borgo fino al giorno prima dedito alla pesca e alla coltivazione di ulivi e limoni. Ma è stata soprattutto la mia assidua frequentazione di quei luoghi a permettermi di coglierne il sapore, di restituire particolari e impressioni di prima mano, di far trasparire tutto il mio amore per quelle terre e provare a raccontarle con gli occhi di chi vi è nato.

La tua scrittura tocca vette elevatissime quando descrive le tecniche pittoriche, i colori, il “farsi” dell’opera. Rendi i quadri vivi, parte integrante della narrazione, veri protagonisti. Quanto ha influito il tuo percorso formativo e lavorativo sul tuo modo di (de)scrivere? Cosa rappresentano per te la pittura e la scrittura? Davvero “nella capacità di creare bellezza risiedono la forza e l’identità della razza umana”?

Io ne sono convinta. Ritengo che un’educazione alla bellezza sarebbe fondamentale fin dalla più tenera età e che in un’epoca come la nostra, dominata dalle immagini, oltre alla grammatica della parola, andrebbe insegnata anche la grammatica del vedere.

L’arte è da sempre la mia passione e questo, insieme alla mia esperienza come arteterapeuta, riverbera profondamente nella mia scrittura. Spesso nei miei romanzi la scoperta della creatività favorisce percorsi di cambiamento nei personaggi e le descrizioni di opere d’arte, di cui mi piace costellare la trama alternandole ai momenti d’azione, diventano luogo dell’incontro e dello scambio, a testimonianza del fatto che l’arte può essere uno straordinario canale di comunicazione.

Puoi rivelarci, infine, qualcosa sui tuoi futuri progetti? Grazie per la tua gentile disponibilità, anche a nome di tutta la redazione di Thrillernord.

Ho appena terminato di scrivere l’ultimo capitolo della trilogia iniziata con Il mistero della pittrice ribelle. Una nuova avventura per Piero della Francesca e la giovane Lavinia, questa volta alle prese con un’oscura vicenda nella città di Urbino, alla corte di Federico da Montefeltro.

A cura di Daniele Cambiaso

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