Intervista a Christian Floris




A tu per tu con l’autore


 

Ciao Christian, saltiamo i convenevoli perché tu sei di casa qui a Thrillernord. E per me è un grande piacere intervistare uno di noi, che oltre a essere una bella persona è anche un ottimo scrittore.

Ho appena terminato la lettura del tuo romanzo, Canzoni d’inverno, e sono rimasta piacevolmente colpita sia dall’originalità della trama che dallo sviluppo della narrazione. Il protagonista è Claudio, un giovane laureato che fatica a realizzarsi professionalmente, complice anche il periodo di forte crisi economica in cui hai ambientato la tua storia. Claudio fa una scelta importante: nonostante l’evidente difficoltà nel trovare un lavoro, decide di restare in Italia e non fuggire all’estero, come hanno fatto molti suoi coetanei. Quanto è importante per te questo argomento? Soprattutto in un momento socio/politico/culturale molto complicato, come quello che stiamo vivendo?

Il periodo in cui è ambientato il mio romanzo è ancora vittima della grossa crisi economico finanziaria del 2007/2008, crisi partita da diversi istituti finanziari americani e che ha poi coinvolto tutto il mondo, causando strascichi importanti che sono andati ben oltre il 2010 e sotto alcuni punti di vista si fanno sentire ancora oggi. L’argomento credo sia molto importante per tutti. Può capitare che un momento storico come questo ponga soprattutto i giovani davanti a un tipo di scelta: rimanere a combattere nel proprio territorio per portare il proprio contributo al Paese o fare un’altra scelta, altrettanto rispettabile, che è quella di andar via. Claudio, il mio protagonista, decide di restare, di intrecciare qui le sue relazioni e di costruire qui il suo futuro.

Per buona parte del tuo romanzo si è convinti di leggere una storia di normale quotidianità, ci si fa l’idea di un protagonista che sta vivendo un momento di fragilità ma che cerca continuamente la forza per reagire. Claudio è un uomo normale, con una famiglia normale e un carattere normale; tutti potremmo immedesimarci in lui senza grosse difficoltà. A un certo punto, però, quella normalità viene stravolta, ci si ritrova immersi in un’atmosfera dalle tinte gialle e la tensione sale improvvisamente alle stelle. E posso dirti che ho trovato questo cambio di tono sorprendente e gestito con grande maestria. La domanda è d’obbligo: qual è il genere letterario a cui senti di appartenere? 

In effetti la mia storia fa un grande viaggio attraverso diversi generi. È di base un romanzo esistenziale, passa dalla saggistica grazie alle recensioni musicali che ci regala il protagonista e poi scivola anche sul giallo. Io nasco come giallista, come autore di polizieschi. I miei primi due romanzi appartengono a quel genere ed è proprio quello il genere che preferisco, sia come lettore che come scrittore. E c’è forse una ragione profonda che mi lega al giallo: interpreto l’indagine poliziesca come se fosse una metafora dell’indagine esistenziale che ogni uomo è chiamato a fare sulla propria vita. Le classiche domande: dove vado, da dove vengo, come andrà a finire si possono applicare allo studio di un caso di cronaca così come a uno studio su se stessi. Nelle nostre vicende umane questa indagine esistenziale resta a volte senza soluzione, avvolta da un alone oscuro; io ho dalla mia parte la fede, che è il fattore fondamentale nella mia vita, e mi consente di trasformare quell’ignoto nel naturale destino che spetta a ognuno di noi. Senza fede, quel mistero sarebbe un enigma insoluto molto più faticoso da accettare. Invece mi piace pensare che non sempre tutto è perduto, e che mantenere viva la speranza sia la cosa più importante.

Mi ricollego alla domanda precedente per cercare di conoscerti un po’ meglio e ti chiedo: quali sono i tuoi autori e le tue letture di riferimento? E qual è, se c’è, la lettura o l’episodio che ti ha fatto scattare la scintilla e ti ha fatto decidere di iniziare a scrivere?

Uno dei miei maestri è sicuramente Carlo Emilio Gadda. Il suo Quer pasticciaccio brutto de via Merulana è incentrato proprio sulla doppia valenza di cui parlavo prima: indagine poliziesca e garbuglio del cuore umano. Un garbuglio senza soluzione. O comunque con una soluzione che sfugge via perché condizionata dalla complessità della vita stessa. Ed è un po’ quello che io cerco di dire e di trasmettere.

Poi, ovviamente, seguo tutti i mostri sacri del giallo e a citarli tutti ne verrebbe fuori un lunghissimo elenco. Ellery Queen, per dirne uno, è un maestro soprattutto nella costruzione degli enigmi. Lui sfida il lettore. Gioca a suo modo: piazza nel romanzo i suoi giochi, i suoi enigmi, e invita il lettore a giocare con lui e a risolverli. Poi non si può non citare Agatha Christie, ovviamente. E andando più sul giallo investigativo direi Van Dine, con il suo Philo Vance reso immortale dall’interpretazione televisiva di Giorgio Albertazzi. Poi ancora Jeffrey Deaver, James Ellroy, Patricia Highsmith… 

Per restare in Italia, stimo molto la precisione di Carlo Lucarelli: lui nasce come cronista di nera e quindi sa bene quel che scrive. Un altro che ha saputo costruire bene le storie è Renato Olivieri, con il suo famoso commissario Ambrosio, che ambienta le sue vicende principalmente della Milano degli anni di piombo, sono ambientazioni che adoro.

Comunque se devo pensare a un momento particolare in cui ho deciso che mi sarebbe piaciuto scrivere (ho iniziato a scrivere romanzi a 28 anni, anche se i miei temi scolastici di troppe pagine sono rimasti nella storia), direi che è stato durante la lettura di Colpo di grazia, di Ellery Queen. È stato un colpo di fulmine, un continuo e geniale gioco con il lettore.

Claudio, il tuo protagonista, è un uomo che ha amato tanto e che ha ancora molta voglia di amare, anche quando la vita sembra volerlo mettere spalle al muro. Quando lavori su un romanzo, quanto credi sia importante inserire nella storia il fattore legame sentimentale? 

Io parto sempre da questo presupposto: la narrazione, l’ambientazione, le situazioni che si creano all’interno di una trama devono essere sempre funzionali alla storia, devono portare l’autore a comunicare qualcosa al lettore. In questo romanzo la storia d’amore è funzionale. Ma è altrettanto funzionale una storia d’amore finita, come quella con Lori, o il rapporto con Betty e il senso della perdita che ne consegue. Mi risulta difficile pensare a un racconto che non includa al suo interno legami, che possono essere d’amore o d’amicizia. Proprio per il fatto che l’uomo è sostanzialmente definito attraverso un “tu”, dalle sue relazioni.

Non posso a questo punto non chiederti della vera protagonista di questo romanzo: la musica. La troviamo nel titolo del romanzo, nei titoli dei capitoli e praticamente in ogni pagina di questo libro. Claudio, nella musica, ha trovato una compagna di vita. La musica è la sua fortuna e la sua salvezza. Sottolinea momenti ed emozioni positivi della sua esistenza e ne esalta tensioni e cali d’umore; lui la accoglie, la usa, la vive. Quanto c’è di te in questo lato del tuo protagonista e quanto conta, quindi, la musica nella tua vita? 

Mi sento di fare una premessa generale e dire che mi sembra difficile che qualcuno non abbia una colonna sonora nella vita. Può essere collegata a quando ci siamo fidanzati o quando abbiamo preparato un esame importante. La nostra memoria è strutturata in modo da non poter ricordare tutto nei minimi dettagli, ma alcuni ricordi ben precisi restano indelebili, come l’esame di maturità, il nostro matrimonio, la nascita di un figlio. Quei momenti li sottolineiamo con una musica, e non è una cosa artificiosa ma dev’essere naturale; quella musica ci aiuterà a ricostruire al meglio il momento in cui quell’evento è accaduto, consentendoci anche di inquadrarlo nel giusto contesto, e ci renderà in grado di riviverlo nitidamente nella nostra mente. Claudio, il mio protagonista, arriva a pensare a un brano musicale per associazione di idee, ed è lì che Christian Floris subentra. Io sono un po’ malato di musica; l’ho respirata fin da bambino, a casa, insieme alla mia famiglia. Dall’età di 15 anni ho sempre formato band in cui suonavamo soprattutto rock, ma anche pop. La musica è un linguaggio che conosco bene. Conosco bene la puzza di sudore che si respira nelle sale-prova, l’adrenalina pre e post esibizione, la birra del dopo-prova con i compagni della band. Quindi posso e devo dire che, da questo punto di vista, c’è un forte legame con Claudio. Ma la linea autobiografica è presente in tutti i miei lavori, anche se in piccoli dettagli, sia nelle ambientazioni che nei personaggi.

È arrivato il momento dei saluti e ci tengo a ringraziarti molto per la tua disponibilità e per la tua sensibilità. Ti lascio l’ultima parola per parlarci dei tuoi prossimi progetti e per salutare i lettori di Thrillernord. 

Intanto grazie a te per le domande, perché è da quelle che dipende il tenore delle risposte. Ho concluso un romanzo breve che sta attualmente attraversando l’essenziale fase di editing e di cui spero di poter svelare qualcosa molto presto. E poi chissà, magari questo mio Canzoni d’inverno potrebbe anche avere un seguito. Mai dire mai.

A cura di Antonella Bagorda 

Acquista su Amazon.it: