Intervista a Daniele Cambiaso e Sabrina De Bastiani




A tu per tu con l’autore


 

Intanto bentornati e complimenti, vi aspettavo con trepidazione dal febbraio 2020 al termine della lettura del primo libro e devo dire che, dato il risultato, l’attesa è valsa la pena. Magari però, per il prossimo metteteci meno perché sono ansiosa di sapere il seguito.

Intanto una curiosità mia: a distanza di due anni, quanto vi sono mancati Mistral e Pietro e, quanto avete dovuto lavorare per farli diventare ciò che sono ora? Potreste fare un breve raffronto fra il loro prima e il loro dopo?

D: in realtà, sono sempre stati molto presenti nella mia mente e nel nostro lavoro di scrittura. Potrei dirti che sono compagni fissi, per cui mi è risultato anche piuttosto agevole immaginare il percorso di vita che li ha portati a incontrarsi in una nuova inchiesta, che avviene cronologicamente dieci anni dopo quella che li ha visti esordire in “A distanza ravvicinata”. Avevamo gettato le basi in quel romanzo, se ben ricordi. Pietro e il suo rapporto con i servizi, Evelina, le scelte di Mistral… Era tutto lì, adesso vi diciamo che cosa è accaduto nei dieci anni successivi. Ne vedrete delle belle.

S: Prima ancora di concludere “A distanza ravvicinata”, la mia mente era già proiettata al dopo … ma non a un dopo circa la scrittura in generale … bensì al dopo di Pietro e Mistral. Questo per dirti quanto già fossero dentro di me questi personaggi e quanto mi chiamassero loro stessi a essere raccontati ancora… È davvero una metafora abusata, forse, quella del viaggio, in riferimento ai libri, ma non trovo parola più adatta a descrivere come mi sento, da autrice, in rapporto a queste pagine e a questi caratteri … e come spero possa sentirsi il lettore che sceglie di percorrerle e ritrovarli …

Poiché l’indagine in cui si ritroveranno coinvolti si rivelerà estremamente cruenta, quanto è stato difficile metterli nei guai o altresì, quanto vi siete divertiti nel farlo?

D. È stato un divertimento farlo, almeno per me. Per la prima volta mi misuro con la serialità e l’aspetto che, forse, trovo più affascinante è proprio la possibilità di “maneggiare” dei personaggi avendo in mente un percorso che non si esaurisce nell’arco di un romanzo, ma è un percorso a tappe, un po’ come una gara ciclistica. Aumenta, quindi, la possibilità di temprare i protagonisti, di mostrare di che pasta siano fatti. In “Genova. Scelte di sangue” si trovano a dover affrontare un’inchiesta che li metterà davvero a dura prova, in quanto dovranno affrontare un nemico letale che nasconde abilmente il proprio volto. Si troveranno, a un certo punto, a dover contare solo su se stessi, a dover effettuare delle scelte che sono quelle evocate dal titolo, in un contesto duro e insidioso, nel quale non si sa bene di chi fidarsi.

S:  È stato sicuramente divertente e appassionante, ma,  credo, soprattutto necessario. Pietro e Mistral non sono personaggi muscolari. Non sono nati così. Hanno una componente emotiva, e cervellotica anche, che li porta a mettersi in discussione moltissimo e allo stesso tempo a non defilarsi davanti agli ostacoli e alle implicazioni che ne derivano … Inevitabile, dunque, per loro … inguaiarsi! 

Entrando nella storia, il romanzo affronta un tema estremamente difficile e decisamente oscuro, tant’è che l’indagine da subito prenderà una piega violenta, anche per la cocciutaggine di Garlet e Farnè. Ad un certo punto si legge: “Erano già vite perse, smarrite, avevano già abbandonato il mondo. Consumate dal vizio, dalla droga. Abbiamo solo perfezionato un percorso già avviato…”. Questa è l’affermazione che uno dei vostri cattivi, esplicita così, senza riguardo alcuno, senza pietà. Una riflessione brutale che mostra come per taluni, “certe persone” non siano considerate, a meno di non definirli scarti inutili e sacrificabili. Potete spiegarci da dove arriva la scelta di affrontare un tema, come quello dei rituali e ancora, cosa c’è di romanzato fra le tematiche e cosa è storia vera nel vostro libro?

D: Sui rituali lascerei ampio spazio di risposta a Sabrina, perché si è trattato di una parte nella quale ha trasfuso le sue conoscenze che derivano da esperienza diretta… Scherzo, da studi universitari! E devo dire che è una parte che mi ha affascinato moltissimo esplorare. A volte, scrivere un libro è anche l’opportunità per approfondire tematiche e argomenti che incuriosiscono.

S: Non rinnego la mia esperienza diretta con la tematica… pile di fumetti di Geppo nella mia camera di ragazzina lo attestano senza se e senza ma! 

Scherzi a parte … è vero! 

È vero che un tratto  del mio percorso universitario è stato caratterizzato da corsi ed esami che mi hanno condotta a studiare argomenti come il ‘satanismo’, il voodoo, il candomblé, e  tutti gli aspetti rituali e sociologici che ne derivano. Tematiche estreme ed estremamente complesse, al contempo sicuramente suggestive, che abbiamo cercato di riportare con fedeltà. Le implicazioni e i fatti narrati sono invece  ‘fiction’ … in gran parte,  almeno … 

Daniele Cambiaso e Sabrina De Bastiani

Nel prosieguo dell’indagine, ad un certo punto uno dei personaggi si ritrova a parlare con Farnè il quale si ritroverà a chiederle: “Perché non hai lasciato perdere tutto questo schifo?” riferendosi al suo lavoro nel giro della prostituzione e lei di rimando gli rigirerà la domanda rispondendo per entrambi: “E tu perché hai scelto di scavare in questo schifo? Non sappiamo fare altro.”. Ancora una volta, insomma, il tema della scelta ritorna prepotente. Secondo voi, c’è sempre la possibilità di una scelta o talvolta, sono proprio il momento e le esigenze che in qualche modo ci impongono o perlomeno ci guidano in una direzione precisa, senza “lasciarci via di scampo”? Voi avete scelto di scrivere, o è la scrittura che ha scelto voi?

D: Bellissima domanda, particolarmente pertinente in relazione al romanzo, perché sono molti i personaggi che operano scelte. O che vengono scelti. Talvolta con risvolti drammatici. Credo che la possibilità di scegliere ci sia nella maggior parte dei casi, però il contesto molto spesso segna già alcuni destini, limitando molto le possibilità di cambiare o invertire la rotta. Nel nostro romanzo, infatti, il tema delle scelte è pregnante, mi riferisco in particolare ad alcuni personaggi minori come Aisha, la ragazza nigeriana che scelte di aiutare Mistral e Pietro a costo di mettersi in urto con la parte meno sana della propria famiglia rappresentata dal fratello, invischiato in oscuri giri di droga, oppure Dolores, la donna che ha saputo emanciparsi dal proprio passato di prostituta per necessità e resta borderline rispetto a quel mondo. Per quanto concerne la scrittura, è stato un incontro i cui meccanismi non saprei definire in termini di scelta, forse più di necessità, ma di certo è un’estensione della mia eterna passione per la lettura. Ho iniziato a scrivere, a un certo punto, le storie che avrei voluto leggere. E mi sto ancora divertendo a farlo…

S: La possibilità di scelta è uno dei fondamenti della libertà individuale. Che ha un costo, basti pensare al concetto di libero arbitrio e alle responsabilità che ne derivano. Trovo che,  in senso stretto, la vera scelta sia quando … è difficile compierne una. Diversamente si tratta piuttosto  di assecondare un’inclinazione, semplifico per brevità e praticità.  Se ciò, nella vita, è spesso fonte di difficoltà più o meno grandi, narrativamente permette di esplorare scenari sfaccettati e così interessanti. Declinare il coraggio o la sua assenza. 

Non ho scelto di scrivere. 

Fino a un certo punto della mia vita, non contemplavo neppure vagamente di farlo, per tutta una serie di motivi. 

Gli stessi per i quali oggi non riuscirei più a farne a meno.  E in tutto ciò, un grazie enorme da dire e ribadire. 

Leggendo, a proposito proprio di una determinata situazione che eviterò di nominare per non fare spoiler, si trova questa citazione: “Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo.” (Incipit Anna Karenina – Tolstoj). Voi cosa ne pensate?

D: Credo sia tristemente vera, possiamo averne la riprova ogni giorno guardandoci attorno, soprattutto in questo tempo in cui l’istituto familiare appare in profonda crisi. Credo che ogni realtà in crisi abbia una propria specifica identità, cause di sofferenza peculiari, dinamiche uniche o difficilmente replicabili. Nel romanzo, in particolare, viene messa in scena una famiglia molto particolare, segnata dalla sofferenza, che partorirà altra sofferenza in un circolo vizioso soffocante. È un esempio estremo, funzionale alla trama, ma non è lontano da certi contesti che, purtroppo, mi è capitato di conoscere nel corso della mia carriera di docente e anche durante una mia giovanile esperienza di rilevatore del censimento. A volte, dietro certi usci, si celano realmente baratri di sofferenza insondabili. 

S: Penso sia vero per una ragione precisa. Siamo naturalmente molto portati ad indagare l’infelicità. A cercarne le cause, a sviscerarne le sfumature, che, per forza di cose, hanno connotazione strettamente individuale, personale, perlomeno nei recessi. 

La felicità non si interroga. Si vive e basta. 

Se ne parla anche poco, per paura.

Proprio perché la paura, di perderla,  è la sua spietata nemesi. 

Chiusura o apertura che sia, riporto qui una citazione ambivalente che mi ha messo i brividi, quelli belli: “… e la mia pelle è carta bianca per il tuo racconto, ma scrivi tu la fine, io sono pronto.” (Cade la pioggia – Negramaro feat). Senza girarci intorno, le vostre, di pagine bianche, hanno già iniziato a riempirsi, almeno di qualche idea?

D: Le idee sono sempre tantissime, potrei dirti sempre di più. È curioso come la scrittura arrivi a modificare anche l’approccio all’esistenza: da un certo momento in poi, mi sono accorto di vivere e osservare la vita non solo assorbendo fatti ed emozioni a livello, come è normale che sia, ma più o meno consciamente è come se le archiviassi, valutandone anche una possibile valenza narrativa. Non solo, ma scrivendo mi capita poi di ripensare criticamente a quelle stesse situazioni. Insomma, un groviglio… Per dirti, però, che gli spunti creativi crescono a dismisura.  Il problema vero è il tempo di realizzarle. Però, mai darsi per vinti…

S: Mi ricollego alla prima delle tue meravigliose domande, Loredana. 

Io sono ancora in viaggio, con Pietro e Mistral. Anche in questo preciso istante … 

A differenza del precedente romanzo, qui ci troviamo a Genova, ma dalla Val Polcevera dove avviene il ritrovamento, poi ci si muove in diverse zone fuori città, ricche di storia e folclore. Essendo sempre molto importante, dentro i libri Frilli l’associazione al luogo, potreste farci una breve panoramica delle zone interessate dal romanzo, fra realtà e mito?

D: Il delitto iniziale di “Genova scelte di sangue” presenta fin da subito diverse piste investigative, legate al satanismo, al traffico di droga e ad altre realtà più complesse. Questo porta gli investigatori a sondare diverse realtà e per noi è l’opportunità di provare a raccontare i diversi volti di Genova, le luci e le ombre. Abbiamo la Val Polcevera, sia nella parte più bassa, che va a lambire la Sampierdarena nell’età post industriale, sia nella parte alta, al confine col Basso Piemonte, ambiente rurale, comunitario, ma anche un po’ in abbandono, con paesaggi pittoreschi e tracce anche severe di interventi antropici legati alle infrastrutture. Abbiamo anche il capoluogo, Genova, in particolare con la sua parte multietnica, legata ai vicoli. Farné vive in una delegazione complessa come Sestri Ponente, una vera città nella città… Insomma, raccontiamo molte tessere del mosaico genovese, come è prerogativa del noir mediterraneo, profondamente radicato nei territori di riferimento.

S: Mi unisco a Daniele nella sua risposta così precisa e chiara, e aggiungo solamente che Mistral vive, attualmente, a Manesseno, paese ai piedi del comune polceverasco di Sant’Olcese, precisamente un paio di stradine dietro casa mia … meglio tenersela vicina, ho pensato … ! 

Negli ultimi due anni difficili, che mai avremmo potuto immaginare in anticipo, se doveste scegliere un libro o un autore che proprio vi ha colpito, rapito e allo stesso modo vi ha aiutato e fatto bene, che nomi fareste?

D: Potrei fartene diversi, perché la lettura è sempre stata mia compagna, ma in particolare in questi due anni è stata per me sostegno ed evasione. Ne estrapolo quattro. Il primo è Davide Longo con il suo ciclo dedicato a Bramard e Arcadipane. La sua scrittura è attraversata da immagini potenti, che mi affascinano molto, anche perché sono al servizio di trame robuste, che scavano nell’animo del lettore. Ogni suo romanzo è un percorso di crescita interiore, per me. Un altro è Carlo Lucarelli, con la sua ripresa del ciclo dedicato al commissario De Luca, un personaggio che adoro per come si muove con freschezza e profondità sul proscenio di pagine critiche della nostra storia più recente. Andando all’estero, ti cito sicuramente Juan Gòmez-Jurado, che credo sia uno degli autori più innovativi e brillanti del panorama mondiale, per chiudere con Hervé Le Corre. Credo che “Dopo la guerra” e “L’ombra del fuoco” siano tra i migliori noir a sfondo storico per accuratezza e intensità di scrittura.

S: La domanda più temuta, per me. Isolare un titolo, un autore. Su due anni di letture poi.  E che anni… Mi concentro, allora,  su un aspetto della tua suggestione, ‘un libro che vi abbia aiutato e fatto bene’.

Giustizia, non vendetta” di Simon Wiesenthal.

Eccolo. 

Onorata di aver letto il vostro libro e grazie da parte mia e da parte di tutta la famiglia Thrillernord.

D: Onorati e riconoscenti noi per questa interessante chiacchierata e per la tua lettura attenta e sensibile. Grazie a Thrillernord per l’ospitalità!

S: Loredana, la tua sensibilità e attenzione sono oro puro.

Dal cuore, grazie a te e a Thrillernord!

A presto.

Loredana Cescutti

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