Intervista a Dror Mishani




A tu per tu con l’autore


 

Signor Mishani la ringrazio anche a nome di ThrillerNord per aver accettato di rispondere a qualche domanda su “Tre” e gli altri suoi romanzi. 

Non c’è di che. Ma la cosa più importante che posso dire ai lettori italiani in questi giorni incredibilmente difficili è: di stare al sicuro e rimanere forti, per quanto sia possibile.

Devo dirti che nei momenti difficili trovo sempre conforto in Natalia Ginzburg, specialmente in un suo saggio intitolato “Inverno in Abruzzo”.

Scrive lì dei suoi anni in esilio da Torino, durante la seconda guerra mondiale e alcune delle esperienze che descrive sono simili agli orrori che stiamo vivendo ora:  separazione dalla famiglia e dagli amici, isolamento, paura.

Eppure, mentre è in esilio, non smette mai di vedere come valga la pena vivere e come sia sempre un movimento a pendolo. Scrive: “Viviamo la nostra vita secondo le antiche leggi, un ritmo antico. I nostri sogni non sono mai realizzati e quando sono frantumati, capiamo che i momenti di grande felicità non esistono. E quando questi sogni sono frantumati, desideriamo tornare ai giorni in cui li avevamo ancora. Così, tra speranze e desideri, passiamo le nostre vite “. Queste parole – scritte in italiano, in Italia, molti anni fa – sono il mio conforto nelle ultime settimane. Perché? Penso che sia perché oggi ci ritroviamo tutti a desiderare, ma presto inizieremo a sognare di nuovo.

Nel suo primo libro “Un caso di scomparsa” il protagonista Avraham Avraham ha l’hobby di rileggere i grandi gialli per provare che le soluzioni trovate dall’investigatore di carta sono totalmente errate e cita espressamente Hercule Poirot e il suo primo caso “ The Mysterious Affair at Styles” ma poi nel suo lavoro reale procede in modo decisamente contrario alla logica e agli indizi in suo possesso. La sua vuole essere una critica ai romanzi polizieschi deduttivi all’inglese oppure è una posizione dettata da esigenze narrative?

Una delle cose che mi piace della scrittura di genere è che ogni nuova opera è sempre, o almeno può essere, un “omaggio” ai vecchi libri e scrittori che ami e che ti hanno influenzato. Nella storia della narrativa poliziesca, c’è una tradizione di “omaggio inverso”: C. Auguste Dupin (detective di Poe) ha diretto Vidoq; Sherlock Holmes diffamò Dupin; Poirot denigrò Holmes, ecc. Così, la posizione di Avraham è allo stesso tempo un omaggio (inverso) ai detective che amiamo entrambi; un’espressione del suo personaggio (è un lettore, un vero lettore ed è un uomo pieno di dubbi) – ma anche un suggerimento per i miei lettori: “Non dare nulla per scontato! Fai la tua indagine sul romanzo misterioso che hai” rileggi e raggiungi le tue conclusioni! “

In “Un’ipotesi di violenza” la fidanzata di Avi Avraham dice all’ispettore “Avi, non penso che sia possibile salvare i figli dai propri genitori” e poi aggiunge: “Ma forse un giorno o l’altro ci riuscirai.” E’ una frase molto forte e amara ma che rispecchia l’argomento dominante dei suoi primi libri. E’ un tema che la interessa particolarmente?

I miei primi tre romanzi della serie Avraham e il mio nuovo romanzo “Tre” esplorano tutti ciò che può essere descritto come “violenza domestica”. Questo non è il tipo di violenza  di cui si occupa la maggior parte dei romanzi polizieschi,  forse viene considerata meno interessante, ma non sono assolutamente d’accordo. Quale crimine può essere più atroce dei crimini contro le persone che ti amano?Può esserci  violenza più crudele e straziante di quella che proviene da persone di cui ti fidi? E anche – non scrivo di violenza o morte, scrivo di amore. E quando amore, violenza e morte si verificano insieme, e spesso lo fanno, inizia la tragedia. Pensa ai più grandi delitti della storia: – da Edipo ad Abramo e Isacco (un tentato omicidio …) ad Amleto – non erano tutte storie di violenza (e ardente amore) all’interno della famiglia?

Benché i suoi romanzi polizieschi siano ambientati in un’area ristretta di Israele, il triangolo tra Holon, sua città natale, Tel Aviv e Bat Yam i suo libri hanno avuto un grande successo anche in Italia. Si aspettava un risposta così positiva anche all’estero?

Non so se me lo aspettassi, ma ci ho sicuramente sperato … La narrativa poliziesca normalmente viaggia bene, poiché unisce un senso di “località” (ti senti come se stessi viaggiando in un luogo ben preciso mentre leggi) con una “universalità” (nonostante le diverse ambientazioni – sai che le emozioni sono le stesse). Sono felice che i miei romanzi vengano letti in Italia poiché la letteratura italiana è, per me, una continua fonte di attrazione e ispirazione. Natalia Ginzburg, Calvino, Sciascia e Camilleri sono sicuramente tutti scrittori che considero “i miei insegnanti”.

Per lei esiste il cosiddetto Noir mediterraneo e se sì si sente esponente di questa corrente e quali sono i suoi autori preferiti?

Sono stato fortunato a trascorrere alcuni giorni a Gerusalemme con lo scrittore greco Petros Markaris, pensando e discutendo circa il tema di questa domanda. Petros ha detto che esiste assolutamente un romanzo poliziesco mediterraneo e lo ha definito in questo modo: il detective ha una famiglia e la sua famiglia è importante per lui e per la storia (a differenza dei detective “solitari” britannici o nord europei); Il cibo e la cucina sono molto importanti per i personaggi e per il libro stesso (mangiano più variegato  di panini al salmone); E’ presente il senso dell’ umorismo. I romanzi di Petros sono sicuramente all’altezza di questi standard, così come i romanzi di Camilleri e Vasquez Montalban. I miei romanzi rispondono a queste caratteristiche? Forse i miei romanzi di Avraham (anche se non sa ancora cucinare!), Ma devo ammettere che hanno anche forti influenze parigine (Simenon) e scandinave (Martin Beck e Kurt Wallander).

“Tre” si discosta dallo schema usato nei romanzi con Avraham perché ci mostra il punto di vista delle vittime e anche se alla fine il colpevole viene catturato con un notevole colpo di scena la soluzione non è consolatoria. Le piace lasciare il lettore con la sensazione che la scoperta dell’assassino non riporti l’ordine precedentemente sconvolto dagli omicidi?

Uno dei pregiudizi più stupidi sul genere è che “ha sempre un lieto fine” (perché l’assassino viene catturato). Normalmente viene detto da persone che non hanno letto troppi romanzi polizieschi. I migliori romanzi del genere non finiscono davvero – e sicuramente non finiscono con “l’ordine ristabilito”. Anzi. Finiscono con uno sguardo spaventoso al caos (emotivo, politico, filosofico). E infatti, la cattura di un killer porta conforto alle famiglie o agli amici delle vittime? Può curare le loro ferite? E quale ordine viene ripristinato esattamente? Normalmente, ci troviamo appena esposti ad un’altra tragedia: quella dell’assassino stesso (o della sua famiglia). Posso dirti che quando finisco di scrivere un libro, anche se lo finisco col catturare l’assassino, sono sempre più triste di quando l’ho iniziato. Perché? Forse perché non sono riuscito a salvare le vittime, perché non sono riuscito a prevenire la tragedia. Mi ci vuole molto tempo per ricominciare.

Il tema trattato da “Tre” quello delle violenze sulle donne è molto attuale e preoccupante. Succede così anche nel suo Paese?

Ovviamente. E fino a poco tempo fa è stato in qualche modo ignorato, in un Paese in cui la forza e l’aggressività maschile sono molto apprezzate. Penso che sia negli ultimi anni, grazie a movimenti femministi, politici e pensatori, che la violenza contro le donne sia stata anche riconosciuta come “violenza politica”, in un Paese che era solito definire la violenza politica come “terrore musulmano” e basta.

Anche se i suoi libri hanno come nucleo l’inchiesta su degli omicidi allargano sempre il campo d’indagine sulla società israeliana con i suoi conflitti interni e soprattutto sui complicati rapporti familiari.Ritiene che il Noir sia il mezzo perfetto per raccontare il mondo in cui viviamo?

Non lo so. So che amo scrivere “noir” e adoro leggerlo, ma mi piace immensamente leggere altre forme letterarie e alcune di esse sono altrettanto adeguate all’analisi delle società moderne. Ma è vero che in alcune culture – principalmente nella letteratura europea dagli anni ’60 -’70 – il romanzo poliziesco e la letteratura noir sono usati molto spesso – e con molto successo – per riprodurre descrizioni critiche delle società in cui sono scritte.

Qualche critico l’ha avvicinata a Simenon perché le sue detective story non cercano di scoprire chi è il colpevole ma il perché delle sue azioni. È d’accordo con questo accostamento?

Non si tratta di “essere d’accordo” quando qualcuno dice o scrive qualcosa del genere – posso solo arrossire e stare zitto. Amo Simenon per molte ragioni e vorrei che i miei romanzi avessero, un giorno, l’impatto e il pubblico che i suoi romanzi avevano. E che siano “vivi” decenni dopo la loro scrittura. Ah, e vorrei anche che mi ci fossero volute 2 settimane per scrivere un romanzo, come faceva Simenon, e non 2 anni …

Dror Mishani

Avraham Avraham in “Un caso di scomparsa” ripete spesso che non ci sono polizieschi in ebraico mentre i suoi romanzi dimostrano invece che esistono e sono anche decisamente intriganti.

Grazie! Come dice lo stesso Avraham: il detective ha sempre torto …

Salvatore Argiolas

 

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