Intervista a Elisabetta Cametti




A tu per tu con l’autore


 

Elisabetta, trovo sia una tua notevole peculiarità, quella di riuscire ad elaborare storie e trame coinvolgenti, avvincenti e di forte dinamismo, pur veicolando e diffondendo capillarmente al loro interno messaggi dai contenuti molto importanti e sempre attuali. 

“Muori per me” non fa eccezione, anzi! Sull’architrave di un thriller articolato, mai calante e di forte presa, innesti una tematica che peraltro mi sta particolarmente a cuore. Ossia quella del bullismo, della prevaricazione sull’individuo, qui strettamente connessa a quello che è il mondo social, che troppo spesso siamo convinti di dominare e che invece … Ci puoi dire cosa ha mosso la tua creatività verso il raccontare una storia di questo tipo? 

Volevo mostrare le contraddizioni, le ombre, i pericoli della società in cui siamo immersi. E per farlo ho dato vita a personaggi diversi come le strade che hanno scelto: una fashion blogger, con il suo mondo solo all’apparenza perfetto, una veterinaria, che ogni giorno lotta contro la dura vita di montagna. Ma anche una libraia che ha trovato la libertà negli origami e una ex modella che ha perso la sua quando ha accettato di prostituirsi. Un narcisista. Una poliziotta votata alla giustizia eppure tormentata da un figlio bullo. Un medico consumato dai sensi di colpa. Un lupo e tante cicale. Vite che si incrociano tra le pieghe di un sistema di corruzione e comando, la cui scia di sangue conduce a una famiglia potente e dentro una delle più importanti maison della moda internazionale.

Sono tanti i temi toccati: femminicidio, bullismo, anoressia, droga. Ma uno è il messaggio al centro della narrazione: ci sono violenze a cui si può mettere fine. C’è sempre una scelta e insieme possiamo dire di no. Sui social abbiamo lanciato un hashtag: #iodicoNO

Le tue pagine mi hanno fatto molto riflettere, in maniera approfondita e chiara, sulle dinamiche dei social. Su quanto un nostro interagire o meno sulle diverse piattaforme dia origine a differenti chiavi di lettura ed interpretative dei nostri stati d’animo. Tutto è filtrato, ciò che scegliamo di mostrare, giustamente, ma anche la maniera in cui viene recepito. Postare una fotografia, ad esempio, potrebbe rappresentare una sorta di messaggio in codice mandato a qualcuno di specifico, oppure semplicemente il gusto di condividere un bello scatto. Il rischio di fraintendimento è altissimo, così come quello di essere risucchiati in un circolo vizioso. Una delle tue protagoniste, la famosissima fashion blogger Ginevra Puccini lo sa molto bene o comunque lo imparerà presto. Ma in una tale ragnatela si corre il rischio di caderci tutti, anche conducendo esistenze fuori dalle ribalte. Cosa ne pensi Elisabetta? Come ci si può difendere? Cosa non dobbiamo sottovalutare senza demonizzare?

I social network non hanno rivoluzionato solo il modo di fare comunicazione, ma anche l’approccio alla vita: ormai sono diventati una parte integrante della quotidianità di ognuno di noi. Facebook, Twitter, Instagram… ci siamo convinti che siano un mezzo per condividere i momenti spensierati della nostra vita: un piatto riuscito bene, un bel vestito, un luogo da sogno. E anche la finestra attraverso cui sbirciare le vite degli altri. Le aziende li utilizzano come vetrina per ottenere maggiore visibilità, per colpire potenziali clienti, per rafforzare la brand identity. Ma forse non ci siamo mai fermati a riflettere su quante persone li usino: i social network sono la nazione più affollata al mondo. Un bacino inesauribile di utenti, raggiungibile in qualsiasi momento e con la rapidità di un clic. Allora, non sono un semplice spazio di comunicazione. Sono il più grande editore al mondo. Un potentissimo strumento per aggregare contenuti, diffondere notizie, raccogliere fondi. E per dare enfasi alle idee di qualsiasi natura. Mentre ci si chiede quale sia il loro vero ruolo, se sia corretto parlare di quinto potere e se esista la consapevolezza che quel potere è nelle mani di pochi, dato che i social sono proprietà privata e chi  controlla gli algoritmi può influenzare i paradigmi economici, politici e sociali del futuro. E mentre ci sorge il dubbio di avere sottovalutato i rischi di questo processo irreversibile, il fenomeno è diventato talmente pervasivo da spingere le persone ad affidare proprio ai social i sogni più intimi. Perché l’attenzione che riceviamo sui nostri profili offusca ciò che siamo nella vita e ci intrappola in una dimensione che non rispecchia la realtà. Così succede alle “cicale”, protagoniste del mio romanzo. Ragazze gratificate dall’accumulo di cuoricini e pollici alzati, ammaliate dal fascino dei like a cui consegnano ogni speranza.

Spettatrice delle loro illusioni è Ginevra, una fashion blogger seguita da trenta milioni di follower. Testimone silenziosa di violenze, omicidi, crimini brutali. Finché capisce che i social network sono un’arma formidabile: il mezzo che può infondere forza alla verità. Quello che trasforma il sussurro in un urlo. L’eco in un clamore. Una singola voce in un coro che risuona all’infinito. E li usa per denunciare il sistema di corruzione e comando che forze dell’ordine e giustizia non sono mai riuscite a smascherare. Studia una strategia capace di sopravvivere anche se qualcuno riuscisse a tapparle la bocca. Perché c’è una voce che i soldi e il potere non possono ridurre al silenzio, quella che rimbalza sui social e diventa virale. Una voce che neanche la morte può fermare.

Adoro il modo che hai di caratterizzare le figure femminili che racconti, ma ti trovo davvero sublime quando ti misuri con le figure maschili. Sei assolutamente credibile e variegata, nessuno dei tuoi tanti personaggi è uguale ad un altro. Mi piacerebbe scoprire come nasce per te la definizione di un personaggio nuovo, la scelta di attribuirgli determinate specifiche, la cura per i dettagli.

Sono convinta che ciò che connota un romanzo non sia la trama, ma il modo in cui i personaggi riescono a esprimerla. La storia acquisisce significato solo se i protagonisti hanno l’intensità necessaria per coinvolgere il lettore. Così, la costruzione dei personaggi per me si è trasformata nel momento più importante della stesura di un libro. I miei protagonisti non sono solo i pilastri su cui si basa la narrazione, ma vivono oltre la narrazione stessa. Dedico ore alla ricerca del nome giusto. Il nome identifica il soggetto e, attraverso il suono, la lunghezza, le lettere da cui è composto e le assonanze che crea, suscita sensazioni e ne rafforza la personalità.

Dopo aver battezzato il personaggio, inizio a disegnargli la vita.

Passo molto tempo a osservare le persone. Ogni persona ha qualcosa che la caratterizza: un dettaglio fisico, la pronuncia, una parola che ripete senza accorgersene, movimenti inconsulti, sguardi o espressioni che esprimono lo stato d’animo di quell’istante o di tutta l’esistenza. Ognuna di loro ha un passato, una quotidianità da affrontare tra problemi, gioie ed esperienze, e un futuro alimentato dalle aspettative più disparate. Traggo spunti guardandomi intorno perché non c’è fiction migliore di quella in cui siamo abituati a muoverci. 

Rivolgo un’attenzione particolare all’ideazione dei “cattivi”. Il male può essere affascinante e nei miei romanzi gli antagonisti sono sagaci, brillanti. Hanno uno spessore intellettivo notevole perché devono essere degni rivali. È la loro crudeltà a far apprezzare al lettore i valori trasmessi dai protagonisti positivi. Mi piace dare un volto anche alle comparse che appaiono solo per qualche riga, come il barista, la hostess alla reception. Sebbene siano figure di contorno, penso che caratterizzarle arricchisca il contesto e dia qualità alla scena.

Per dirla in altre parole, i personaggi dei miei scritti sono l’essenza della storia. Non sono mai finalizzati alla trama del libro, ma li immagino come se esistessero davvero. Ne approfondisco gusti, abitudini, manie… ogni sfumatura da cui può scaturire un atteggiamento. E la parte che li vede protagonisti nel romanzo è il punto a cui li conduce la strada che hanno imboccato, la scelta che hanno fatto. O il destino. E in quel punto incontrano il lettore, comunicano con lui, accendono emozioni e lo trascinano dentro gli eventi, portandolo ad amare, soffrire e lottare insieme a loro.

E veniamo nello specifico, per quanto se ne può dire senza svelare i misteri che ne infittiscono le pagine, a “Muori per me”. Ad ora, almeno, un thriller standing alone e senz’altro una delle tue prove più intense sotto tanti aspetti. Quali sono state le parti più che si sono rivelate più complesse da scrivere narrativamente ed emotivamente? Quanto spazio e tempo hanno preso le ricerche che hai dovuto svolgere sul tema?

Lo stesura di Muori per me mi ha impegnato per circa diciotto mesi, tra studio delle tematiche affrontate, approfondimento dei casi di cronaca e di attualità che l’hanno ispirato e scrittura.
La parte che ha richiesto maggiore concentrazione dal punto di vista narrativo è quella legata alle indagini, perché non è fantasia ma la fotografia nitida del mondo che racconto. A novembre dello scorso anno è scoppiato il caso Alberto Genovese e Terrazza sentimento. Un caso che ha sconvolto per la brutalità delle violenze consumate, ma anche perché ha portato alla luce il modello di festa degli eccessi, dove la droga è il piatto principale, il sesso si confonde con gli abusi e le ragazze vengono usate come bambole. Feste che si trasformano in trappole per giovani bellissime, attratte dal lusso, dal divertimento sfrenato, dai soldi facili. Dal desiderio di fare parte di quella che loro considerano una élite, che invece è solo il lato più infame del genere umano. Feste dove il proprietario di casa si nutre di senso di onnipotenza e di impunità. La trama di Muori per me pare premonitrice del caso Genovese. Una storia che sarebbe potuta sembrare di pura fiction, se l’accaduto a Terrazza sentimento non fosse stato ripreso dalle telecamere e reso pubblico. Una trama dove i lupi incontrano le cicale. Dove i soldi comprano tutto e tutti. Dove la realtà supera la fantasia. Dal punto di vista emotivo, i capitoli che mi hanno coinvolto in modo particolare sono quelli che strappano una lacrima al lettore.

Trovo che i tipi di Piemme si siano superati con una copertina strepitosa e davvero intelligente! Uno scrigno che racchiude moltissimi dei contenuti del romanzo, senza suggerire alcuno spoiler. Ti lancio una delle tante suggestioni che mi sono scaturite. La specularità evocata dall’immagine raffigurata: lo specchio dell’anima, dell’acqua, noi allo specchio, il nostro doppio … la nostra identità. Cosa ne pensi? Cosa ha suggerito a te l’immagine scelta?


L’immagine arriva dal profondo dei pensieri. Come un brivido sulla pelle, come una stretta al cuore. È la copertina giusta per le pagine che racchiude, pagine in cui cantano i miei demoni ma dove fioriscono anche le mie riflessioni più sincere. Esprime l’anima del romanzo: spietatezza e poesia.

Grazie di cuore, con i miei complimenti

Sabrina De Bastiani

Grazie a te, Sabrina. La tua capacità di immergerti nella trama e di viverla intensamente è esemplare. Le tue interviste, così come le tue recensioni, mi emozionano sempre.

Elisabetta Cametti

 

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