Intervista a Enrica Tesio




A tu per tu con l’autore


Tutta la stanchezza del mondo è un saggio. Come è nata la necessità autoriale di cimentarsi con un genere così diverso rispetto alle precedenti fatiche letterarie (romanzi, poesie, libri per bambini)?

Tutta la stanchezza del mondo è più un ibrido che un vero e proprio saggio, tra l’autofiction e l’analisi sociale. Fondamentalmente però non è così distante dalle altre cose che ho scritto, diciamo che i miei romanzi sono molto saggistici e i miei saggi molto romanzati.

Nel libro emergono due aspetti importanti e convergenti: una linea autobiografica e l’approfondimento di tematiche e analisi di tipo filosofico, economico e psicologico. Se dovessimo cercare l’origine di questo lavoro, dovremmo partire dall’esperienza autobiografica quotidiana o dalla spinta culturale, cioè dalla necessità di approfondire i meccanismi sottesi al nostro sistema di vita?

L’esperienza autobiografica mi spinge a comprendere meccanismi che mi riguardano e che mi trascendono. In questo senso le due linee sono parallele. Mi capita di avere delle intuizioni rispetto a quello che mi gira intorno e allora vado a cercare se qualcuno l’ha pensato, detto, esposto meglio di me, quasi sempre è così.

L’analisi condotta nel testo ha radici culturali profonde, sviluppate negli anni, o è frutto di una ricerca recente?

Le fonti sono le mie letture, i miei film, il mio mondo, un mondo pop che mescola l’alto e il basso. Però il tema della stanchezza mi gira in testa da qualche tempo, è come se fosse stato covato in me negli anni. Il favore con cui è stato accolto il libro mi fa pensare che fosse un sentire condiviso.

Quali altri autori, oltre a quelli riportati in bibliografia, hanno costruito il substrato formativo di riferimento per lo sviluppo del testo?

Se tu hai una piccola ossessione, tutto quello che leggi o vedi lo leggerai e lo vedrai alla lente di quella ossessione. Il tema della stanchezza è stato il filtro con cui ho letto e mi sono guardata intorno nei mesi della stesura del libro. Ho riletto parti della Bibbia, per dirne una.

E rimanendo sul tema della genesi della tua scrittura, compresa la narrativa, quali sono i tuoi classici di riferimento ed esiste un genere di lettura che ti appassiona maggiormente?

A me fa sempre sorride quando si parla della “mia scrittura” come fosse una parte del mio corpo o un cucciolo con delle precise caratteristiche, un carattere. Mi fa sorridere perché finché non ho aperto il blog non sapevo di averne una. So di essere stata una lettrice prima di una scrittrice, ma che le due cose non si alimentano a vicenda e, se devo essere sincera, non so se mi leggerei se mi trovassi in libreria. Sono troppo snob e critica, facilmente mi liquiderei con un’alzatina di spalle. La letteratura con cui sono cresciuta è quella americana, molti abrei, tutto roth, auster, bellow, malamud.

In ultima analisi, alla fine del libro ho inteso che la tua ricetta per affrontare la nostra epoca è stata la condivisione della fatica e l’amore. Tuttavia questo non può essere un assioma assoluto; una lettura dei meccanismi deleteri di alienazione e di sfruttamento individuale, non può esimersi dall’ipotizzare un approccio diverso per non soccombere. A partire dai tuoi approfondimenti sul tema, quali strade concretamente percorribili ipotizzeresti?  

Perché non può essere un assioma assoluto? Cosa c’è di più assoluto dell’amore? Non parlo dell’amore di coppia, non necessariamente e non do soluzioni, ma credo che si debba tornare alla frequentazione, la frequentazione è sovversiva. E per frequentazione intendo quella occhi negli occhi, che si traduce in vicinanza, condivisione, aiuto. Non siamo animali domestici, siamo animali sociali. La vera stanchezza, quella depressiva, è strettamente collegata alla solitudine, subita naturalmente. 

Enrica Tesio

A cura di Silvana Meloni 

 

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