Intervista a Fabio Delizzos




A tu per tu con l’autore


 

L’inganno Machiavelli è il suo ultimo romanzo storico. È ambientato a Roma, dopo la morte di Papa Borgia, nell’attesa di nominare un nuovo Papa. Un periodo di grandi guerre e giochi di potere. Come ha scelto il periodo storico?

Sognavo di tuffarmi ancora una volta nella Roma del XVI secolo, e allo stesso tempo desideravo scrivere un romanzo su, e con, Machiavelli. Le due cose andavano perfettamente d’accordo, per fortuna. Machiavelli, infatti, si recò in missione a Roma nell’autunno del 1503, con l’incarico ufficiale di seguire da vicino il conclave per conto della Repubblica di Firenze. E in più in quel momento era presente a Roma il famigerato e “diabolico” Cesare Borgia, un altro personaggio che spesso veniva a visitare i miei sogni narrativi. A quel punto ho avuto l’idea e mi sono tuffato nel lavoro di ricerca e scrittura. Non è il primo romanzo che ambiento a Roma nel Cinquecento. Questa città e quel periodo storico in generale mi piacciono molto, proprio perché sono contrassegnati da feroci e subdoli giochi di potere. Il Rinascimento mi affascina e mi fa orrore allo stesso tempo: appare luminoso, come una rinascita, per l’appunto, ma per molti versi fu un periodo oscuro, più buio del medioevo. Anche Machiavelli riserva tante sorprese, a uno sguardo più ravvicinato. Per esempio, non disse, non scrisse e non pensò mai “il fine giustifica i mezzi”.

Niccolò Machiavelli è l’investigatore. Cosa lo ha colpito maggiormente di questo personaggio storico per sceglierlo come protagonista? 

Prima di diventare autore di opere letterarie potenti come Il Principe, Niccolò Machiavelli era stato un uomo d’azione e di intrighi, aveva vissuto per anni esponendosi a grandi pericoli e a disagi non indifferenti. È lui stesso a dirlo, proprio all’inizio del Principe. Gli venivano affidate missioni diplomatiche, al limite dello spionaggio, in materia di guerra e di pace, presso gli uomini più potenti del suo tempo. E lui, ricevuto l’incarico, montava a cavallo e partiva, anche di notte, e cavalcava per giorni; a volte stava mesi lontano da casa. Questo mi interessava. Ma soprattutto ero colpito dalla posizione pragmatica e crudamente realistica che Machiavelli aveva nei confronti del bene e del male. Specialmente del male.

La Roma del 1503 era una città molto violenta. Se si potesse fare, tornerebbe indietro nel tempo per vivere quel periodo storico?

Dipende. Avrei la possibilità di scegliere solo un viaggio indietro nel tempo oppure la Roma del 1503 sarebbe una delle tante destinazioni che mi potrei concedere? Potendo fare un solo viaggio, non sceglierei questa destinazione, anche se la tentazione sarebbe grande: come ho detto, la Roma del Cinquecento mi piace molto. Però i luoghi e le date da scegliere sarebbero così tanti che forse finirei con l’andare più indietro, in un tempo e in un luogo più misteriosi, come a Baalbek quando si costruivano edifici con pietre da centinaia di tonnellate, o in Israele durante la predicazione di Gesù. Invece, potendo visitare anche la Roma del 1503, ci andrei molto volentieri per trascorrerci un po’ di tempo. Ma vorrei avere sempre a portata di mano il pulsante che mi fa tornare qui, nel 2021, perché nel 1503 sarei subito condannato al rogo come eretico.

E in tal caso che personaggio avrebbe voluto essere o incontrare?

Onestamente non c’è neppure un individuo di quell’epoca che avrei voluto essere. Era un tempo troppo difficile, estremamente duro anche per i più fortunati, segnato da carestie, fame, malattie, ignoranza, guerra e superstizione. Per non parlare dei cattivi odori. Noi adesso ammiriamo l’arte sublime che fu realizzata su commissione dei potenti signori di quell’epoca, dimenticando che quelle opere servivano a nascondere i comportamenti inaccettabili dei loro finanziatori: più grandiose e nobili erano le opere d’arte, più gravi erano i crimini e i peccati che dovevano mascherare. Circa il voler incontrare qualche personaggio, invece, scelgo senza dubbio Leonardo da Vinci.

Tornando al libro, si sente più Niccolò Machiavelli o Isac Ventura? 

Direi decisamente Machiavelli. Condivido molte delle sue idee. E in particolare condivido con lui la scrittura. Machiavelli, prima di scrivere libri, era stato capo della Seconda Cancelleria e Segretario dei Dieci, per cui ha sempre vissuto di scrittura (lettere, relazioni e così via). E anch’io, in quanto copywriter, scrivo per lavoro da molto prima di dedicarmi ai romanzi. In un certo senso, questo me lo ha fatto sentire affine e ha favorito l’immedesimazione.

I suoi romanzi storici mi sono sempre piaciuti molto. La trovo molto portato per questo genere. Sinceramente spero in un seguito di questo libro, perché anche gli anni successivi furono anni di grandi scontri di potere e la scelta del Machiavelli mi è piaciuta davvero tanto. Pensa mai di cambiare o di aggiungere un nuovo genere? 

Grazie infinite del bellissimo apprezzamento, ne sono davvero felice. Sì, esploro nuovi generi, ho pubblicato anche alcuni racconti ambientati nella contemporaneità, uno dei quali rientra nel genere fantascienza. Non voglio sentirmi prigioniero di me stesso, voglio sentirmi libero. È una condizione necessaria per potermi divertire e lavorare con entusiasmo. Finora ho pubblicato solo romanzi ambientati nel passato, ma anche in questo mi piace cambiare. Adesso, ad esempio, sto lavorando a una storia ambientata in un’epoca molto più recente e con temi nuovi rispetto ai miei libri precedenti. Dopodiché chi può sapere quali vincoli e opportunità vorrà offrirmi il futuro? Amo molti generi narrativi e anche la narrativa non di genere. E mi piacciono moltissimo i saggi. Se si tratta di rotolarsi fra le parole scritte, insomma, per me va bene.

Nei ringraziamenti mi ha colpito molto la menzione alla sua amata Rosa, perché il romanticismo non è particolarmente sviluppato nei suoi libri. Ovviamente c’è, ma ha un ruolo marginale come l’amore tra Machiavelli e la sua famiglia. Le sue storie sono più corse contro il tempo, intrighi ed inganni. Vi è mai capitato di litigare perché in disaccordo su un personaggio o su come proseguire il racconto? E se sì, alla fine chi l’ha spuntata?

I ringraziamenti a Rosa alla fine dei miei libri non sono premeditati o scontati, neppure un dovere o un piacere. Mi nascono ogni volta spontanei, perché sento di doverle molto. È una donna magnifica, fa un lavoro impegnativo che non le lascia tanto tempo libero, ciò nonostante legge sempre quel che scrivo e mi dà ogni volta consigli preziosi. Se qualcosa la lascia perplessa, anche solo minimamente, io ci lavoro su, non c’è bisogno che lei insista. Tutto sommato, possiamo avere dei confronti su posizioni diverse, ma alla fine non siamo mai in disaccordo. Per fortuna abbiamo gli stessi gusti, perché siamo cresciuti insieme innamorandoci degli stessi libri, degli stessi film e della stessa musica. O forse questa è solo un’illusione? Forse la verità è che la spunta sempre lei, e lo fa talmente bene che io non me ne accorgo neppure.

Fabio Delizzos

 

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