Intervista a Francesca Violi




A tu per tu con l’autore


 

Ciao Francesca, grazie per questa intervista. È un vero piacere parlarti, soprattutto dopo aver letto il tuo libro. Hai sempre amato scrivere?

Da ragazzina scrivevo nel tentativo di riprodurre la magia sperimentata leggendo, la magia che ti trasporta in altri tempi e in altri mondi e ti fa vivere altre vite. Crescendo ho continuato a leggere ma non a  scrivere e ho studiato architettura; quando ho lasciato il lavoro in seguito alla nascita del mio primo figlio, però, l’amore per la scrittura è riaffiorato con forza e scrivere è diventato un bisogno che ho assecondato e coltivato.

Sulla riva è il tuo romanzo d’esordio ed è ambientato principalmente nella provincia veneta. Com’è nata la storia e perché hai deciso di ambientarla proprio lì?

La storia è nata da un germe di idea, quasi un’immagine: due ragazzini, amici per la pelle, fantasticano di imprese criminose; da grandi si ritroveranno uno contro l’altro. Poi, sviluppando la storia, i due amici sono diventati fratellastri; il conflitto tra loro, già inscritto nelle loro origini, è diventato parte integrante del rapporto che li legava. Per l’ambientazione invece ti rimando alla risposta sul fiume.

Il tuo stile è immediato, cattura, e i tuoi personaggi hanno una voce propria, ciascuna limpida, riconoscibile, realistica: quali sono le tue fonti di ispirazione?

Credo che su di me abbia lasciato un’impronta “Il corpo” (che molti conoscono come Stand by me), di Stpehen King, che lessi a quindici anni. In questa novella, in cui quattro ragazzini si addentrano nei boschi per cercare il corpo di un coetaneo investito da un treno, la consapevolezza della morte segna la fine dell’infanzia: una storia insieme avventurosa e struggente, piena di ombra ma anche di inaspettate chiazze di luce. Altri autori che amo particolarmente sono Georges Simenon (non tanto i Maigret quanto gli altri suoi romanzi), e Emmanuel Carrère (in particolare L’avversario e La settimana bianca); e ho una fissazione per Shirley Jackson.

Il fiume è una presenza costante nel romanzo, non è una semplice cornice, né soltanto un’ambientazione: è un protagonista, con il suo carattere, le sue luci e le sue ombre profonde. Anche nella tua vita il fiume ha un ruolo importante?

Quando ci siamo trasferiti nella campagna trevigiana abbiamo comprato una casa che sta su una lingua di terra tra due corsi d’acqua che si gettano in un terzo. Io ne ero innamorata, abitare in questo posto circondato dall’acqua era una meraviglia, i pesci, gli uccelli, la vegetazione rigogliosa; ma allo stesso tempo, con tre bambini piccoli, vivevo con l’angoscia che potessero caderci dentro, facevo brutti sogni. Dopo poco che abitavamo lì, il fiume ha esondato e ci è persino entrato in casa. Ho saputo subito che di questo fiume, portatore di vita ma anche di minaccia, io ne avrei scritto.

Pensi che l’ambiente possa influire sul carattere e sul percorso di una persona?

Se per ambiente intendi ambiente sociale sicuramente: crescere in un paesino di provincia caratterizzato da forte conformismo e controllo sociale, o crescere in una metropoli in cui convivono mentalità e scelte di vita diverse, credo che possa influire molto sul percorso di una persona. Ma penso che anche ambiente naturale, paesaggio, clima, territorio, possano se non influenzare il carattere di certo modellare la sensibilità di un individuo.

Nicola porta su di sé una serie di “marchi”: l’assenza del padre, una malattia genetica, la fama di sbandato… Eppure si dibatte, si divincola dalle etichette, tra cadute e risalite affronta e rimodella la sorte: potremmo definirlo un contemporaneo eroe tragico?

Direi di sì. Da un lato infatti le sue sventure, i “marchi” come giustamente li chiami tu, sono senz’altro immeritate. Dall’altro però Nicola ci mette del suo: anche le volte che il destino si mostra generoso, lui ha la propensione a rinunciare, a tirarsi indietro dalla vita, a lasciarsi avvelenare dal senso di sconfitta esistenziale. E nell’arco del romanzo è proprio questa la sfida che si trova di fronte: accettare la scommessa che la vita gli propone.

Nicola e Mauro: due opposti che si attraggono, due pianeti le cui orbite non si incontrano mai, o…?

In tutti i legami molto intimi c’è una componente di ambivalenza, e quello tra fratelli non fa eccezione, anzi. Dopotutto il primo assassinio raccontato nella Bibbia è proprio un fratricidio: Caino uccide Abele perché è invidioso della predilezione che Dio manifesta verso il fratello. E così nel legame tra Nicola e Mauro, che si sviluppa inizialmente come alleanza contro gli errori dei rispettivi genitori, si intrecciano complicità e conflitto, affetto e rivalità.

Ti leggeremo ancora (speriamo presto)?

Spero di sì! Sto lavorando ad un altro romanzo, incentrato sul tema dell’autoinganno.

Francesca Violi 

Francesca Mogavero