Intervista a Francesco Fiorentino




A tu per tu con l’autore


Prima di tutto faccio i complimenti all’autore per il bel romanzo: l’ho trovato originale, mi ha fatto immedesimare nei suoi protagonisti di cui ho vissuto le sensazioni, le fragilità, i momenti di crescita e i cambiamenti cui sono andati incontro durante le fasi differenti della loro vita. Un microcosmo composto da una decina di personaggi tra cui possiamo ritrovare noi e la nostra esistenza negli anni giovanili e della maturità, e ritrovare le nostre passate e attuali frequentazioni o le esperienze che abbiamo affrontato. 

Il romanzo è ambientato (in gran parte) in una Napoli che vive l’immediato post Sessantotto. L’ambientazione è uno sfondo appena accennato, ma si concretizza in modo forte nella psicologia e nella caratterizzazione dei personaggi. Questo particolare si percepisce in maniera ancora più evidente nelle protagoniste femminili, nella loro ricerca di libertà e nel loro desiderio di realizzazione: è stato fondamentale sviluppare il romanzo in questo contesto storico per riuscire a trasmettere il suo messaggio (io credo di sì, ma mi farebbe piacere leggere il suo parere anche per capire come è nata l’idea della storia)?

Si, il fatto che l’azione parta nell’immediato post Sessantotto mi pare decisivo per comprendere il romanzo. Le protagoniste e i protagonisti abbandonano tuttavia presto il Collettivo politico, coinvolto in una deriva estremista, per passare al Seminario tenuto dal prestigioso professore Onofri. Penso infatti che il portato politico del Sessantotto sia tutto sommato secondario, se non scadente; mentre quello culturale, morale e sentimentale è stato decisivo. Per questa generazione finalmente la famiglia non contava come prima, non era più il destino. Nascevano amicizie tra studenti di diverse classi sociali, ci si sentiva liberi di avere aspirazioni. I nuovi incontri diventavano decisivi. Quanto all’ambientazione napoletana, io sono napoletano e ho frequentato la Federico II in quegli anni e quella formazione è stata decisiva per la mia vita. Poi come molti napoletani sono insofferente al pittoresco che accompagna spesso la descrizione della nostra città. Come ha notato lei, Napoli sta nella psicologia dei personaggi e nelle loro storie.

Come ho accennato in premessa, mi sono immedesimato in molte delle vicende descritte, tanto nei desideri e nelle passioni giovanili, quanto nei rimpianti della maturità quando il ricordo di alcuni eventi passati fanno rimpiangere gli errori commessi per colpa dell’età e dell’inesperienza. Per quanto la riguarda la storia contiene particolari di origine autobiografica?

No, posso dire che non c’è quasi nulla di autobiografico, se non nei sentimenti che provano i protagonisti e che anch’io ho provato, essendo nato nel Cinquanta. L’unico dato del romanzo che la mia vita mi ha ispirato è il personaggio del professor Onofri, in cui ho proiettato l’importanza che per me ha avuto l’incontro col mio maestro, Francesco Orlando. Non mi piace l’“autofiction”, in cui si romanza la propria vita; non mi piacciono le confessioni; non mi piace la pretesa a prendersi come modello universale. A me piace raccontare storie inventate, senza descrizioni, né digressioni sui contesti. Voglio mettere un personaggio di fronte a un dilemma o a una scelta e immaginare come reagisce. Aspirerei a scrivere come un romanziere ottocentesco. 

Personaggi deboli e personaggi forti.

Personaggi forti: Guido e Carla sono due giovani dotati di un fascino innato, uno charme ipnotico che esercita una forma di prevaricazione sul più debole e permette loro di ottenere tutto dal prossimo. Guido, dopo la morte, fa sapere ad Arturo di avergli portato via Roberta e il figlio attraverso la convocazione del notaio, così come Carla cerca di instillare nella mente del marito Gaspare una forma di dipendenza e sudditanza in grado di protrarsi anche nell’aldilà. Queste descritte sono caratteristiche degli individui dotati di leadership o una forma di egoismo patologico?

I due personaggi forti vogliono condizionare il destino degli altri. Questa aspirazione comporta una enorme responsabilità, che loro non si assumono. Sono piuttosto manipolatori, affascinanti manipolatori, soprattutto Guido, che pure ama il suo amico Arturo. Entrambi in particolare vorrebbero risolvere la questione della morte, che caratteri simili rifiutano. Non accettano di scomparire. Desiderano continuare a influire sui vivi. Rappresentano il male, la morte che aspira a vincere sulla vita. 

Personaggi deboli: Saverio è stato tradito da Ada per la sua incapacità di farsi amare, Lea è diventata la marionetta di Giuliano, suo giovane amante. Sono realmente delle vittime o, in fondo in fondo, sono colpevoli (chi è causa del proprio male pianga sé stesso)?

Sono due personaggi deboli che soffrono per le proprie debolezze, ma al tempo stesso sono personaggi capaci di mettersi in gioco. Quella di Lea con il suo giovane amante non è un’avventura. È un legame complesso che implica aspetti materni, tenerezze adolescenziali. Se una donna a cinquant’anni è scontenta della propria vita, in genere non risolve il suo malessere con un’avventura alla maniera maschile. Mette in gioco completamente la sua vita. Saverio è un uomo giusto. Rispetta la sua governante moldava, non cerca compensazioni al tradimento di sua moglie. È un uomo giusto e infelice.

Alla pari delle donne a cui dedica i capitoli, altro protagonista indiretto è indubbiamente l’amore, rappresentato in tutte le sue possibili forme: sincero e disinteressato, passionale e traditore, non corrisposto o di comodo. In questo senso, ritiene che l’amore sia il sentimento in grado di muovere da solo il mondo intero?

L’amore, o almeno l’aspirazione all’amore, ci accompagna per l’intera vita. È un sentimento romanzesco per eccellenza. Il problema è riuscire a evitare, nel descriverlo, un registro sentimentale, come pure uno cinico. 

Ultima domanda: tra i vari personaggi descritti, qual è il suo preferito o quello per cui ha provato maggiore empatia durante la stesura dell’opera, e per quale motivo?

Mi è piaciuto accettare la sfida di identificarmi in personaggi femminili della mia generazione. Ho una enorme stima per le mie coetanee che per la prima volta sono uscite in massa da casa e hanno occupato posti importanti nella vita sociale. Mi piace soprattutto che il successo per lo più non abbia indotto in loro “l’aspra indifferenza dell’età adulta”. Dal punto di vista squisitamente narrativo, il personaggio di Arturo – serio, irresoluto, sempre alla ricerca di sé – mi pare che abbia uno statuto privilegiato. Infine, confesso di essermi innamorato del personaggio di Roberta.  

Ancora complimenti per il romanzo e grazie per il tempo che ha dedicato a Thrillernord.

A cura di Gabriele Loddo

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