Intervista a Gabriele Dadati




A tu per tu con l’autore


 

Come mai hai scelto questo soggetto per questo tuo nuovo romanzo? Sei davvero coinvolto in qualche modo nella vicenda? Racconta…

Quando nel dicembre 2019 fece la sua ricomparsa a Piacenza Ritratto di signora di Gustav Klimt, rubato 23 anni prima, l’emozione e il senso diffuso di gioia furono enormi: una ferita per quanto profonda si rimarginava. L’impatto emotivo su di me però fu ancora più forte, perché da mesi stavo lavorando a una mostra che celebrasse Stefano Fugazza nel decennale della scomparsa. Stefano per tutti era il direttore della Galleria d’arte moderna “Ricci Oddi”, il museo a cui l’opera apparteneva, ma per me era il maestro che mi aveva scelto quale allievo e che mi aveva insegnato tutto. Come trattenere quell’emozione? Mettendola in circolo in un romanzo che commuovesse il lettore.

La modella, Anna, non è come le altre modelle di Klimt. Te la sei immaginata guardando il dipinto? Dalle vesti? Dallo sguardo?

Lo sguardo cilestrino che ci viene dalla tela è purissimo e ci interroga sulla nostra stessa purezza. Per questo non poteva essere una modella come le altre, una modella di professione, sulla cui condotta morale ci fosse da ridire, come spesso accadeva all’epoca (e soprattutto alle modelle di Klimt). Ecco perché Anna è diversa. E non è tanto una figura della seduzione, quando dello struggimento. Il sentimento che sorge in noi è anche quello di un’intimità intrisa di pietas.

Una tua eccezionale caratteristica è quella di raccontare personaggi storici da un punto di vista molto umano. Li tratteggi nelle loro emozioni, sogni, pensieri, come lo avessi realmente conosciuti. Tanto che anche a noi lettori pare di conoscerli, dopo averti letto. Come mai senti questa spinta a questo tipo di caratterizzazione?

La mia volontà ferrea è quella di ricongiungermi alla persona al di là del personaggio. Di norma, tutto quello che ci viene consegnato da un libro di storia (o di storia della letteratura, o di storia dell’arte, o di qualsiasi storia) subisce per questo stesso motivo un processo di distacco da noi: Alessandro Magno era il giovane favoloso sempre in guerra, Caravaggio il genio oscuro e violento, Einstein l’ebreo geniale e sbarazzino, così come matto e straordinario era Van Gogh… Ma questo, appunto, è un modo di mitizzare, che vuol dire togliere vita a figure che furono prima di tutto “creature di sangue caldo e nervi”, come avrebbe detto Čechov. Ecco, dunque, per ragioni di giustizia umana, ancor prima che letteraria, io cerco di tornare all’intimità del loro essere persone. Mi sembra di doverglielo.

Un personaggio che mi ha colpito molto è Emilie Flöge, affascinante, misteriosa, indipendente, una donna avanti coi tempi per così dire. Come la commenti?

Emilie Flöge è una stilista e imprenditrice di grande rilievo, e rappresenta al meglio quel passaggio storico per cui nella Vienna di inizio Novecento finalmente l’emancipazione femminile iniziava a concretizzarsi in percorsi di successo. Raccontarla è stato fondamentale per mostrare uno specifico di quell’epoca anche dolorosa, segnata profondamente dalla tragedia della Grande Guerra.

Un tema importante nel romanzo è il doppio. Vuoi spiegarcelo?

È doppio il dipinto al centro del romanzo, perché Klimt ci lavorò due volte: dapprima vestendo la modella con un abito nero, una sciarpa vaporosa e un cappello a larghe tese e poi intervenendo a donarle una bella acconciatura e una camicetta bianca. Di conseguenza il doppio diventa tema, innervando tutte le vite dei protagonisti. Ma non nel senso che sono ingannatori. Nel senso che ognuno di loro crede di essere qualcuno, ma in realtà la sua vita riposa su un mistero che neanche lui conosce e il cui disvelamento ne determina a un certo punto un forte cambiamento. Questo è molto importante, perché l’opera letteraria possa essere “un’esplosione di senso” dell’opera d’arte.

Gabriele Dadati

Sara Zanferrari

 

Acquista su Amazon.it: