Intervista a Gianluca Antoni




A tu per tu con l’autore


 

Io non ti lascio solo è un gioiello che esce da un concorso di cui è stato vincitore: IoScrittore. Cosa l’ha spinta a partecipare e quanta responsabilità si avverte nel giudicare gli incipit altrui?

Una grande casa editrice era interessata a pubblicare Io non ti lascio solo; i giochi sembravano fatti ma dopo mesi di attesa mi hanno comunicato di rinunciare alla pubblicazione perché, secondo loro, il romanzo era difficile da collocare in una collana specifica. Rimasi molto male e allo stesso tempo misi in discussione il reale valore del mio scritto: per quanto ne fossi soddisfatto, forse davvero non valeva la pubblicazione. Così, quando mi imbattei nel torneo letterario IoScrittore, capii subito che poteva essere un ottimo strumento per testare il reale valore di Io non ti lascio solo. Innanzitutto i partecipanti iniziali che proponevano l’incipit della loro opera erano più di 3000, i finalisti che caricavano l’intero romanzo 300 e i vincitori finali solo 10.  In più, ogni partecipante, nelle due fasi, si trovava a valutare prima l’incipit e poi il romanzo di un’altra decina di concorrenti: insomma il torneo ti poneva alla pari di tutti gli altri. Valutare gli incipit e poi, nella seconda fase, i romanzi a me assegnati, non l’ho vissuto con particolare responsabilità, in fondo era pari a quella di tutti gli altri. Ho cercato di farlo con la massima serietà, dando valutazioni sincere e oneste. La qualità degli scritti che ho letto era tra l’altro molto buona e questo ha reso ancor più sorprendente scoprire di essere tra i vincitori.

Io non ti lascio solo ha un’aria un po’ vintage, per me questo è un gran complimento. Come nasce una storia così intensa?

La storia nasce dal desiderio di raccontare un’amicizia che va al di là del tempo e dello spazio e di come questa può far superare dolori profondi. Attraverso le avventure di Filo e Rullo, i ragazzini, amici per la pelle, protagonisti del romanzo, volevo sviscerare cosa sia necessario fare per affrontare il dolore della perdita di una persona cara, sia essa di un genitore, di un partner o di un figlio. Per farlo abbiamo bisogno di attingere a tutte le nostre risorse interne e, metaforicamente, ogni personaggio del romanzo rappresenta una parte di noi: Filo la parte razionale, Rullo quella emotiva, Amélie quella bambina, Scacco quella pazzoide, Guelfo quella mostruosa e via così. Solo accettando e valorizzando tutte le parti, integrandole tra loro, è possibile raggiungere il benessere. Per far questo ho eliminato, per quanto possibile, ogni riferimento temporale e geografico, in modo da renderla quasi una fiaba e permettere al lettore di proiettarci i propri vissuti e trarne il massimo beneficio. Per questo Io non ti lascio solo può avere un’aria un po’ vintage.

Quanto c’è della sua infanzia in questa avventura?

Per raccontare la storia di Filo e Rullo ho dovuto attingere alla mia parte bambina. Non ci sono elementi autobiografici, ma ho evocato la mentalità tipica di quell’età dove il mondo è classificato in modo dicotomico in bianco/nero, giusto/sbagliato, buono/cattivo, sempre/mai. Questa semplificazione della realtà impedisce di cogliere la complessità e la ricchezza delle sfumature della vita, ma allo stesso tempo, nella sua innocenza, può fornirci grandi messaggi di saggezza. Una cosa che mi ha aiutato nella stesura di Io non ti lascio solo è l’essere diventato padre da poco: quest’esperienza, mista al contatto diretto con i figli piccoli, ha alimentato la mia creatività e la mia immaginazione.

Si vocifera della vendita dei diritti cinematografici del romanzo, credo sia una grande soddisfazione. Come vive la cosa? Ha già immaginato chi potrebbe interpretare i protagonisti?

Un regista italiano si è innamorato del romanzo e dopo averlo “divorato” in una sola notte mi ha scritto per chiedere a chi appartenessero i diritti. Leggere quel messaggio è stato molto emozionante e seguire il percorso che lo porterà a diventare un film rappresenta una nuova e bella avventura. Intanto mi sta permettendo di scoprire la differenza tra scrivere narrativa e scrivere per il cinema: il linguaggio cinematografico ha altre regole ed è tutt’altro che semplice tradurre e sintetizzare la complessità di un romanzo in un film della durata di un’ora e mezza. D’altra parte il film ha un’altra vita rispetto alla storia originale: appartiene al regista; alla sua poesia, al suo stile e alla sua creatività. 
In ogni caso mi auguro che possa nascere un bel film, fedele al romanzo. Conosco già alcuni attori (di primo piano) che potrebbero interpretare alcuni dei protagonisti, ma il loro nomi sono top secret.

Un libro di narrativa e un thriller che non possono mancare nelle nostre librerie?

Come libro di narrativa consiglio La strada di Cormac McCarthy: racconta della forza dell’amore paterno nel proteggere il figlio da un mondo crudele. Per quanto riguardo il genere thriller consiglio L’amore bugiardo di Gillian Flynn: racconta in modo inquietante come sia possibile scoprire che non si conosce mai davvero bene chi abbiamo vicino.

Gianluca Antoni

A cura di Fiorella Carta

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