Intervista a Giovanni Lucchese




A tu per tu con l’autore


 

Ti ringrazio di cuore, i tuoi complimenti hanno un valore tutt’altro che discreto. Sono preziosi, come tutti i complimenti che si ricevono. Lieto di averti fatto leggere qualcosa di diverso!

La prima domanda che ti faccio mi aiuta a spiegare ai lettori perché La Sete si ama o si odia e quindi ti chiedo: cosa è successo il giorno in cui hai iniziato a scrivere questo romanzo? Qual’è stato l’evento scatenante che ti ha spinto a raccontare la storia di Lui e di Lei con uno stile così sfrontato, utilizzando un linguaggio su cui molti farebbero censura?

Volevo scrivere una storia che esplorasse la sfera sessuale di due persone che hanno perso il contatto con la realtà, o che sono a un passo dal perderlo. Due vampiri della vita che si muovono e si esprimono senza freni inibitori. Per forza di cose il linguaggio della scrittura ha dovuto adattarsi alla visione della vita dei personaggi. Non è stato facile ignorare il senso di pudore e di autocensura che a volte mi opprimeva durante la stesura, ma è una storia che ha cercato me, mi ha parlato dentro fino al momento in cui mi sono deciso a scriverla.

Le prossime due domande non possono che essere mirate a raccontarci qualcosa dei due personaggi principali e quindi iniziamo da Lui, che incontriamo per primo.

Anima nera, come lo definisci tu, e uomo solo, dove ha origine la necessità di dividere, con una linea netta, le due facce della stessa medaglia, quella che vogliono vedere gli altri e quella che invece soddisfa il proprio ego in maniera violenta?

Il Lui de La Sete è un uomo a un passo dal baratro. Solo, disincantato e con pochissima fiducia nella vita in generale, vive in funzione delle sue pulsioni e passa il suo tempo e cercare di soddisfarle. Non gli interessa molto quello che gli altri pensano di lui, ha perso ogni tipo di empatia con il genere umano. L’unica cosa che lo tiene ancorato al presente è la madre, con cui ha un rapporto tormentato e che si trova in un letto di ospedale, in fin di vita. Sa che, dal momento in cui anche lei non ci sarà più, il filo sottile al quale si sente aggrappato si spezzerà e la sua anima volerà via come  un palloncino che si perde in un cielo immenso. Il suo è un countdown per l’oscurità, sa che lo aspetta dietro l’angolo.

E poi Lei, donna ferita e umiliata, che cerca una rivalsa seguendo erroneamente l’esempio dei suoi aguzzini, come se l’unico modo di sentirsi elevata come donna sia quello di relegare le altre a ruolo di vittime, possibilmente le sue. Quindi ti chiedo, che opinioni hai recepito dal pubblico femminile de La Sete rispetto a questa figura e alla sua esperienza?

Di solito le lettrici donne hanno più empatia con Lei, come era prevedibile. La trovano un personaggio denigrabile, a volte disgustoso, ma con il quale è più facile identificarsi. Forse perché Lei, in quanto padrona delle proprie pulsioni e manipolatrice della sua stessa rabbia, appare come una donna forte, ferma, in grado di gestire anche i sentimenti più oscuri. I suoi sentimenti sono un’arma puntata contro chiunque, il suo bisogno di rivalsa viene manifestato a ogni occasione, dalla più piccola alla più eclatante. Io stesso trovo Lei un personaggio più evoluto, una donna che ha saputo fare tesoro dei drammi che la vita le ha messo di fronte.

Come in tutti i romanzi, credo sempre che gli autori si infilino tra le righe, magari nei panni di un protagonista o di un personaggio secondario, oppure semplicemente entrando, col proprio pensiero, in un dialogo e nel suo contenuto. Insomma, dentro La Sete, dove inizia a dove finisce Giovanni Lucchese?

Non saprei dirti quanto di me c’è in questo romanzo. Probabilmente nulla, o magari tutto. Ovviamente le parole sono mie, il linguaggio è lontano dal mio modo di esprimermi ma al tempo stesso mi appartiene. Credo che, quando si scrive una storia, bisogna identificarsi con ogni personaggio, vivere ogni situazione, per questo alla fine c’è tanto di uno scrittore in ogni suo romanzo. Giovanni Lucchese non è assolutamente un uomo violento, e la rabbia non è uno dei miei sentimenti predominanti. Diciamo che se mi trovassi in certe situazioni, probabilmente, sarei un mix tra i due protagonisti. Tutti noi ci siamo trovati a vivere momenti brevi o lunghi periodi in cui ci sentivamo come se stessimo brancolando nel buio in cerca dell’interruttore della luce. Ecco, forse in quei momenti potrei somigliare un po’ a entrambi, ma per fortuna non è capitato spesso. Sono una persona abbastanza solare che trova sempre il lato ironico in ogni situazione.

Giovanni arriviamo al gran finale, una escalation di situazioni in cui, sull’orlo del baratro, Lui e Lei si salvano. Immagino che tra le varie tue intenzioni ci fosse quella di lasciare al lettore libertà di decidere se, da lì in poi, entrambe sarebbero potute diventare persone diverse, forse migliori.
Ma tu, nella tua visione, quale futuro hai immaginato per i due protagonisti?
Ovviamente se questo implica una Sete 2.0 avvisaci!!!

Ho voluto che, lentamente, il punto di vista del lettore si allontanasse sempre di più da loro. Come se li osservassimo attraverso una telecamera che prende il volo finendo per farceli vedere come due minuscoli puntini persi in un quadro molto grande. Preferisco che sia il lettore a decidere se si salveranno oppure se finiranno per venire inghiottiti da loro stessi. Che poi, salvarsi, cosa vuol dire? Uniformarsi a un senso comune o restare se stessi sempre e a qualsiasi costo? Per la sete 2.0 ne riparliamo tra qualche anno, adesso ho bisogno di leggerezza e di storie più rassicuranti.

Giovanni Lucchese

Alessio Balzaretti 

 

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