Intervista a Loriano Macchiavelli




A tu per tu con l’autore


 

Signor Macchiavelli la ringrazio anche a nome di ThrillerNord per aver accettato di rispondere a qualche domanda su “La stagione del pipistrello” e sulla sua straordinaria produzione narrativa.

È vero che “La stagione del pipistrello” segna l’uscita di scena di Sarti Antonio o è possibile che ci sia qualche nuovo romanzo, magari già scritto?

Dal giorno nel quale ho ucciso Sarti Antonio, anni e anni or sono, per poi pentirmi e riprenderlo vergognandomi per averlo fatto, da quel giorno non ho più dichiarato la fine del mio personaggio. Ho invece dichiarato che scrivere noir oggi è inutile, anzi, dannoso. Cioè, non scriverò più romanzi noir. Almeno fino a quando non avrò trovato una via per tornare a un noir minimamente destabilizzante. La stagione del pipistrello (Mondadori), appena uscito, e la ristampa di Funerale dopo Ustica (SEM, a giorni in libreria) sono due tentativi in questo senso.

Sarti Antonio indaga spesso con l’ausilio di Rosas, il talpone extraparlamentare di sinistra, che gli decifra la realtà sociale come, nei romanzi di Petros Markaris, il commissario Charitos chiede aiuto al comunista Lambros Zizis che conobbe durante la dittatura mentre stavano su due campi molto diversi. É un caso oppure una scelta deliberata per mettere in risalto la necessità di uno sguardo più ampio e più articolato?

Prima di tutto una necessaria precisazione: non è Sarti Antonio, sergente, che si comporta come il commissario Charitos. È il commissario Charitos che si comporta come Sarti Antonio. Questo è il minimo. Almeno stando all’anagrafe dei due personaggi, Sarti 1974, Charitos 1995. Se sia stato un caso o no, dovreste chiederlo a Markaris. Per quanto mi riguarda, i miei due personaggi, Sarti e Rosas, sono nati quando era indispensabile avere sott’occhio le due realtà, quella ufficiale che veniva diffusa dai mezzi d’informazione e quella nascosta alla popolazione ignara (e ignorante) per capire qualcosa del mondo di allora. I due son cresciuti assieme, romanzo dopo romanzo, e sono diventati uno il complemento dell’altro.

Secondo lei esiste il noir mediterraneo oppure è solo un’etichetta?

Ho la sensazione che le distinzioni in sottogeneri di una letteratura che è già di suo un genere, siano invenzioni di chi vuole a tutti i costi distinguersi per un’idea geniale da lasciare ai posteri.

Ne “La stagione del pipistrello” ci sono varie citazioni da tanti romanzi con Sarti Antonio, dal primo “Le piste dell’attentato”, a “I sotterranei di Bologna” per citarne due. É un omaggio alla carriera del questurino bolognese?

Penso che un personaggio seriale debba, di tanto in tanto, ricordare al lettore da dove viene e come è arrivato fino a dov’è arrivato. È un modo per dire al lettore,”Ti ricordi quella storia? C’eri anche tu”.

Prima di affrontare “La stagione del pipistrello” ho riletto con molto interesse “Le piste dell’attentato”, il primo con Sarti Antonio pubblicato nel 1974, un noir veramente coraggioso per quel periodo. Ha avuto problemi di natura politica?

E come se ne ho avuti. Prima di tutto dai compagni di strada della sinistra (della quale non ho mai avuto una situazione ufficiale e regolare) che mi accusavano di gettare fango sulla città più democratica del mondo. Ricordo che eravamo nel 1974 e ricordo pure che Bologna era un’isola felice. Lo era stata, per la verità, ma l’illusione dell’isola felice andava annebbiandosi. I politici non l’hanno percepito (o hanno finto di non percepirlo), ma soprattutto non hanno fatto nulla per evitarlo, continuando a crogiolarsi nell’illusione. O insultare chi aveva l’occhio più avanti. Era normale che Bologna stesse diventando come le altre città italiana. Le isole felici esistono solo nei sogni. Nella realtà esistono le isole dei famosi, ma sono un’altra cosa. Bastava sollevare il coperchio per vedere che, sotto, tutto bolliva a Bologna e prima o poi… È arrivato il prima.

A Sarti Antonio manca quel tot che fa di un uomo qualunque un investigatore da film”, scrive ne “La stagione del pipistrello” ma qual è il suo investigatore preferito?

Sarti Antonio, sergente.

C’è un personaggio, tra i tanti che popolano i suoi libri, in cui ha infuso delle note autobiografiche?

Assolutamente no. Io sono io, i personaggi dei miei romanzi sono personaggi dei miei romanzi.

Com’è nato il personaggio del maresciallo Santovito, protagonista della serie scritta con Francesco Guccini, il cui primo romanzo “Macaronì” rievoca la strage di Aigues-Mortes, un fatto tragico quasi sconosciuto agli italiani?

Direi che la scelta è stata obbligata. Nel 1939, anno nel quale è ambientato il primo romanzo con protagonista Benedetto Santovito (Macaronì), in un paesino di montagna poteva esserci solo una caserma di carabinieri preposta al mantenimento dell’ordine. E di conseguenza un maresciallo.

Un altro dato interessante è che i fatti drammatici di Aigues-Mortes non li avevano dimenticati solo in Italia, cosa inaudita per chi li ha subiti, ma li avevano dimenticati anche in Francia, dove erano avvenuti. Dopo l’uscita del romanzo in Francia ci sono stati articoli su quotidiani francesi e recuperi di memoria qua e là. La cancellazione del ricordo, specie su fatti che prima si dimenticano meglio è per tutti, fa parte di un progetto che prevede, oltre alla cancellazione della memoria, anche la cancellazione della storia.

Qual è la funzione del noir nella letteratura contemporanea? É quella indicata da Derek Raymond, “La funzione del noir è quella di impedire alle persone di dimenticare l’orrore che regna”?

Per quello che conta il mio parere, vorrei che fosse così. Vorrei che la funzione del noir fosse “quella di impedire alle persone di dimenticare l’orrore che regna” e che regnerà. Purtroppo nel corso degli anni e con il passare dei romanzi, la funzione del noir pare sia quella di consolare i lettori delusi dalla loro esistenza. E questo non torna con la mia vita, con i miei ideali e con la mia cultura, per poca che sia.

Loriano Macchiavelli

Rinnovo i ringraziamenti e mi complimento per questo nuovo libro che ho letto con molto piacere ma anche altrettanta ansia.

Salvatore Argiolas 

 

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