Intervista a Manlio Castagna




A tu per tu con l’autore


La reincarnazione delle sorelle Klun è un romanzo dalla trama complessa. Qual è stata l’ispirazione che ha portato all’idea?

Tutto nasce dall’ascolto di un podcast, il mio preferito: Direful Tales. In quella puntata l’autrice parlava di un caso di reincarnazione avvenuto nell’Inghilterra degli anni ‘50 che non ha mai avuto una chiara risposta. Mi si sono accesi i campanelli dell’attenzione. Ho scavato in quella storia e da lì sono partito, per un tipo di viaggio che ha una traiettoria verticale. È stata una discesa progressiva, e in alcuni momenti faticosa, nei recessi e nelle pieghe dei sentimenti umani più estremi. Su tutti: l’amore.

Mentre leggevo il romanzo, immaginavo te che montavi le storie il cui intreccio lo costituisce come un bambino fa con i mattoncini Lego, come se avessi scritto ogni storia autonomamente e poi le avessi unite e amalgamate. Puoi spiegarci come hai lavorato durante la stesura? La mia idea è che dietro ci sia una scaletta dettagliatissima.

Hai detto benissimo. Non ho scritto una parola prima di aver completato il mio personale foglio di istruzioni, vale a dire: la mia scaletta. Tutto in digitale, in un enorme cartellone virtuale fatto di post-it, fili colorati, nodi. E ancora prima di questo mesi e mesi di preparazione e ricerche. Però non ho costruito le tre storie separatamente, ma seguendo un ordine cronologico che solo dopo ho rimescolato, intrecciando le tre diverse linee narrative, secondo un procedimento puramente cinematografico.

Nella costruzione delle scene vedo chiaramente l’impronta dello sceneggiatore. In che modo la tua formazione influisce sul tuo modo di scrivere? Risulta sempre un vantaggio o a volte ti ostacola?

Ecco che senza volerlo ho anticipato la domanda. Nessuno può liberarsi dalla propria “forma” che la vita e le esperienze (anche lavorative) hanno forgiato per noi. Il mio imprinting cinematografico non lo considero né un vantaggio né un ostacolo. È il mio dna. Come chiedere a un uccello se le ali sono un’opportunità o un problema. Io scrivo così perché questo è il tipo di letteratura che prediligo, anche da lettore.

Il thriller che lambisce il territorio dell’horror è di certo nelle tue corde; ho letto anche Le belve, scritto a quattro mani con Guido Sgardoli, e questo rafforza la mia opinione. Chi sono i tuoi riferimenti letterari di genere?

Sarebbe banale dire King e sarebbe anche ingiusto. Non è al Maestro del Brivido che guardo. Lui ha una sua voce inconfondibile che amo ascoltare, ma a cui non provo ad accostarmi come autore. E se devo essere onesto non ho un riferimento preciso: mi piace Gaiman, mi piace Murakami, mi piace Ian Reid e molta letteratura horror contemporanea che in italia nemmeno viene pubblicata.  in qualche modo sono certo che questi autori mi influenzano, ma io sono un lettore vorace e onnivoro, quindi non escludo che ci siano molti altri e altre che mi sussurrano all’orecchio senza che io ne sia consapevole.

La reincarnazione delle sorelle Klun si spinge nel campo dell’esoterismo e i rimandi che fai alla Bibbia, alla Cabala ebraica, ai Vangeli sono costanti. Non sono delle citazioni messe lì per fare sfoggio di cultura, sono funzionali alla trama. Mi piacerebbe sapere che tipo di studio hai intrapreso prima di metterti seduto a scrivere, quanto tempo ti ha impegnato e se hai avuto bisogno di supporto da parte di professionisti in materia.

Ho letto la Bibbia e i vangeli apocrifi fino a tatuarmi negli occhi i passaggi più belli. Poi la qabbala ebraica, i testi esoterici più importanti, tutto ciò che ho potuto trovare sui Rosacroce, saggi sulle sette. Non ho parlato con nessuno, tranne con una ex professoressa di Latino, la signora Bice che è la mia consulente speciale in lingue morte. Posso dire comunque che scrivere questo libro mi ha arricchito come nessun’altra avventura che ho vissuto nei miei oltre 4 decenni di vita. È stato come studiare in solitaria un intero corso di laurea in esoterismo, psicologia e spiritualismo applicato.

Su quali sentimenti si punta per far paura al lettore? Te lo chiedo perché le scene che mi hanno colpita di più non hanno niente a che vedere con il buio o altri elementi tipicamente disturbanti. Mi ha turbata molto la tua rappresentazione della fragilità della psiche umana.

Sono felicissimo che pensi questo. Adoro questo tuo punto di vista perché è esattamente il mio concetto di orrore, legato al perturbante freudiano inteso come il non-familiare che improvvisamente si manifesta nelle nostre vite, laddove la psiche umana mostra le sue falle come macchina pensante. E razionale.

Queste due domande sono arrivate per somma coincidenza (ma come direbbe uno dei protagonisti – Attila Mesmeri Tribolati – le coincidenze sono tali solo per chi è troppo miopie per vedere altro) mentre sto scrivendo un nuovo romanzo e la protagonista sta rispondendo a questa domanda: “Che cos’è l’orrore”.

Neanche io credo alle coincidenze, è proprio un bell’Incastro! 

Grazie per il tempo che ci hai dedicato.

Claudia Cocuzza

ThrillerNord

Grazie a voi!

Manlio

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