Intervista a Margherita Gobbi




A tu per tu con l’autore


 

Buongiorno Margherita, noi ci conosciamo di persona quindi mi permetto di darti del tu, anche se sei una Dirigente Scolastica e il lei sarebbe d’obbligo. La mia prima curiosità è proprio questa: come riesci a conciliare il lavoro, gli impegni familiari e la scrittura?

In realtà, per ora, ho conciliato tutto quanto grazie alla nascita della mia terzogenita, avvenuta a marzo 2020. Ho lavorato fino all’ultimo giorno prima della sua nascita e questo mi ha permesso di godere di 5 mesi di astensione obbligatoria, nei quali mi sono dedicata alla stesura definitiva del mio romanzo d’esordio, “La spirale delle vite perdute”. Per il futuro, mi sto organizzando diversamente☺

La spirale delle vite perdute” è un giallo psicologico complesso, che presenta scene efferate. Per come ti conosco sei una persona dolce e simpatica, la cattiveria non ti appartiene. Come hai potuto concretizzare a parole tanta sofferenza e crudeltà nel tuo libro?

Innanzitutto, è giusto comprendere perché ho scelto di cimentarmi come prima opera in un giallo. Questa scelta è stata dettata da una mia esigenza, quella di distaccarmi dagli aspetti troppo autobiografici ed intimistici della mia vita. Sono riuscita a concretizzare a parole ciò che vedo attorno a me sia per esperienza diretta, sia per studi e documentazioni. A volte descrivo episodi che non sono inquietanti in sé, ma lo diventano nel contesto in cui sono inseriti. Un animale che viene ucciso o che viene ritrovato morto, non sempre provoca inquietudine, ma se la sua uccisione avviene in una maniera precisa, se chi osserva quella uccisione è costretto a guardarla senza avere gli strumenti per saperla affrontare, allora si crea l’orrore, il raccapriccio. Allo stesso tempo i pensieri che esprimono alcuni personaggi del romanzo, potrebbero non essere associati subito alla malattia mentale o ad un vissuto infantile terribile, ma attraverso l’indagine dell’animo umano e dei suoi risvolti, cerco di portare il lettore ad immedesimarsi con ciò che hanno patito alcuni di loro. E da lì, dall’infanzia negata, che molto spesso scaturisce il male e questa malvagità travolge la vita di molti in una spirale senza fine. Ecco il motivo del titolo “La spirale delle vite perdute”.

Il romanzo si svolge in due diverse ambientazioni: la Valle d’Aosta e la pianura padana. Cosa ti ha spinto a scegliere questi luoghi?

Ho scelto la pianura padana e la Valle d’Aosta perché sono tra i miei luoghi del cuore. L’ambientazione per me è un aspetto molto importante che va di pari passo con la trama e l’intreccio della storia. Mi piace immaginare il lettore che possa immergersi nei luoghi che descrivo e vivere le stesse emozioni, le paure, le angosce dei personaggi inseriti in quel luogo. Per la scrittura del romanzo ho usato il computer, mentre per la descrizione dei luoghi, ho scritto tutto a mano, in un quadernino che tengo sempre con me, anzi più quadernini, perché scrivo parecchio e perché sono disordinata e a volte ne perdo uno e ne ritrovo un altro.

I protagonisti del libro hanno un carattere sfaccettato e multidimensionale. Per non svelare troppo, mi riferisco solo a due di loro: il commissario capo Sebastian Grange e la psicologa Florence Cretaz. Vuoi dirci qualcosa dei tuoi protagonisti?

Sebastian Grange è un detective appassionato al suo lavoro e alla sua terra, la valle d’Aosta e apparentemente inscalfibile e pienamente sicuro di sé. In realtà è stato minato negli affetti più cari per cui riversa sul lavoro la sua volontà di rivalsa per lui e per le persone coinvolte. Sotto la corazza che mostra sul lavoro, si nasconde un uomo sentimentale e romantico. 

Florance Cretaz, è una delle migliori psicologhe della Valle. Per creare questo personaggio mi sono ispirata ad una persona che conosco realmente e alle tante donne che ho conosciuto in questi anni con tutte le loro infinite sfumature. Nel libro Florence Cretaz soffre, si abbatte, cade ma non si arrende. E decide, nonostante le grandissime difficoltà che ha dovuto e dovrà affrontare, di andare avanti per sé stessa e per le altre donne in pericolo. In lei sono presenti caratteristiche comuni a tante donne: la capacità di non abbattersi di fronte ai problemi e la determinazione nell’affrontare e superare anche prove e disgrazie immani. Questo, però, fa da contraltare ad un altro aspetto, spesso nascosto, di molte donne. L’enorme bisogno di dare e ricevere affetto.  Devo dire che nella costruzione dei personaggi mi sono molto divertita e appassionata. Ho fatto in modo di averli sempre al mio fianco, per tutta la stesura del libro, di parlare e condividere pensieri con loro, in modo tale che diventassero man mano sempre più tridimensionali. La mia editor, Raffaella Catalano, una professionista con grandissima esperienza, inizialmente mi aveva consigliato di cambiare il cognome del commissario capo Sebastian Grange, perché seppure Valdostano Doc, poteva fare sorgere dubbi nel lettore, in quanto ha un cognome che può essere accostato anche all’ambiente  anglofono. Dopo pochissimi giorni, in cui si è addentrata maggiormente nella lettura, mi ha detto di non cambiare assolutamente il suo nome perché ormai anche lei lo sentiva profondamente suo. Questo aspetto mi ha fatto veramente piacere e spero che accada anche a tutti i lettori.

Da scrittrice e lettrice onnivora, ho apprezzato molto il fatto che la storia si sviluppi su diversi piani temporali. Questo fa sì che il lettore non si annoi fino all’ultima pagina, perché si chiede in che modo le narrazioni, che all’inizio sembrano slegate, riusciranno a congiungersi in un finale comune. Come e perché hai scelto questa struttura?

Ho scelto questa struttura proprio per rendere la suspense vibrante. Volevo che il mistero avvolgesse il caso in modo da appare sempre più intricato e mostrare dei risvolti sorprendenti. Anche le pause hanno un peso e si scorge il groviglio che intreccia le vite di ogni personaggio. Le vicende che narro seguono un ritmo incalzante, balzano nel tempo con dei flashback, tra i primi anni ’70 e l’estate calda del 2003, che arricchiscono la trama e definiscono i personaggi con le loro storie personali, anche inquietanti, e li rendono tridimensionali. Sono partita da un’idea e da un ricordo letto sui giornali diversi anni fa. Mi sono documentata per comprendere quali potevano essere i tasselli relativi alla trama gialla che avrei potuto inserire e poi ho iniziato a delineare i personaggi e le storie che li riguardavano. Avevo bene in mente dove sarei voluta arrivare e gli intrecci tra di loro hanno rappresentato la parte più divertente.

In conclusione, puoi rivelarci qualcosa sui tuoi futuri progetti di scrittura?

Questo esordio è entusiasmante e mi sta dando tante soddisfazioni. Per il momento mi sto dedicando alla promozione di questo romanzo. Vorrei portarlo in tutta le maggiori città d’ Italia e sono certa che grazie al mio Editore, Mario Ianieri ciò sarà possibile. Per il futuro vedremo. Certamente definirò i progetti assieme all’editore, ma io sono un vulcano e non so quanto riuscirà a tenermi a freno☺.

I lettori mi stanno chiedendo il seguito e sto già pensando al secondo romanzo.

Margherita Gobbi

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