Intervista a Mauro Sala




A tu per tu con l’autore


 

Salve Mauro e benvenuto in thrillernord. Ho apprezzato davvero molto Dolorem Ipsum, non solo per la trama che mi ha quasi costretto a leggere fino a notte fonda, ma anche per la profondità dei personaggi, le loro descrizioni e le scelte che fanno. T.W. si definisce un ladro di anime. Va in giro ad osservare le persone per cercare di scoprire le loro storie e questo scatena la sua immaginazione e lo aiuta a scrivere. Tu da cosa prendi spunto principalmente? E come è nata l’idea di questo romanzo?



Ciao Sara! Prima di tutto grazie per aver letto Dolorem Ipsum e per aver deciso di dedicarmi un’intervista. Ne sono onorato.
Per risponderti: prendo spunto dall’emozione, scrivo quando mi permea a tal punto da doverla trasformare in qualcos’altro, quindi capirai che i motivi sono molteplici nella vita e spesso casuali. Ca va sans dire… per questo romanzo prima sono nate le emozioni a cui sono seguite riflessioni su carta, infine i personaggi e la trama di Dolorem Ipsum che sono un piccolo sforzo di fantasia (ne ho parecchia) per incastrare il Sentire in una maniera che (spero) intrattenga piacevolmente.

Non si può fare a meno di notare, anche quando non è scritto esplicitamente, un grande amore per la musica. La musica accompagna spesso situazioni e pensieri. È molto presente all’interno del tuo romanzo, quasi fosse un’altra protagonista. Che rapporto hai con essa?

Questa è semplice: ne ho bisogno! Non passa giorno in cui non ascolto musica, non concepisco la vita senza colonna sonora, perché privarla a un libro? I suoni sono una forma di comunicazione, le parole sono suoni: se anatomicamente l’essere umano non avesse potuto parlare, sono convinto che per dialogare avrebbe costruito e imparato a suonare qualche strumento.

Anche la letteratura è molto presente. Più volte è citato Proust, ad esempio. Quali sono gli autori a cui sei più legato?

In fatto di musica ho un gruppo a cui sono legato in maniera viscerale, come lettore invece no, è più una questione di forma nel complesso: buona scrittura e narrazione che deve avvincermi. Se la storia che mi ha intrattenuto la posso poi dimenticare, l’autore deve necessariamente lasciarmi messaggi sotto forma di riflessioni, metafore, dialoghi: faranno parte di un tesoro che accumulo. Questo mi permette di viaggiare tra i libri senza mete prefissate: visitare Vargas, Conelly, Christie, Kepler, Carrisi, Deaver, Bussi, Faletti per citare alcune delle mie gite nel giallo, ma niente mi ha impedito di virare verso il fantastico o all’adolescenziale di Harry Potter, ritornare e divertirmi con una ventata fresca di Alice Basso, prendermi una sosta in mezzo al mare e apprezzare Le notti bianche e leggere Montale. Poi prendere il treno e ascoltare le classifiche del bestseller di Hornby, stupirmi per l’originalità di Rhinehart o Turton, cercare (scioccamente) di osservare e comprendere l’atto poetico di Quasimodo o le non-rime della Yourcenar. Oppure tentare di comporre l’immensità del puzzle di anime dipinte in Anna Karenina. Così come nulla mi ha impedito di incamminarmi insieme a Proust, cambiare sentiero e farmi riprendere per mano ogni tanto, seppur con la certezza che alla meta non arriveremo mai.
Ti ho appena descritto un pezzo del mio tour, a caso, di getto, senza esprimere preferenze. Qualcuno se non sbaglio ha stilato il decalogo dei diritti del lettore, per me vale solo un concetto: leggere cosa mi pare sul momento, in due giorni o in un mese, ed essere libero di abbandonare un libro per un po’ di tempo, o per sempre.

L’importanza e la bellezza di donare. Donare felicità, donare spazio, donare tempo. Lo fanno i protagonisti con i ragazzi di Villa Tevel. Ritagliano ore delle loro giornate da dedicare alla formazione dei ragazzi in base alle loro competenze. Oltre che funzionale alla trama del romanzo, è indubbiamente una cosa molto nobile ed è anche un argomento che mi sta molto a cuore. Hai esperienza diretta in questo campo? 



Ammiro profondamente chi dedica il proprio tempo per fare volontariato, perché io di tempo non ne ho mai a sufficienza e perché nelle comunità di persone meglio organizzate che io abbia osservato il volontariato è praticato da quasi tutti. Il volontariato però è una cosa seria, non un passatempo. Quindi sì, ogni tanto, quando sono sicuro di potermi dedicare al 100% all’impegno da prendere, mi presto per qualche iniziativa in paese, tipo aiutare chi ha difficoltà con la tecnologia, tenere qualche corso gratuito a riguardo o fare qualche lezione nelle scuole sulla sicurezza in rete o su argomenti che professionalmente conosco, ma è veramente poca cosa.

Senza dire niente che anticipi lo svolgimento dei fatti a chi avrà il piacere di leggere il libro… a quale dei tuoi personaggi sei più affezionato?



T.W., Lily, i componenti della squadra di Polizia, i buoni e i cattivi: sono affezionato praticamente a tutti i personaggi perché in ognuno ho instillato qualcosa che ritengo importante, di me o delle persone che ho conosciuto. Si “scrive bene” di ciò che si sa, che si conosce, che si ama o che si detesta.
“Because I like to Practice what I Preach, dice una canzone che ci piace parecchio” (semicit.) e può essere considerato uno stile di vita. Lo è sicuramente per Alexander Davinci, anche se non è sempre facile da realizzare. Lo è anche per Mauro Sala? 

Che amo i Depeche Mode si capisce?
Quella citazione nasconde un gesto implicito: osservare i difetti degli altri per ritrovarli in sé stessi. E allora certo, lo è anche per Mauro Sala! Intendo che “non è sempre facile da realizzare”, quindi predico il meno possibile, per coerenza 🙂

Avrei tante altre cose da chiedere. Una su tutte, forse quella che accende di più la mia curiosità e per la quale vorrei una risposta positiva, è: hai già qualche altro progetto in cantiere? 



Ho sempre progetti in cantiere per interessi disparati, perché non so stare fermo. Ne vorrei fare troppe a dire il vero. Limitandomi alla scrittura: sono anni che mi ci dedico, prima di Dolorem Ipsum ho scritto una trilogia fantasy di cui vorrei salvare il salvabile e trasformarlo in qualcosa di diverso. In testa e su un taccuino ho già decine di personaggi con le mie riflessioni in bocca, e almeno una ventina di storie, alcune già impostate, altre solo da sviluppare. Solo che non è il momento, sia perché la spinta emozionale di cui dicevo all’inizio non è adeguata, sia perché scrivere è pur sempre spedire un messaggio che a qualcuno deve arrivare. Il pubblico, anche se la questione è per ovvie ragioni correlata, non è chi acquista ma chi riceve volentieri il pensiero inviato. Penso tu possa immaginare quanti anni di lavoro ci vogliano per produrre un libro adeguatamente curato, e quanto sia difficile far sapere che esisti come autore, specie se sei uno sconosciuto senza sponsor.
 Se Dolorem Ipsum, con il leggendario passaparola fra lettori, saprà creare un pubblico che attende il mio messaggio, allora saprò di avere destinatari a cui rivolgermi e sarebbe un incentivo enorme, meraviglioso.
Grazie
Grazie ancora per l’ospitalità. È stato un vero piacere!
Mauro

A cura di Sara Pisaneschi

 

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