Intervista a Michela Bellini




A tu per tu con l’autore


 

Ho letto il tuo libro con voracità e credimi, sono rimasta risucchiata dal dolore che fuoriesce da ogni tua pagina ma, allo stesso modo mi sono sentita pervadere da una rabbia crescente nei confronti dell’immobilità.

Grazie!

Nel tuo romanzo di carne al fuoco ce n’è veramente tanta e ciò che lascia veramente un senso di vuoto, è il fatto che tutto ciò di cui tu racconti, potrebbe avvenire nello stesso identico modo o, in modo anche peggiore. Questo perché, le persone non sono macchine e, basta una scintilla perché la loro testa possa esplodere per poi iniziare a vedere tutto in modo distorto, come non ci fosse un’alternativa. In questo caso mi riferisco sia a Veronica che a Dario, entrambi, in un momento della loro vita inciampati in un qualcosa di cui non avevano colpa, ma che li ha resi, in qualche modo, sebbene in gradi diversi, “artefici” del loro destino. Quando hai iniziato a pensare ad una storia del genere?

È cominciato tutto col personaggio principale, quella che poi ho chiamato Veronica. Ho cominciato a     scrivere ed è apparsa lei, la storia vera e propria ha preso forma man mano e solo dopo parecchio tempo sono riuscita a darle una forma coerente.

Il personaggio di Veronica risulta da subito molto interessante: indipendente, di successo, molti conoscenti, pochissimi amici intimi, una vita tutto sommato senza alcun pensiero. In pratica una donna che si è costruita da sé sulle ceneri di un’infanzia povera, affrontata in un piccolo paese dove per sopravvivere era necessario tirare fuori da subito un carattere di ferro e lo scudo per difendersi e non soccombere e che, per darsi una possibilità, ha preso decisioni rischiose, drastiche se vogliamo e con grande determinazione e molto lavoro, è riuscita nell’impresa di reinventare sé stessa. Nel costruire un personaggio così complesso come questo, hai attinto dalla realtà nella quale ti destreggi tutti i giorni? Hai incontrato una Veronica nella tua vita? Gli hai dato anche un pizzico di Michela e se sì, se posso, quali aspetti del tuo carattere si sono fusi con lei?

Veronica viene da un quartiere difficile di una piccola città, che nel romanzo non è specificata, ma nel prequel “Una storia che non fa notizia”, pubblicato nell’antologia “Odio e amore in noir” – F.lli Frilli Editori, è Brescia. E qui c’è tutta la mia milanesità perché, pur essendo la seconda città della Lombardia, Brescia conta solo 200.000 abitanti, che rispetto a Milano è niente. Il personaggio, come spesso accade, è un mix di varie donne che ho incontrato nella vita o di cui ho sentito parlare. Non so dire cosa ci sia di mio in lei, anche se qualcosa, fatalmente, ci sarà, come del resto anche in altri personaggi.

Nemmeno con Dario ci sei andata leggera. È un fotografo, nemmeno tanto scarso che ambisce ad arrivare molto in alto, oltre ad essere un bell’uomo pieno di donne che lo inseguono ma, dietro la porta di casa c’è il suo passato che si è imposto anche come un presente importante da un lato, ma ingombrante dall’altro. Una sorella che ha sfiorato l’ambizione di una vita scintillante per poi, cadere sempre più giù nell’autodistruzione fatta di droghe, prostituzione e alcool e ha toccato un limite, talmente alto che ormai non è solo l’ombra di sé stessa ma, una vera larva di cui quest’uomo deve occuparsi da solo. Quando è avvenuto l’incontro fra te e Dario? A che punto del tuo progetto ha bussato alla tua porta? 

Dario è arrivato insieme a Wanda quando ho cominciato a pensare a quali potevano essere le cause delle aggressioni e il profilo dell’uomo o della donna che le metteva in atto. È un uomo combattuto, che ha dei problemi e delle grosse ambiguità, né completamente cattivo né buono. 

I temi del romanzo hanno lo stesso effetto di una bomba: dipendenza fisica e psicologica, abuso di droghe, violenza di ogni genere, isolamento e chi più ne ha più ne metta. Perché una scelta così forte?

Come dicevo prima, la storia è venuta abbastanza da sé e quindi non si può parlare proprio di scelta. Ho la testa piena di storie e poesie che aspettano di essere scritte per prendere forma. Per quanto riguarda i temi del romanzo, il tema della violenza sulle donne e dei disagi sociali sono temi di cui mi sono sempre interessata molto, inoltre sono molto attratta dall’indagare il lato oscuro che è in ognuno di noi.

Veronica, ad un certo punto della storia afferma: “…a volte bisogna fingere anche con sé stessi, è un po’ complicato ma funziona…”. Michela Bellini donna, non solo autrice, concorda in pieno con il suo personaggio o, dal canto suo, ha una visione diversa, più ampia, più netta, schietta e diretta nell’affrontare certi problemi?

Si tratta di una finzione temporanea, che a volte è utile quando ci si trova in condizioni di debolezza e fragilità per darsi il tempo di recuperare le forze. È solo un rimandare, sapendo che poi la situazione andrà affrontata. Lo facciamo un po’ tutti, se ci pensi. Dimostra che Veronica ha coscienza dei propri limiti ed è più profonda e sfaccettata di quel che sembra.

Sempre Veronica esordisce così ad un certo punto: “Mi sono trovata di nuovo a dovermi giustificare e alla fine gli ho praticamente chiesto scusa.”. Queste sono parole che fanno male, perché lasciano intendere che il livello dell’escalation di violenza psicologica e fisica, nella coppia, ha già superato un limite oltre il quale ci si può veramente aspettare di tutto. Per la stesura del tuo romanzo e per le tue ricerche, ti sei basata solo su documentazioni o hai anche avuto modo di incontrare persone che si occupano di dare una mano alle vittime di violenza? Se sì, a che punto siamo in Italia a livello giuridico e di tutela, sulla base delle leggi introdotte proprio per tutte quelle persone (in prevalenza donne) che cadono costantemente vittime di abusi, spesso addirittura fra le mura domestiche, che dovrebbero proteggere ma che in realtà nascondono le cose peggiori?

Questo atteggiamento è un classico delle donne che vivono un rapporto con un uomo abusante e manipolatore e del condizionamento psicologico che si crea. Come dicevo sopra, mi interesso da sempre di questi temi e ho letto molti libri, sia di testimonianze che di psicologia, oltre a romanzi che trattavano l’argomento.  Per quanto riguarda l’Italia, direi che la situazione è sotto gli occhi di tutti dato il numero di femminicidi e il discorso sarebbe lungo, ma si può sintetizzare nel dire che finché non cambierà la mentalità arretrata e patriarcale che ancora permea la nostra società, questi problemi continueranno a ripresentarsi.

Nel cassetto virtuale del tuo computer, ci sono già altre idee o manoscritti che aspettano di essere spolverati e pubblicati? Prevedi di continuare con la stesura di romanzi autoconclusivi o, fra gli eventuali altri progetti futuri, c’è pure l’idea di un personaggio seriale?

Sto continuando a scrivere poesie, che finora era la mia attività principale e sto ultimando un altro romanzo giallo, sempre del genere psicologico, che non è seriale, ma ha dei collegamenti col precedente. Per ora non posso dire di più.

Quando non scrive, Michela Bellini cosa ama leggere? E poi, siamo a Thrillernord e oramai anche tu fai parte della famiglia, per cui ti chiedo senza timidezza alcuna: c’è anche qualche autore nordico fra le tue preferenze?

Io leggo prevalentemente narrativa, che mi appassiona tantissimo e poesia. Sono tanti gli scrittori che ho amato e molti sono di altri Paesi. Mi piace scoprire altri mondi attraverso i romanzi.

Ne cito solo un paio: Margaret Atwood e Raymond Carver.

Tra i nordici, mi piacciono alcuni autori svedesi: giallisti come Stieg Larsson, Camilla Lackberg e Asa Larsson, ma anche uno scrittore come Henning Mankell (sempre svedese) che mi ha conquistato col ritmo freddo e lento del suo “Nel cuore profondo”.

Ho ancora una curiosità, prima di concludere. Prometto che sarà l’ultima. Tu hai scritto un romanzo, e da un po’ collabori con noi scrivendo recensioni ai libri altrui. Qual è la più grande differenza fra queste due attività? 

In realtà ho appena cominciato a collaborare con voi, ma non sono nuova alla critica e alle recensioni. Sono due attività completamente diverse: scrivere è un’attività creativa, mentre recensire è analizzare e cercare di comprendere un testo anche dal punto di vista tecnico.

A nome mio e di tutta la famiglia Thrillernord ti ringrazio per la tua disponibilità.

Loredana Cescutti

Grazie a voi per l’opportunità e la simpatia.

Michela Bellini

 

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