Intervista a Natan Marchetti




A tu per tu con l’autore


 

Fellini uomo, Fellini commissario di polizia, Fellini marito, Fellini padre, Fellini che assomiglia a Che Guevara, Fellini latin lover. È sicuramente un personaggio poliedrico, un funambolo, un acrobata della vita. Come ti è venuto in mente di creare una figura del genere, per altro fortuna per noi che tu l’abbia fatto, che riesce, più o meno, a barcamenarsi fra tutte queste sue personalità? Fellini è opera di una folgorazione o è il frutto di un’idea maturata nel tempo?

È entusiasmante che tu e gli altri lettori consideriate una fortuna la sua esistenza! Grazie! Giustamente, cara Loredana, rilevi: “Fellini uomo” prima che“commissario di polizia”. Ogni essere umano è un “acrobata della vita”. Ci barcameniamo in un gorgo di relazioni, di emozioni, di scelte, di fraintendimenti. Cerchiamo di portare dignitosamente a termine le giornate e di credere nel domani.Così pure fa il commissario Fellini. Enzo Fellini è uno di noi. La genesi dei miei personaggi avviene per graduale emersione dall’inconscio. Ho una teoria: i romanzi esistono già, dalla prima all’ultima parola, nella parte più profonda del sé. Si tratta semplicemente di lasciarli venire a galla.

Ogni autore, quando crea un personaggio gli dona qualcosa di sé, che permetta a quest’ultimo di risultare più reale, più umano e maggiormente credibile. Cos’hai dato a Fellini di te e cosa vorresti avere invece tu di lui?

Fellini presenta una serie di caratteristiche che rilevo in Enzo Marchetti, mio padre. Oltre che dal nome, i due sono accomunati da una certa somiglianza con Che Guevara. E da un modo di comportarsi talora bizzarro. Che ho ereditato. Quando mio papà era giovane assomigliava notevolmente al Che. Da ragazzo potei appendere in salotto una foto del celebre rivoluzionario entro una cornice dorata. I parenti in visita scambiavano Che Guevara per Enzo Marchetti. Cosa vorrei io da Fellini? I piatti che gli cucina Dora Patruno, sua moglie, originaria di Napoli.

Parliamo della location indubbiamente inimitabile. Venezia con i suoi canali, con la sua storia, con la sua magia onnipresente, i vicoli, le calli, i ponticelli, le gondole e quell’atmosfera che solo lì si respira e si può trovare. Al di là della magia però, va anche ricordato come in certe situazioni diventi faticoso muoversi, tutto appare più difficile, vedi appunto nell’ultimo caso affrontato da Fellini, in piena acqua alta. Perché hai scelto proprio Venezia?

La Serenissima Repubblica scomparve come entità politica il 12 maggio 1797 dopo circa mille anni di glorie e due secoli di decadenza. Da allora, il Leone di San Marco vive nel cuore di ogni donna e di ogni uomo del Veneto. Per l’appunto, io nacqui in Veneto, ad Adria. C’è un Leone Alato che volteggia dentro di me. Il nostro rapporto non è affatto lineare: a volte ci amiamo, a volte litighiamo pesantemente. Poi facciamo pace. E così via, anno dopo anno. Il punto di partenza della mia produzione giallo-noir non poteva che essere Venezia. Non la città-cartolina bensì la realtà concreta. L’impareggiabile bellezza, i labirinti fatti di calli, ponti e canali, il peculiare linguaggio, la mentalitàmisteriosa, la laboriosità e la passione per gli spritz dei suoiabitanti. E l’acqua alta, ovviamente.

Nonostante l’apparente leggerezza regalata dalla vita privata (neanche tanto tale) di Fellini, in merito al caso, il tema di fondo da cui avranno origine la storia e l’omicidio non è poi così leggero, anzi, perché si parla di figli a metà, frutto di rapporti rubati che finiranno per segnare a vita il frutto che ne avrà origine. Purtroppo, sono cose di cui si sente ancora parlare e che da mamma, spaventano anche me avendo un bambino che ancora, in fiducia, affido a persone che dovrebbero aiutarlo a crescere, ma i timori ci sono. Quando è arrivata l’idea per questa storia?

“Requiem Veneziano” si apre con il ritrovamento di un cadavere che giace in una gondola. Il corpo, avvolto in un telo, appartiene alla soprano tedesca Gudrun Kessler, giunta a Venezia per lavoro. Gudrun avrebbe dovuto cantare un Requiem commissionato al compositore Marco Tressoldi da un anziano sacerdote novantatreenne: Don Pierino Chiesa, ormai alla fine dei suoi giorni. Chi ha ucciso Gudrun Kessler? L’assassino è… Ve lo dico tra poco. Prima c’è una considerazione da fare: noi giallisti ammazziamo un sacco di gente. Eppure nessuno ci considera dei criminali. Fortunatamente, per il sottoscritto e compagnia briscola, non è reato uccidere personaggi di fantasia. Inoltre, e qui vado sul personale, non c’è la galera per chi fa a pezzi una promettente carriera di musicista classico. Compii questo delitto intorno al duemila: smisi di suonare e comporre musica dopo dodici interminabili anni di conservatorio. Perché? Perché volevo aprirmi al mondo. Le caratteristiche elitarie della musica “colta” mi davano l’impressione di trovarmi asserragliato in un convento. Ero giovane, volevo respirare. Contestualmente intrapresi la via dei libri. Ed eccoci qua, al culmine di un percorso editoriale che dura da vent’anni. Riassumendo: io ammazzai la musica. Da questo fatto proviene l’idea per questa storia. L’assassino… sono io. Onde evitare il rischio dell’autobiografismo, in “Requiem Veneziano” do forma e sostanza a un tenebroso killer completamente diverso da me: un figlio a metà che tuttavia si firma “Il Superuomo”. Ammetto di aver pescato una storia vera per descrivere questo antagonista. Chiaramente ho cambiato i nomi delle persone, i connotati e le città in cui si svolsero i fatti di cui sono a conoscenza. “Requiem Veneziano” è tratto da due storie realmente accadute: il mio delitto giovanile e l’esistenza non facile del Superuomo.

Quest’anno purtroppo, in ogni intervista vuoi o no ha fatto la sua comparsa il tema Covid, il lockdown e tutto ciò che ne è derivato. In un anno come questo dove ogni equilibrio è stato stravolto dalla pandemia che ha colpito praticamente tutto il mondo, in che modo ha affrontato la situazione Nathan Marchetti uomo e scrittore e, come l’ha altresì vissuta inveceFellini, abituato normalmente al suo momento di libertàlontano dalla moglie gelosa e dai capricci dei figli adolescenti?

Ciò che, per me e molti altri, caratterizza questo infausto periodo è il sincero dolore per chi soffre. Per chi se ne vasenza alcun conforto. Solo. In un deserto umano. Ovviamente mi mancano tantissimo gli abbracci e i dialoghi a due spanne senza mascherina. Mi manca perfino la gente che ti tocca di continuo mentre ti parla. Manca la spensieratezza. Però la salute delle persone è più importante. Sotto il profilo della scrittura sta andando bene. Innumerevolivolte, nel corso della mia carriera ventennale, sono capitati degli imprevisti. Ho imparato ad andare fino in fondo nonostante tutto. Ho maturato uno sguardo “distopico” separando la sfera della narrazione dalla situazioneesistenziale in cui mi trovo.   Cos’è accaduto a Enzo Fellini, in questi mesi? La parola “covid” non entra nei miei romanzi. Ho deciso di salvare, però, le emozioni e i concetti emersi in questo periodo. Che sintetizzo in una parola: nostalgia.

Il finale di “Requiem Veneziano” si presenta esilarante ma, dàanche molto su cui riflettere. Io ho avvertito un passaggio, una svolta, un momento di pausa, riflessione e di bilanci. Dato che so che un terzo libro è praticamente già pronto, senza entrare troppo nel merito, così da evitare lo spoiler, ti chiedo, Fellini riuscirà a mettere la testa apposto dopo quest’ultimo caso? Avrà l’occasione di ritrovarsi con sé stesso e con le persone che più o meno gli vogliono bene?

“Requiem Veneziano” è il romanzo in cui abbiamo una forte,anzi, totale immedesimazione di Enzo Fellini con la Città di Venezia. Non a caso c’è l’acqua alta: Fellini è immerso nella “venezianità”.Il finale, tuttavia, lascia intuire che sta per aprirsi una frattura nella vita del commissario. Lo confermo: accadrà qualcosa di molto significativo nei rapporti tra Fellini e se stesso; tra Fellini e gli altri. I sentimenti che egli prova per Venezia si complicheranno in modo irreversibile.

Nel libro, non ho potuto far a meno di notare il nome che hai dato ad un personaggio, sicuramente più marginale rispetto agli altri, ma a cui mi pare vada attribuita una certa importanza, Carlo d’Amaro. Cosa significa per te essere uno scrittore Frilli e cosa rappresentano per te Carlo Frilli e Armando d’Amaro?

Carlo d’Amaro è il manager di tre eccezionali cantanti liriche: Gudrun, Charlotte e Inge Kessler. Egli è votato al timbro cristallino di queste vociestremamente simili tra loro. Ha un cuore nobile ed è un uomo di carattere, non accetta compromessi. Per lui non c’è alternativa alla qualità assoluta. Così pure, spostandoci sul piano della realtà, Carlo Frilli e Armando d’Amaro – rispettivamente: amministratore e membro societario di Fratelli Frilli Editori – sono persone votate all’eccellenza. Umanamente e professionalmentecostituiscono delle vette. Per me, Armando e Carlo rappresentano due fratelli maggiori. Dal primo istante in cui ci siamo parlati è nata un’amicizia vera che durerà per sempre.

Siamo giunti alla domanda di rito, ovvero, Nathan Marchetti oltre a scrivere è anche un lettore accanito? Qual è il tuo genere preferito e comunque, c’è spazio anche per gli autori nordici? Dato che l’anno sta per volgere al termine, mi faresti il nome del libro più bello letto quest’anno?

Oh sì, non potrebbe essere altrimenti! Leggo sempre, sempre, sempre. Più che un genere, prediligo un certo tipo di sintassi: quella che personalmente definisco “sintassi carismatica”.Maria Masella, ad esempio. Alla domanda sugli autori nordici rispondo: la Svezia è una delle mie “seconde Patrie”. Tra gli svedesi prediligo Stieg Larsson, Henning Mankell, Camilla Läckberg, Håkan Nesser. …Però è italiano, il libro che in questi mesi mi è piaciuto dipiù: Fabrizio Borgio, “La ballata del Re di Pietra”. Bravo, Fabrizio!

A nome mio e di tutta la redazione Thrillernord ti ringrazio ancora per la disponibilità. 

Grazie a te, carissima Loredana, e grazie a tutta la Redazione di Thrillernord.

Buon tutto! A presto!!

Natan Marchetti 

A cura di Loredana Cescutti 

 

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