Intervista a Paola Zannoner




A tu per tu con l’autore


 

Grande protagonista di questo libro è l’arte ma, con lei, anche la città. Firenze secondo il mio parere non ha un ruolo secondario. Sbaglio?

Non sbagli affatto. La città non è soltanto un semplice sfondo su cui agiscono i personaggi, ma un luogo vivo e accogliente per i giovani: una città con biblioteche frequentate soprattutto dai ragazzi, locali aperti fino a notte fonda dove si ascolta musica e si balla, ci si incontra, insomma la Firenze che soprattutto i più giovani conoscono, molto amata dagli studenti di tutto il mondo. Sono aspetti che io da cittadina posso cogliere, quelli che da una parte costituiscono un dibattito a volte molto acceso sull’uso della città. Ma se da una parte l’economia fiorentina ha sempre contato su un enorme afflusso turistico, dall’altra ha puntato anche su temi meno conosciuti eppure molto presenti come la formazione (penso alle decine di università americane che hanno sede qui), l’offerta museale e la valorizzazione di giardini e parchi cittadini, alcuni molto antichi.

Cosa l’ha ispirata nello scrivere questo libro?

Sono una grande appassionata di arte che ho studiato all’università, sono una frequentatrice indomita di musei dove posso trascorrere intere giornate, mi sembrano luoghi indispensabili per conoscere lo sviluppo sociale e culturale, e anche luoghi comodi dove passare giornate ricche, in mezzo ai capolavori, spesso con ottimi ristoranti e caffè con vista… Insomma era un po’ di tempo che ragionavo intorno all’idea di scrivere un romanzo ambientato in un museo italiano. Poi con la pandemia ho mirato meglio il tema e il luogo: perché non parlare della mia Firenze in questi mesi desolata, con i nostri bellissimi musei chiusi, perché non far venire voglia a tutti di venire a vedere le opere dei più grandi maestri? E perché non ricordare che abbiamo una risorsa incommensurabile, il nostro impagabile patrimonio artistico, di cui parliamo sempre e solo in termine di sfruttamento turistico? Invece i nostri tesori meritano studio, ricerca, conservazione, siamo il più grande museo del mondo, siamo custodi dell’immortalità, non dobbiamo dimenticarlo. Custodiamo l’arte perché tutto il mondo possa conoscerla, scoprila ed esserne nutrito.

Secondo lei qual è il rapporto dei più giovani con l’arte?

Dipende da come e quanto la studiano. Io vorrei che la storia dell’arte fosse insegnata fin dalle scuole materne, perché appunto noi italiani viviamo dentro architetture e monumenti unici, antichi e preziosi, ma spesso non ne siamo coscienti. Per gli adolescenti la visita al museo è spesso una corvée scolastica, una noia, non è certo divertente né “cool”. Ma se conoscessero la vita degli artisti, che alla loro età andavano a bottega e cominciavano una carriera che li portava ad essere le popstar dell’epoca, se sapessero com’erano controcorrente, spesso trasgressivi, se conoscessero il significato di ritratti e dipinti che sembrano antichi, gelidi e incomprensibili, io credo che gli studenti si accenderebbero di entusiasmo.

I giovani di oggi spesso descritti come “non lettori”, distratti da altro e il caro, vecchio libro li affascina sempre meno. Lei è d’accordo con questo assunto? Cosa direbbe loro per avvicinarli maggiormente alla lettura? E a questo libro in particolare?

Non è un problema di oggi, la scarsità di interesse per la lettura. L’Italia è sempre in affanno, è un paese che fino a 40 anni fa aveva ancora un numero altissimo di analfabeti, è un Paese che ha faticato a capire che il libro non è soltanto appannaggio di classi elevate, strumento di studio, ma anche intrattenimento. I giovanissimi sono lettori se i loro insegnanti e le loro famiglie li motivano alla lettura. Io ho sempre incontrato centinaia di studenti pieni di curiosità, attivati dai progetti lettura nelle scuole, e grazie alle biblioteche e alla scuola mi sono fatta conoscere. Il buon vecchio libro mantiene un grande fascino nei giovanissimi, prova ne è che influencer e blogger a un certo punto sentono il desiderio di scriverne uno, di raccontarsi sulle pagine di un libro meglio se cartaceo. Significa che si attribuisce ancora senso, durata, autorevolezza a questo mezzo di comunicazione. Io non intendo imbonire i giovanissimi, non è il mio lavoro soddisfare le aspettative di un pubblico distratto. Il mio lavoro è raccontare storie con contenuti che portino a una riflessione, alla curiosità, che spingano alla conoscenza. Con questo libro ho voluto parlare di Firenze, dei musei, dell’arte rinascimentale e spero che i lettori vogliano saperne di più, magari vengano alla Galleria Palatina e osservino con attenzione, con emozione, la Velata di Raffaello e le altre opere stupende che le fanno compagnia.

Una domanda che esula dal libro: che tipo di scrittrice è lei? Istintiva, riflessiva? Ha luoghi particolari nei quali ama scrivere?

Sono una persona con moltissimi interessi: la letteratura, l’arte, la musica, il cinema, lo sport, il teatro… Da questi campi ho tratto ispirazione per scrivere i miei romanzi, mettendo a disposizione studio e conoscenze, approfondimenti, ricerche, ai lettori attraverso la forma narrativa, la forma più diretta e semplice, più coinvolgente. Scrivo nel mio studio, ma prima di mettermi a lavorare sul computer, mi documento molto, viaggio, vado in biblioteca, studio. Quindi potrei definirmi “riflessiva” e anche un po’ secchiona. Ma quando scrivo è il senso dell’avventura che guida, e l’emozione che crea personaggi e situazioni. Se non ci fosse emozione, non trasmetterei emozione, la storia resterebbe un esercizio un po’ arido, razionale, senza anima. E l’anima, invece, è tutto.

Paola Zannoner

A cura di Stefania Ceteroni 

 

 

Acquista su Amazon.it: