INTERVISTA A Paolo Lanzotti




A tu per tu con l’autore


 

Buongiorno Paolo, è stato un vero piacere aver letto il tuo romanzo ‘Le ragioni dell’ombra’ e essere stata presente alla manifestazione  di Fossò (VE) in cui hai illustrato la storia di Marco Leon. Venezia è la vera protagonista in un’epoca dove il gusto estetico andava di pari passo alla decadenza politica della città. Oggigiorno che rapporto hai con Venezia e I suoi –pochi rimasti- cittadini?

Anzitutto, grazie e a te e a Sara Zanferrari per l’opportunità che mi avete offerto. Il piacere di partecipare alla manifestazione è stato tutto mio. 

Per venire alla tua domanda, il mio rapporto con la città è un po’ ambivalente, come credo si possa dire per qualsiasi veneziano. Venezia è unica, nel bene e nel male, e ciò significa dover affrontare situazioni altrettanto uniche e spesso contraddittorie. Il problema del turismo che la soffoca ma, nello stesso tempo, le consente di prosperare, tanto per fare un esempio. Il fatto che sia immerse nell’acqua, quasi galleggiando: circostanza esteticamente affascinante, ma che la porta a sprofondare e a sgretolarsi anno dopo anno. Il fatto che non abbia né strade né traffico automobilistico, il che la rende unica al mondo e inimitabile, ma con oggettive difficoltà nei trasporti e costi accresciuti per qualsiasi attività. Venezia è una città d’altri tempi, concepita per uno stile di vita che non esiste più e che costringe i suoi abitanti a un adattamento non sempre agevole. Con tutto ciò, io sono orgoglioso della mia venezianità e non vorrei essere nato in nessun’altra parte. Non è provincialismo, il mio, te l’assicuro. Ho viaggiato abbastanza per sapere che nel mondo esistono luoghi altrettanto meravigliosi e affascinanti, se non di più. Ma per la città in cui sono nato sento un amore particolare. E credo che Venezia lo meriti.

Mi sono chiesta perché ambientare il libro esattamente nel 1753: non era più semplice un periodo antecedente? Oppure c’è una certa gioia nel ricreare gli ambienti e I personaggi che tanto affascinano il mondo intero? Dopotutto ai giorni nostri il Carnevale mostra solo maschere settecentesche…

Hai notato giustamente che a carnevale si vedono quasi sempre maschere settecentesche. Perché? Proprio perché il ‘700 è il periodo veneziano che più colpisce la fantasia. E c’è una ragione, io credo. A dispetto del fatto che a quell’epoca la Repubblica fosse già in piena decadenza politica ed economica, il diciottesimo secolo è stato il periodo più vivace della città dal punto di vista sociale. Il periodo delle grandi feste, della grande musica, del grande teatro. Il periodo in cui si veniva a Venezia da tutta Europa per godere della sua spensieratezza, di una sete di vivere che spesso sconfinava nella spregiudicatezza, nell’eccesso, nell’amoralità. Come dici tu, mi sarebbe stato più facile ambientare i romanzi nel ‘400 o nel ‘500. Sono i secoli d’oro della Repubblica e, dunque, i periodi che offrono la maggior quantità di spunti. Nella Venezia di metà ‘700 non succede quasi nulla, se consideriamo la Storia con la S maiuscola. Ma il periodo mi ha colpito proprio per questa sorprendente coesistenza fra una decadenza oggettiva e la volontà di vivere della popolazione. Ovviamente, come autore, questo mi ha costretto ad affrontare un problema. Romanzi ambientati nella Venezia del ‘700 ne sono stati scritti molti. Essere all’altezza della concorrenza non era facile. Spero d’esserci riuscito. Ma questo lo possono dire solo i lettori.

Mi ha molto colpita il ruolo delle donne, siano esse nobili, sia di un livello sociale inferiore. Tutte avevano una libertà di azione che è rimasta insuperata fino ai giorni nostri. Persino le convitte di un orfanatrofio potevano avere una vita sociale perché, a quel tempo, era possibile. Come si potrebbe spiegare questo fenomeno?

È una domanda che andrebbe rivolta a uno storico di professione, cosa che io non sono. Posso azzardare un parere personale, senza alcuna pretesa, semplice frutto dei miei studi. Credo che questa libertà sia scaturita dalla natura stessa di Venezia. Come tutti sappiamo, la Serenissima è sempre stata una città mercantile, proiettata verso il mare. Capitava spesso, quindi, che il capofamiglia si trovasse a dover lasciare la casa e la bottega per intraprendere qualche viaggio che poteva durare settimane o mesi. In questa situazione era la moglie che prendeva in mano le attività di famiglia, mandando avanti il lavoro, gestendo il patrimonio e accollandosi decisioni importanti. Da ciò, credo si sia sviluppata l’abitudine di considerare le donne capaci di autonomia, indipendenza e abilità anche nelle attività più impegnative. Insomma di capacità che altrove non erano riconosciute. Ovviamente, data l’epoca, stiamo comunque parlando di un riconoscimento relativo. Anche nell’illuminata repubblica veneziana, ad esempio, alle donne non era concesso partecipare alla vita politica. A quei tempi sarebbe stato impensabile. Inoltre, se le donne sposate, quando lo desideravano, potevano godere di molta libertà anche nella vita privata, le giovani in età da marito erano, al contrario, estremamente controllate e conducevano un’esistenza molto ritirata. Infine, c’era sempre una comprensibile differenza di comportamenti fra le nobildonne e le popolane. Detto ciò, non c’è dubbio che la donna veneziana, in generale, godesse di una situazione invidiabile, all’avanguardia, se paragonata col resto d’Europa.

Interessanti I dettagli tecnici descritti, soprattutto quelli riguardanti la Caccia in laguna e la composizione delle navi nell’Arsenale. Si nota il gusto della ricerca. Quanto è frutto di studio e quanto da storie tramandate?

Io sono nato a Venezia, ma i miei genitori erano istriani. Quindi non ho avuto la fortuna di vedermi tramandare qualche storia interessante sulla città e sulle sue tradizioni. Inoltre – come si può ben capire – la Venezia settecentesca era molto diversa da quella attuale. La mia ricostruzione storica è dunque interamente frutto di studio. Prima di decidermi a scrivere il romanzo iniziale della serie, “I guardiani della laguna”, ho passato più di due anni a documentarmi, leggendo libri, ascoltando conferenze, visionando documentari e raccogliendo qualsiasi informazione potesse aiutarmi, dalle fonti più disparate. Con tutto ciò, la storia di Venezia è tanto ricca, ampia e variegata che ancora oggi continuo ad approfondirla, scoprendo ogni volta cose che non sapevo e rammaricandomi di non aver potuto usare l’informazione in precedenza. D’altra parte, forse è meglio così. Uno degli errori più tipici che si possono commettere nello scrivere un romanzo storico è innamorarsi delle informazioni, delle curiosità, e cercare d’inserire nella trama tutto ciò che si è appreso, magari a forza. In genere il risultato è un testo sovrabbondante e quindi poco incisivo. Meglio scoprire le cose a mano a mano, un po’ alla volta.

Confido che il terzo capitolo vedrà la luce, sono curiosa di sapere della storia tra Marco e Marion, I protagonisti …

Ovviamente spero anch’io in un terzo capitolo della seria, al quale, per altro, sto già lavorando da tempo. Se vedrà la luce, una delle vicende che arriveranno a una prima conclusione sarà certamente la storia tra Marion e Marco. Una chiusura doverosa, dopo un’attesa così lunga. Ma, attenzione… Ho parlato di una “prima conclusione”. Una storia tanto complicata come la loro non può avere un finale troppo semplice. Non ti pare? 

Un’ultima domanda: abbiamo visto il primo libro – I guardiani della Laguna – ambientato durante il Carnevale, il secondo durante la festa della Sensa, per il terzo hai già in mente una ricorrenza particolare?

Il terzo capitolo della serie – ammesso che venga pubblicato – non sarà ambientato nel corso di una delle tante feste nazionali. Farlo mi sarebbe sembrato voler insistere troppo sull’importanza di certe ricorrenze. Venezia era viva e vivace anche nei periodi intermedi. Quindi, questa volta, la storia avrà come palcoscenico un momento “qualsiasi” della Repubblica. Sperando che questo non incida troppo sul risultato.

Ancora un ultimo ringraziamento sentito da parte mia e dai lettori di Thillernord!

Grazie a te, con l’augurio che ci sia una prossima occasione d’incontro.

Paolo Lanzotti

A cura di Marina Toniolo 

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