Intervista a Peter Cunningham




A tu per tu con l’autore


Lo scorso Giovedì 19 Settembre, c/o la Sala Conferenze di Palazzo Klefisch a Pordenone, in occasione del Festival Letterario PordenoneLegge 2019, si è tenuto l’incontro stampa con l’autore irlandese Peter Cunningham in occasione dell’uscita in Italia a Settembre del suo romanzo “Le conseguenze del Cuore”, primo romanzo dell’autore ad essere pubblicato in Italia, ad opera di SEM, Società Editrice Milanese. 

Dopo una brevissima presentazione, durante la quale si è evidenziata l’importanza di questa serie di romanzi ambientati nella cittadina immaginaria di Monument, come di consueto si è dato subito spazio alle domande. Non citeremo le diverse testate giornalistiche che hanno preso la parola, se non per le domande specifiche poste dalla ns inviata di Thrillernord – e questo per non creare interruzioni e dare un senso di continuità al discorso…

Volevamo chiederLe subito come ha costruito questa ambientazione…

Grazie per la domanda e innanzitutto un buon pomeriggio a tutti voi. Mi scuso per non parlare italiano  e un sentito grazie a PordenoneLegge per avermi invitato a questa manifestazione così bella. La cittadina di Monument è in realtà Waterford, che è la città nella quale sono cresciuto, nel sud-est dell’Irlanda e in cui sono rimasto fino ai 17 anni. E’ la città di mio padre, di mio nonno – e tra l’altro è la città più vecchia dell’Irlanda, fondata dai Vichinghi. Quindi una città di un certo spessore ed interesse storico. Ho deciso di ambientare una serie di romanzi in questa città, cambiandola, perché sì conoscevo Waterford, ma volevo anche avere il pieno controllo di questa città, volevo cioè che essa stessa fosse uno dei miei personaggi. Di qui la mappa che c’è all’inizio del romanzo, in modo che i luoghi fossero quelli da me decisi – e rimanessero sempre quelli per tutta la serie ambientata a Monument. Ribadisco però che nella mia mente la città è sempre stata Waterford.

Come si inseriscono quindi i suoi personaggi in questa città?

I personaggi scaturiscono dalla città stessa. Io ci metto molto tempo a creare i miei personaggi… Li creo, so più o meno come voglio che si sviluppino, però poi magari torno indietro e li cambio nuovamente. Di norma ci vogliono nove mesi e anche un anno per crearli. Possiamo dire che creare dei personaggi è un po’ come farsi dei nuovi amici. Si va a stare in un posto nuovo, si incontrano delle nuove persone, si cerca di allacciare delle nuove amicizie, però non si possono chiamare amici queste nuove persone, nel senso che è abbastanza improbabile che tutte le nuovissime conoscenze che si fanno siano quelle che rimangono tue amicizie dopo un anno…

Jake sposa Rosa. Ma avrebbe potuto sposare anche l’altro amico, Chud. Quindi la scelta è di interesse, più che d’amore?

Credo fermamente che sia più una combinazione di cose, ma certo lo sposa perché le circostanze sono favorevoli, c’è sicuramente un’opportunità dietro questo matrimonio, ma anche perché lo ama. Dentro questo triangolo amoroso è evidente che si amano tutti e tre. E’ chiaro che però sposare Jack e non Chud  dà alla ragazza anche un’opportunità sociale. Noi tutti quando ci sposiamo, prendiamo una decisione mica da ridere E d’altro canto quando prendiamo la decisione, forse non siamo ancora sicuri di aver preso la decisione giusta…?

Riallacciandomi a quanto appena chiesto dal collega, ho avuto l’impressione che ognuno di loro si sentisse completo solo quando loro tre erano insieme, perché poi singolarmente in qualche modo fanno sempre un errore, hanno paura… E’ una sua volontà per cercare di completare l’amore in tutte le possibili sfaccettature, amicizia, amore fraterno, amore passionale, oppure semplicemente per declinare l’amore in senso lato?

Io spero di essere riuscito a portare tutte queste cose nel mio romanzo, che come ha rimarcato lei è un romanzo sull’amicizia, ma è anche e soprattutto un romanzo che celebra l’infatuazione. E’ vero che Rosa sposa Jack e nello stesso tempo è amante di Chud, ma quando Jack va a New York per curarsi, le cose tra i due amanti si intiepidiscono molto. Chud perde interesse, quasi come se avesse bisogno dell’emozione del triangolo amoroso, del tradimento, per essere se stesso.

Ma sono davvero così perversi questi tre protagonisti? Perché li ha plasmati così?

Il loro rapporto in una piccola cittadina quale è Monument sicuramente ha fatto scandalo. E il loro triangolo amoroso può essere stato sicuramente accolto con disapprovazione dai concittadini, che magari li odiano perché trovano questo comportamento disdicevole. Ed anche questo contesto rappresenta per i tre protagonisti una sfida, al tempo stesso una cosa eccitante. Non dimentichiamoci chi sono i personaggi del romanzo: Chud è uno che gioca d’azzardo. Il papà di Rosa è un allibratore. Quindi l’eccitazione è una parte fondamentale della loro vita.

Da quello che si percepisce, questo è da considerarsi un romanzo epico. Pensa che sia possibile scrivere questo tipo di romanzo, in considerazione che è ambientato – anche se solo in parte – durante la Seconda Guerra Mondiale?

In realtà la Storia è costellata di eventi drammatici e come ha puntualizzato lei, il romanzo copre un lasso di tempo che io come persona non ho potuto vivere. Però mio padre ha partecipato al D-Day e siccome ha conservato tutta la documentazione che aveva raccolto, ho avuto la possibilità di avere accesso a questi documenti e di poterli usare. In merito poi all’altra questione, se potesse essere ambientata oggi questa stessa storia, io rispondo che sì, assolutamente, perché è una storia che ha al suo centro le persone, le loro storie, le loro vite, le loro passioni – e non l’epoca, il frangente storico. E vorrei anche puntualizzare che sebbene io abbia utilizzato il materiale storico raccolto nel corso degli anni da mio padre (sorriso), la vicenda non è la sua storia, non si è mai trovato nella situazione di vivere un triangolo amoroso… per quanto io ne possa sapere.

Volevamo porre una domanda, alla quale in realtà ha già mezzo risposto. Per Lei come autore ha più valore la parte inerente i personaggi, oppure quella relativa alla ricostruzione storica? Perché curiosando fra i suoi romanzi, che purtroppo non sono stati ancora pubblicati in Italia, per esempio “The Sea and the Silence”, “Acts of Allegiance” – sono tutti basati su una solida parte storica, molto tragica. E quindi ci chiedevamo se la Storia con la “S” maiuscola è un pretesto per parlare di personaggi e di rapporti interpersonali, oppure se è vero l’inverso, ovvero i personaggi Le danno il pretesto di parlare della Storia.

Sicuramente per me sono più importanti le persone, rispetto al corollario che diventa il periodo storico nel quale le faccio vivere. Tutta la buona letteratura, da sempre, ha avuto al proprio centro l’attenzione al personaggio rispetto a qualsiasi altro aspetto. Ma è chiaro che le persone vivono in un momento storico e quindi il momento storico sarà sempre presente. Perché ho scelto proprio questo periodo, cioè la Seconda Guerra Mondiale? Ragioni personali, perché sono legato ai miei genitori che l’hanno vissuto, o anche per il cambiamento che c’è stato in Irlanda, che è stato straordinario… L’Irlanda di una volta non esiste semplicemente più. Comunque per me sempre prima i personaggi, rispetto anche alla trama. Trama che in inglese si dice “plot”. E tra i vari significati di “plot”, in inglese, oltra a quello che indica la trama, c’è anche il significato che indica il luogo dove si viene sepolti. A tal proposito, c’è una storiella, un aneddoto in merito ad un autore, che non riusciva mai a trovare la trama giusta. E quando è morto, sulla lapide gli hanno scritto: “at last, a plot”, e cioè “finalmente un plot, trama/luogo di sepoltura!” (risata generale).

Una domanda che riguarda il personaggio di Chud, che nasce proprio dalla passionalità. E in qualche modo Lei gli ha dato un padre napoletano… Era per sottolineare ancor di più questo aspetto dei personaggi?

Ringrazio per la domanda, perché mi dà la possibilità di parlare del mio Paese. L’Irlanda della metà del secolo scorso era veramente un luogo chiuso e oscuro sia per la situazione economica che religiosa…Chi veniva da fuori per giungere a Waterford veniva dal mare e in genere erano marinai. E questo nel mio romanzo vale sia per il padre di Chud, Paolo, che per Bruno Belli, così importante nella storia. E credetemi, a quei tempi un marinaio italiano era sicuramente molto esotico! Un po’ è anche lo stereotipo che vuole esotico l’uomo del sud, ma effettivamente per l’Irlanda degli anni Cinquanta del secolo scorso, ribadisco: un italiano che arrivava per mare era il massimo dell’esotico!

Dato che abbiamo letto che i suoi primi romanzi erano dei thrillers, tra l’altro scritti sotto pseudonimo – ed è sempre interessante capire il perché di questa scelta…

Ho iniziato a scrivere perché ero in vacanza, mi hanno derubato e di getto ho scritto le prime 35.000 parole sull’onda di questa cosa che mi era successa. E poi sono andato avanti un thriller all’anno per cinque anni. Scrissi sotto uno pseudonimo perché all’epoca svolgevo un’altra professione e temevo di subire le conseguenze del divenire famoso a livello internazionale come scrittore di thriller! (risata dell’autore e risata generale). Ad un certo punto mi sono stufato di scrivere questo genere perché la trama era assolutamente predominante e trovavo che questa caratteristica fosse molto limitante. Poi nel 1990 nostro figlio maggiore è morto in un incidente d’auto ed è stato il momento in cui nella mia vita mi sono chiesto: voglio andare avanti a scrivere queste cose? Oppure voglio scrivere qualcosa che mi piacerebbe anche leggere? E così ho cambiato genere.

Abbiamo letto che Lei scrive anche libretti per l’opera lirica e che va spesso a Milano…

Sì, vado spesso a Milano e sfortunatamente no, non ho il talento sufficiente per scrivere libretti per le opere liriche. Adoro l’opera, soprattutto del 19esimo secolo, non sono un esperto ma amo la passione che si ritrova nelle opere degli italiani. Rossini, Verdi e Puccini, tra gli altri. Mi reputo fortunato perché sono potuto andare ad ascoltare e vedere l’opera in molti luoghi e anche scriverne… Mi piace moltissimo anche per gli edifici stessi, per i teatri dell’Opera. In un mondo che si miniaturizza sempre più, questi invece vengono costruiti sempre più grandi, sono enormi. Se pensiamo all’Opera di Parigi… Mi piace nell’opera la drammaticità, nel senso della vivacità di ciò che accade all’interno e alla passione, all’intrattenimento. Ma non sono assolutamente un esperto. Mia moglie invece sì, tra le altre cose è anche una musicista professionista. E lei di solito puntualizza che io non scrivo mai sull’opera lirica ma sull’andare a vedere l’opera lirica! (risalta generale). E in fondo questa passione si riflette sul mio romanzo, dato che accade tutto ciò che potrebbe essere la trama sia di un’opera lirica, che anche la trama di un film.

A tal proposito, come ultima domanda e per concludere la conferenza, sui romanzi ambientati a Monument c’è un progetto cinematografico o di serie TV?

Ci sono due romanzi, non questo però, per i quali ho delle opzioni per il cinema. In particolare per uno dei due romanzi le cose sono in stadio già avanzato, però ci vuole un sacco di tempo per la produzione e perché poi diventi un film. Per “La Favorita” ci sono voluti 18 anni. E lo so perché è l’opera di un mio amico per Elmet Pictures… Quindi: tenete le dita incrociate per me!

Salutiamo questo distinto signore vestito nei colori pastello, con una giacca color carta da zucchero e dei stupendi calzoni color rosa acceso che tra le righe ci ha fatto capire che un autore, seppur famoso, è anche un uomo.

E speriamo che SEM, la Società Editrice Milanese, prosegua la traduzione di questo grande autore irlandese, per permettere anche al pubblico italiano di godere delle sue opere e perché no, di tradurre per noi appassionati i suoi primi 5 anni di romanzi thriller!

A cura di Marina Morassut

 

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