Intervista a Piera Degli Esposti e Giampaolo Simi




A tu per tu con l’autore


Piera: E’ elemento fondante de “L’estate di Piera”, noir scritto a quattro mani con Giampaolo Simi e fresco di uscita per Nero Rizzoli, il rimando a Shakespeare e in particolare a Riccardo III. E’ nato prima l’uovo o la gallina? Intendo siete partiti dalle suggestioni della tragedia shakespeariana e dalle pulsioni ed elementi che mette in scena per costruire un noir contemporaneo e di grande potenza, o è stata la storia che avete immaginato a condurvi verso questo parallelo?

P.D.E.: Desideravo interpretare Riccardo III, e avevo detto questo ad Antonio Calenda che è stato regista di Madre Coraggio, di tanti miei spettacoli e di tante mie interpretazioni. Calenda scrisse a quasi tutti i teatri stabili “Piera Degli Esposti fa Riccardo III”, lo considerava cosa fatta, era già venduto. Io non intendevo fare nulla di così particolarmente scandaloso, chiaramente avevo una mia idea su Riccardo III sennò non ci avrei pensato. E per questa ragione, più volte,  a tanti primi attori che interpretavano o avevano interpretato Riccardo e mi dicevano ‘Ma perché non vuoi fare Lady Anna?’ io ho sempre risposto ‘No, sento di voler interpretare Riccardo!’. Cosa è stato a far venire meno questo programma? Curiosamente Achille Campanile, che mi venne proposto come lettura da Maurizio Costanzo per una sua serata al Parioli, fece di me un’attrice comica. Riccardo è morto per una risata di Campanile, in pratica. Ho raccontato questa storia a Giampaolo Simi, e lui ne è rimasto molto colpito tanto che abbiamo deciso di attribuire questo desiderio a Piera Drago, la protagonista del romanzo. Riccardo è soprattutto servito a tutti e due,  perché il fascino del male che emana questa figura, l’influsso magnetico e fortissimo che trasmette  finirà  per investire anche altri protagonisti …

Piera, Giampaolo: Un’artista istrionica, un’attrice strepitosa e giustamente reputata, uno degli autori più noti,  amati e talentuosi del panorama letterario contemporaneo. Due personalità ben definite, affermate. Come vi siete conosciuti, quale è stata la prima impressione che avete avuto l’uno dell’altra? Si è confermata o è mutata nel corso della stesura del romanzo?  Come avete approcciato la storia e la scrittura a quattro mani, se non sbaglio per Giampaolo la prima esperienza in tal senso?

P.D.E: Quando ho conosciuto Giampaolo sono rimasta un po’ intimidita, perché io ho un carattere un po’ come il tuo, istintivamente caloroso. E mi sono trovata di fronte una persona parecchio contenuta, aveva l’aria di ascoltare quello che dicevo, piuttosto guardandosi intorno, guardandomi le mani, i capelli. Io vedevo che lui più che essere coinvolto in quello che dicevo, guardava. Questo primo incontro è stato per me un po’ preoccupante perché pensavo ‘Come farò a lavorare con una persona così diversa da me?’. Poi, nel tempo, è successo che ho capito che lui ha un altro tempo rispetto a me. Alcuni elementi di Piera Drago che raccontavo, sue sensazioni, emozioni, Simi me li spostava. Diceva ‘Aspetta, è presto, questo lo diciamo dopo.’ Io andavo in motocicletta e lui mi ha insegnato ad andare in bicicletta, anzi in tandem. E aveva ragione, perché imparare ad andare in bicicletta mi ha permesso di osservare i prati, le case, le persone che camminavano; mentre la motocicletta mi portava rombando a non vedere nulla di tutto ciò, a sentire solo la velocità. Allora ho assecondato questo suo tempo.  E’ stato merito di Simi aver portato queste differenze caratteriali ad essere, mi permetto di dire, forse un punto di forza. Ad un certo punto glielo dissi, ridendo,  ‘Ma senti quella volta che io parlavo e tu guardavi …’ …Giampaolo mi ha risposto che stava facendo un’indagine, e a me è sembrata una cosa molto bella, che lui stesse cercando di vedere la persona e di inquadrare il personaggio di Piera Drago. Questo via via ha portato ad una confidenza, ad una vicinanza, una simpatia, che oggi ci trova se non simili, perché abbiamo due caratteri molto forti, perlomeno meno opposti. Abbiamo ballato. Io mi sono accostata al valzer lento e Giampaolo ha domato un po’ quel rock and roll che è in me.

G.S.: Io ero un po’ in soggezione. Tipo l’Alex Riccomanno del romanzo quando entra per la prima volta in casa di Piera Drago. Poi ho capito che il carisma di Piera deriva dalla sua capacità empatica di leggere le sensazioni altrui.

Piera: Che differenza trovi tra scrivere e interpretare? E’ forse vero che un attore nell’interpretare un personaggio inevitabilmente un po’ lo ri-scrive? Ripensavo ad una frase del vostro romanzo, circa la fluidità dei rapporti, dell’indossare costumi diversi e del risultare più veri, mutando…

P.D.E: Eccoci. Questo è vero che un personaggio un po’ lo si riscrive su di sé. Cioè non è che quando io vado in scena ed interpreto Cleopatra, ho conosciuto Cleopatra. Ho studiato, mi sono informata, tutto quello che è. Ma è chiaro che la mia Cleopatra sarà un pochino pieresca, perché inevitabilmente risente  di chi la interpreta. Il modo giusto è questo secondo me, perché chi è che ha conosciuto Cleopatra? Non si possono fare copie e tantomeno mi piacciono le cose manierate.  Sarà una Cleopatra così come è stata sentita da me che la interpreto. E in questo può esserci qualcosa di rivoluzionario.

Giampaolo: Al cospetto di un romanzo scritto a quattro mani è pressochè inevitabile interrogarsi su chi abbia scritto quale parte in particolare, chi abbia avuto una certa intuizione, chi un’altra, e quella frase poi, bellissima, chissà … il senso della mia domanda, però,  non è nello svelare questi particolari, perché quello che conta è il romanzo nella sua totalità, è il prodotto di un gioco di squadra che  è davvero totalmente riuscito, bensì  sta nella tua scrittura. Ti avverti stilisticamente diverso in questa prova? Qual è stata la tua sensazione nel rileggere, nel rileggerti?

G.S.: Certo, c’è uno stile diverso rispetto ai miei lavori precedenti. C’è Roma, c’è il teatro, c’è una protagonista come Piera Drago. Lo stile e la storia che racconti sono la stessa cosa e quindi cambiano insieme, uno in funzione dell’altra. La serie di Dario Corbo è fortemente incentrata su un personaggio, sulla sua prima persona e sullo scenario della Versilia. Ma, per esempio, i tratti di commedia corale de “L’estate di Piera” sono una caratteristica presente anche ne “I giorni del giudizio”.

Piera e Giampaolo: Sebastian Grossmeier, in chiave shakespeariana, può essere equiparato al personaggio del fool, se sì in quale misura e in quale accezione? Ci racconterete ancora di questi protagonisti?

P.D.E.: Sai cosa manca a Sebastian per essere un fool ideale? L’allegria, quella folle allegria. Vive in una città che non  ama, e lui stesso ama senza gioia.

Sono contenta di questo romanzo che per me è stato realizzare un’impresa, è stato giocare, anche in teatro si usa il termine play, ma qui voglio intenderlo proprio nel senso di giocare, in quanto stimo moltissimo Giampaolo Simi e lo considero un giocatore eccezionale. Sono contenta di essere in questa squadra composta da noi due, piccola, perché mi permette di sentirmi a mia volta un pochino un’atleta. Il risultato è stato quello di scendere in un campo da calcio, sport che identifica al meglio Simi. Prima parlavi di gioco di squadra, ebbene, c’è una cosa che ho imparato mentre scrivevo il libro con Dacia Maraini “Storia di Piera”, a parte che in quel caso non inventavo nulla, testimoniavo la mia storia di adolescente, ed è l’importanza delle immagini. Quando si pensò di farne un film, fui chiamata a scriverne la sceneggiatura. La cosa mi spaventava, credevo di non esserne capace e lo dissi al regista, Marco Ferreri. Lui mi rispose ‘Piera, metti le immagini. Tira fuori le tue immagini.’ E questo mi rincuorò moltissimo.

G.S.: Considerazione interessante. Porta a una conseguenza a cui non avevo pensato: in una realtà complessa e intricata come Roma il fool è colui che, come Grossmeier, si intigna di fare le cose secondo le regole e la logica. Per questo viene considerato lui, il bizzarro. Dall’altra parte, però, sono anche convinto che il senatore Garritano abbia qualcosa del “buffone”, nel senso che è un uomo politico che interpreta il proprio ruolo in modo disincantato e dissacratorio. La sua ironia può essere fuori misura ma a ben vedere non è mai fuori luogo. È lui a dirci continuamente che il re è nudo, a pensarci bene.

Piera Degli Esposti, Giampaolo Simi

Sabrina De Bastiani

 

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