Intervista a Piera Ventre




A tu per tu con l’autore


 

Come è nata l’idea del libro Le Stanze del tempo?

Le case mi interessano da sempre e da sempre mi intriga il concetto di “abitare”. Sono perennemente attenta alle dimore, alla mia e a quelle altrui, e al rapporto che si stabilisce tra il luogo fisico e le persone che ci vivono. Trovo ogni volta una consonanza o una dissonanza nell’occupazione di uno spazio ed è per questo che cullavo il desiderio di scriverne, prima o poi. Il desiderio si è fatto concretezza dopo che io stessa (come la maggior parte di noi, purtroppo, lo scorso anno) ho esperito parecchia parte del mio tempo vivendo in un “interno”. Dapprima ho supposto che fosse un interno molto psichico, poi mi sono resa conto che questo interno impalpabile, in realtà, si riversava in qualche modo nelle mie stanze, in uno spazio davvero “fisico”, insomma, nel quale, in qualche modo misterioso, mi muovevo e seguitavo a vivere. È stato in quel momento che ho capito che avrei potuto iniziare “Le stanze del tempo”.

Nel suo libro la casa è un punto nello spazio ma anche e soprattutto nel tempo. In cosa differisce la vita degli anni ’60 da quella di oggi? (In realtà, scriverei ’70, sono del ’67, non ho memoria degli anni ’60).

C’è un abisso tra quegli anni e adesso. Liquidarlo in poche righe mi parrebbe un azzardo. Posso solo dire che avendo vissuto l’infanzia, soprattutto, negli anni ’70, ho come l’impressione che quelli fossero davvero gli anni dell’impossibile, del Sogno. Ecco: era un periodo difficile ( ma quale periodo, in fondo, non lo è?) in cui però le persone sapevano ancora lottare e sognare. Cercando di conquistarsi un futuro.

Dov’è la sua casa del cuore?

La casa del cuore è quella in cui abito. In ciascuna delle case del mio passato ho di certo lasciato qualcosa di me e loro (sì, loro, non “esse”) qualcosa in me. Eppure, sebbene ogni tanto vagheggi sul cambiare immaginando altre sistemazioni, so che provo per la casa in cui vivo un sentimento che non mi vergogno a definire “amore”. È una casa imperfetta (ma davvero esiste una casa “perfetta”?) e conosco i suoi difetti, tuttavia glieli perdono, anzi: se mi indispettiscono poi mi fanno anche sorridere. È quello che si fa quando si ama.

In molti racconti alla protagonista si affianca una persona anziana, quasi come uno spirito guida. Qual è il rapporto oggi tra giovani e anziani?

Non so quale sia oggi il rapporto tra giovani e anziani. Potrei raccontare solo quello che documento nei miei legami più stretti, e non sarebbe esaustivo. So che per quanto mi riguarda ho sempre avuto una propensione a rapportarmi con la vecchiaia, e fin da giovane. Mi augurerei che i giovani coltivassero questa propensione che rappresenterebbe un sicuro vantaggio per loro. Bisogna dare importanza alla memoria però, e viviamo in un tempo liquido, dell’”adesso”. La memoria richiede attenzione e pazienza, virtù che sono piuttosto rare da trovare.

Il paesaggio che scivola via dai finestrini del treno ritorna più volte nei racconti. La casa è un punto fermo tra un viaggio e l’altro o solo un luogo di passaggio?

La casa, se è casa davvero, è un punto fermo. È ciò a cui sempre si ritorna, o si desidera tornare. E ciascuno fa “casa” in qualche luogo, in certe stanze. È bene avere un posto così, un posto che ci aspetta. Sarebbe una cosa a cui tutti dovrebbero aver diritto.

Ogni casa ha una propria fisionomia e personalità. Qual è la stanza che rivela di più del proprio abitante?

Nella mia esperienza di osservatrice penso che sia il salotto, ammesso che si abbia una stanza adibita all’uopo. Ma anche se la stanza non c’è, si riconosce nelle case la volontà di un angolo in cui le persone che ci vivono fanno nido. Da un salotto si capisce se c’è l’abitudine all’ospitalità, se si legge e quanto, se si sa “stare” godendo semplicemente di una requie, quali sono gli oggetti amati, da mostrare. Credo che sia la camera in cui la natura di noi stessi emerge. Questa è solo un’intuizione parecchio personale. Il più delle volte, le chiacchiere migliori, e il calore, si sa, avvengono in cucina, ma anche là, tra i pensili, i piani di lavoro e le scodelle, un occhio attento può cogliere indizi preziosissimi.

Piera Ventre

 

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