Intervista a Pupi Avati




A tu per tu con l’autore


 

Dante e Boccaccio due illustri scrittori che nel suo racconto prendono vita. Come nasce l’idea del suo libro?

L’idea del libro nasce dalla mia curiosità e ,soprattutto, dalla mia avidità di bibliofilo. Dalla metà degli anni novanta , quindi ormai in età matura, ho cominciato a interessarmi della vita di Dante Alighieri soprattutto attraverso la lettura di autori di cronache a lui coevi ( Villani e Compagni) verificando attraverso le tante biografie sul sommo Poeta come fosse lasciato sul fondo tutto ciò che riguardava l’essere umano Dante Alighieri nella sua quotidianità.

Fu più o meno in quegli anni che lessi per la prima volta LA VITA NOVA, quel diario d’amore, in prosa e poesia, che Dante ragazzo si trova a scrivere all’indomani della morte di Beatrice Portinari, la donna che ha più amato nell’intera sua vita. Fu sufficiente quella lettura per far si che mi riconoscessi nella gran parte delle emozioni di quel giovane del trecento, nel suo dolore, nel suo tentativo attraverso la poesia di tenere in vita quella giovane che aveva conosciuto nella sua infanzia.

Il libro narra la storia attraverso gli occhi e le parole di Boccaccio e ha un ritmo cinematografico. A quando il film?

Fu la scoperta di quella missione a cui fu destinato Giovanni Boccaccio nel 1350, quella di portare alla figlia di Dante monacata a Ravenna, una borsa di dieci fiorini per risarcirla del tanto male che i fiorentini avevano fatto a sua padre, a farmi intravedere la possibilità di raccontare davvero la vita di Dante attraverso un romanzo.

Fu il poter contare su quel devoto di Dante ante litteram , che fu Giovanni Boccaccio, a convincermi di avere a disposizione uno straordinario detective capace di cercare e trovare le tracce di quel misteriosissimo poeta , morto a Ravenna ventinove anni prima. Fu la presenza di Boccaccio a rendermi sfrontato al punto di immaginare , ispirato dal romanzo, a un film . Un film che nel narrarne la vita “umanizzi” Dante , ce lo avvicini, induca chi lo vedrà ad andarne a leggere l’opera.

Pupi Avati

La musica ha un ruolo importante nel testo e ne scandisce i tempi. Quanto è importante la musica nella vita di Pupi Avati?

La musica che contrassegna i vari capitoli del romanzo è quella che andavo via via ascoltando nelle tante giornate di ricerca e lavoro. Nella mia vita debbo ammettere che ,se non ci fossero le ore notturne, non esisterebbe il silenzio.

Dopo una remota adolescenza votata alla musica nel corso della quale ebbi l’opportunità di tenere con la mia band concerti in molte città europee, la consapevolezza di non poter vantare quel talento indispensabile a raggiungere traguardi significativi mi convinse a rinunciare. Furono anni dolorosi tuttavia non smisi mai di ascoltare musica, di accompagnare ogni mia azione con quella colonna sonora straordinaria che ho cercato di proporre anche nel mio romanzo.

Nel suo romanzo c’è molta attenzione al lato umano di Dante e di Boccaccio, alle loro emozioni. Cosa accomuna, secondo lei, il loro sentire?

L’amore per la poesia , quello strumento del dire le proprie emozioni che Boccaccio apprende proprio copiando e ricopiando i capolavori Danteschi.

E’ la scoperta della poesia a far si che Boccaccio dedichi gran parte di se stesso non solo allo studio di Dante ma anche alla divulgazione delle sue opere .

La forma del romanzo mi ha permesso di andare oltre i risultati della ricerca accademica, la forma del romanzo mi ha permesso quindi di immaginare, di saldare quei tanti momenti nella vita dell’Alighieri ancora avvolti dal mistero.

Io quel mistero ho cercato di penetrarlo attraverso una serie infinita di congetture che via via, questa la mia sensazione, mi permettevano di intravedere quel bambinetto invaghito di Beatrice Portinari, con sempre maggior nitore, con sempre maggiore emozione.

Pupi Avati

A cura di Cristina Bruno

 

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