Intervista a Valentina D’urbano




A tu per tu con l’autore


Celeste, Pietro e Nadir. Tre personaggi estremamente diversi fra loro, ma allo stesso modo, tre anime concatenate e incatenate sempre e solo a loro tre. Ci puoi dire quando e in che modo li hai incrociati per la prima volta e perché hai deciso che dovessero essere proprio così?

Questa storia ha messo radici nella mia testa diversi anni fa. Avevo già in mente di raccontare di un legame tra fratelli che non fossero veramente fratelli, e questi tre personaggi così strettamente legati tra loro avevano già iniziato a formarsi, con le loro personalità ben definite, ma avevo bisogno di una scintilla che mi permettesse di dare loro una svolta precisa. Cercavo il punto di inizio di questa storia e volevo che fosse anche un punto di rottura. E questo punto è arrivato quando ho iniziato a seguire con interesse quello che stava succedendo nella Siria del Nord-est. L’eperimento rivoluzionario del Rojava ha un ruolo fondamentale nella vita di Celeste, Pietro e Nadir, ed è da lì che sono partita.

Celeste, ad un certo punto del romanzo dice: “Mi ero rotta all’esterno così tante volte che all’interno ero infrangibile.”: Avendo letto il romanzo, posso affermare che in realtà non sia proprio la verità, poiché le fragilità di questa giovane ragazza, sono sia fisiche che emotive. Ho apprezzato moltissimo questa dualità di raffronto fra corpo e mente, entrambe fragili ed entrambe estremamente sensibili alle fratture. Vuoi parlarci un po’ di Celeste?

Celeste è la prima protagonista, la voce narrante del romanzo. È una donna sicuramente lacerata, ma che ha imparato a sopportare le proprie fragilità sia fisiche che emotive, e a trasformarle in un punto di forza. Non si lascia smontare dalla sua condizione fisica, cerca di resistere a ogni urto. Paradossalmente, gli urti emotivi sono più forti di quelli che sperimenta sul suo corpo, e questo la porta a mostrarsi più dura di ciò che in realtà è. È tutta una strategia difensiva, una corazza. Non a caso, suo fratello Pietro la chiama Riccio di mare: una creatura fatta di spine che al suo interno nasconde un’anima fragilissima.

Pietro è il legame, il collante che dovrebbe tener uniti Celeste e Nadir, ma che di fatto, assumendosi il ruolo di “fratello maggiore” finisce per condizionare ogni scelta di Nadir e soprattutto, mette in perenne difficoltà Celeste che comunque a lui è molto legata, e non farebbe mai nulla pur di non andargli contro, avendo la paura di deluderlo, fino ad arrivare a sacrificare la sua felicità. Altresì, Pietro è sicuramente un personaggio dagli ideali molto forti e che, non si accontenterà di affrontare i problemi del mondo attraverso i libri facendosi carico di una scelta che per molti di noi risulterebbe incomprensibile. Allo stesso modo manterrà appunto questa sua vena un po’ distratta nei confronti degli altri due ma, riuscendo sempre a influenzarne le azioni. Ad ora, ti è mai capitato di incontrare una persona carismatica fino a questo punto?

Non ancora, o meglio: molte delle caratteristiche di Pietro appartengono a persone che conosco. La caparbietà, la sicurezza nelle proprie capacità, quel tipo di atteggiamento molto posato e assertivo che blocca sul nascere ogni tipo di contrasto, la volontà inscalfibile, sono tutte caratteristiche che ammiro e che ho già incontrato, ma in persone diverse. Le ho riunite tutte nello stesso personaggio.

Nadir è l’altro estremo dell’equazione, la terza goccia che cerca di ricongiungersi, che è consapevole, se vogliamo, di ciò che vuole, ma che non riesce ad esprimersi se non con l’aggressività, in tutte le situazioni che lo vedono protagonista finendo così, per ferire tutti quelli che gli stanno attorno e soprattutto lei, anche se in realtà è l’ultima cosa che vorrebbe fare. Quanto è importante il dialogo nella vita di tutti i giorni con le persone a cui teniamo e quanto, invece, tendiamo a sottovalutare questo aspetto prediligendo la strada facile dell’inerzia e del silenzio?

Nella mia vita, i problemi più grossi sono sorti dalla mancanza di dialogo. Provengo da una famiglia in cui si parla poco, e pure io sono una che di media tende a chiudersi a riccio. È quello che succede anche in questa famiglia: Pietro, Celeste e Nadir sono legati da un amore potente e indissolubile, ma non sanno parlare. I loro non detti creano crepe profondissime e insanabili e sono la base dell’intera vicenda.  Se tra loro ci fosse stato dialogo, il romanzo sarebbe finito a pagina venticinque.

Un altro brano che mi ha colpita molto leggendo è questo: “La maggior parte delle persone vive la propria vita facendosi attraversare.”.  Valentina D’Urbano ne è veramente convinta? Si lascia attraversare o affronta a muso duro le avversità?

Per un lungo periodo mi sono lasciata attraversare. Sto lavorando per cambiare la prospettiva delle cose. Sappiamo che non è tanto ciò che ci succede a determinare chi siamo, quanto il modo in cui decidiamo di affrontarlo.

Ad un certo punto nel tuo romanzo, Celeste afferma: “E’ questo che fanno gli scrittori, interpretano le crepe degli altri, frugano nei loro nascondigli, anche senza conoscerli, anche quando se li inventano.”. Concordi con Celeste? Vuoi aggiungere qualcosa a questo riguardo?

Qui ero io a parlare, mi sono nascosta dietro al mio personaggio. Che devo dire, credo che sia quello che fanno gli scrittori capaci. Spero di saperlo fare anche io. Se così non è, mi sa che ho sbagliato mestiere 😛 

Mentre scrivevi, c’è stato un momento nel quale ti sei ritrovata più scossa ed emozionata per una qualcosa che stava avvenendo o che era già successo fra le pagine del tuo libro? Dopo un romanzo così, ovviamente avrai avuto anche tu bisogno di rifiatare ma ti chiedo, hai già per le mani qualche storia nuova che scalpita per uscire dal cassetto?

Per rispondere a questa domanda temo di dover fare un mezzo spoiler. Il finale di questo romanzo mi ha impegnato molto a livello emotivo. Inevitabilmente quando trascorri tanto tempo con i tuoi personaggi, fare i conti con il fatto che devi lasciarli andare, è tremendo. Mi sono ripresa, però. Forse ho in mente una nuova storia.

Quando Valentina D’Urbano non scrive, cosa legge con piacere? E poi, visto che siamo su Thrillernord, c’è uno spazietto anche per i libri nordici?

Leggo molta narrativa italiana e molta narrativa ispanica in lingua. Per quanto riguarda i libri nordici ho una certa predilezione, anche estetica, per i libri di Iperborea e per le storie ambientate in Islanda, Paese che amo molto e in cui non vedo l’ora di tornare. 

Grazie per il tempo che ci hai dedicato.

Loredana Cescutti!

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