Intervista alle sorelle Martignoni




A tu per tu con l’autore


 

Buongiorno Elena e Michela e complimenti per questo vostro nuovo romanzo con protagonista il mitico Bertè!

Inizio questa intervista senza nascondere un certo timore nel trovarmi al cospetto di coloro che sono state soprannominate le terribili sorelle o ancora le sorelle mannaja.

Dal vostro sito web ho tratto qualche spunto… insomma, ho indagato e sono giunto alla conclusione che dietro due persone diverse, ma unite dalla grande passione per la lettura, ci sia una ricerca di equilibrio, una sorta di Tao con i suoi yin e yang, ma forse, anche un modo per dare sfogo alla propria duplice personalità.


Il passo da madri e mogli amorevoli a donne spietate e machiavelliche è breve. 
Vi chiedo quindi, qual è stata la scintilla che vi ha portato a scrivere il vostro primo romanzo a tinte crime? Esiste un “primo racconto”, magari rimasto chiuso nel cassetto, ma che ha aperto la strada?

Buongiorno a tutti i lettori di Thriller Nord e grazie a voi per queste stuzzicanti domande! Per rispondere alla prima: noi abbiamo iniziato subito a tinte crime, anche se nel romanzo storico. Ci siamo infilate in una vicenda intricata quanto coinvolgente, il cui spunto è arrivato dalla rilettura del saggio di Maria Bellonci Lucrezia Borgia: l’omicidio di Juan, fratello di Lucrezia pugnalato a 21 anni, (14 giugno 1497) e poi gettato nel letamaio del Tevere. La Bellonci sapeva essere così intrigante che il mistero ci ha subito avvinte e ci siamo illuse che, studiando e ristudiando, forse saremmo venute a capo dell’enigma che da cinquecento anni affascina i borgiamaniac (e sono tanti nel mondo!). La soluzione però non si è ancora trovata e quindi abbiamo scritto sulla vicenda un romanzo ‘giallo’ che invita il lettore a farsi una sua idea sul colpevole. Per non lasciare la narrazione incompiuta però abbiamo proposto un finale di fantasia e non attestato da documenti.

Veniamo a Gigi Bertè.

Essendo io milanese doc, rivedo in lui tante espressioni e modi di fare che mi appartengono, quindi leggendolo, ne percepisco la dedizione al lavoro ma anche l’ironia e l’insofferenza tipiche del popolo meneghino a cui certo non manca un pizzico di arroganza. Ho letto che un giorno avete incontrato il commissario in carne ed ossa e, da allora, avete deciso di renderlo protagonista di una serie di romanzi gialli. Ci volete raccontare nei dettagli questo momento indimenticabile?

Sì, Gigi è molto milanese, come la sua mamma la sciura Franca. A Milano è nato e cresciuto, anche se suo padre è calabrese e quindi è… un sangue misto. Nella nostra serie, come tu hai notato, diamo molta importanza al dualismo. Gigi è nordico e nello stesso tempo meridionale, ama la sua Milano ma vive a Lungariva, è serio ma anche faceto, e decisamente autoironico, infatti polemizza con la sua Coscienza, la Bastarda come la definisce lui! Forse non esistono persone solo bianche o solo nere, più corretto pensare che in tutti noi ci siano i toni del grigio. Ci sono però persone disposte ad analizzarsi, a criticarsi per tentare di migliorare: è ciò che Berté cerca di fare! Sì, ci siamo ispirate a un vero poliziotto che operava (ora è in pensione) a Milano, che si chiama Gigi, di cui siamo diventate amiche. L’incontro è avvenuto nel suo Commissariato e l’impatto visivo (omone con coda brizzolata) come dici tu è stato determinante. Tutti volevano parlare con lui, nel Commissariato, tutti lo conoscevano. Un uomo burbero dagli occhi neri e indagatori che però sa farsi amare e soffre per i mali di tutti, cercando di aiutare chi è vittima di soprusi. Era già un personaggio!

Nella mia recensione ho sottolineato come sia prevedibile che, dietro le vicende di ispettori e commissari, a fronte dei loro successi professionali, prenda corpo anche una certa sete di vendetta da parte di molti dei criminali che finiscono dietro le sbarre.

Ne Il botto pare che Bertè venga messo spalle al muro proprio da una sua vecchia conoscenza, il Beato Angelico. Da lettore affezionato a Gigi, ho temuto di perdere uno dei miei amici letterari. Ho avuto, per certi tratti del romanzo, l’impressione che per la prima volta Bertè abbia avuto veramente paura di morire, come se fra le righe, voleste lanciare al lettore un avviso concreto di allerta. E quindi vi domando: vi ha mai sfiorato l’idea, dopo tanti anni, di chiudere questo ciclo?

La risposta che mi auguro ve la potete immaginare, ma preferirei rassicurare i lettori.

Per gli inquirenti il timore delle vendette è costante e comprensibile; infatti, chi investiga cerca di non apparire troppo in pubblico o sui social. La paura di un legame duraturo con Marzia, che Berté spesso manifesta, è anche dovuta al timore di metterla in pericolo, non vuole che diventi l’innocente bersaglio di chi lo odia…Quindi è ovvio che anche lui abbia paura di morire, come tutti.

In quanto alla morte della serie… non dipende solo da noi ma dai lettori: finché ci premiamo e richiedono nuove avventure noi li accontenteremo, con il sostegno del nostro editore. Per ora la serie continua, anche se a volte, te lo confessiamo, lo spettro della pagina bianca compare… ma finché Berté risulta un personaggio vivo e con lui resta viva la sua vicenda, si prosegue.


Foto: © Fabrizio Fenucci

Parliamo adesso della trama e dei suoi tanti contenuti: da una faida familiare, ai debiti di un opportunista filantropo, passando da figli illegittimi, che spuntano dal nulla, fino alle vendette di sangue.

Tutto questo, racchiuso in 164 pagine, a molti potrebbe sembrare una storiella ma, a mio parere è una grande abilità nel padroneggiare la lingua italiana e i tempi narrativi, senza togliere nulla di fondamentale e senza aggiungere niente il superfluo.

Questa caratteristica comune nel proporre dei romanzi abbastanza smart è casuale oppure nasconde la volontà di regalare ai lettori qualcosa di accattivante ma al tempo stesso non troppo impegnativo? Nel progettare le indagini di Bertè, seguite uno schema o lasciate che gli eventi e le azioni dei personaggi vi indichino la strada?

Noi siamo smart per scelta. Non amiamo i romanzi prolissi, non amiamo le descrizioni interminabili, da buone milanesi ci piace andare in fretta al sodo e abbiamo sempre il timore di annoiare. Secondo noi chi riesce in poche frasi a portare i lettori nel romanzo e trova un aggettivo, (uno solo, non venti) per descrivere una emozione… è un grande autore.

In quanto a come progettiamo i romanzi… se vedeste in quali situazioni ‘creiamo’ non ci credereste. Una volta ci venne l’idea decisiva per la soluzione di un caso durante una vacanza estiva mentre davamo la caccia alle zanzare alle due di notte! Come avrai letto nel nostro sito, abbiamo famiglie impegnative (mariti, figli, animali, nipotini, mamma anziana) e dobbiamo conciliare tutto questo con l’invenzione e la scrittura di trame gialle sempre più elaborate. Scrivere è un toccasana, la rigenerante evasione dai problemi quotidiani e anche un motivo per incontrarci, quindi per noi meraviglioso.

Questo non significa che sia sempre facile, diciamo che il nostro assomiglia un po’ al lavoro del clown che deve far ridere, ma non sempre è allegro.

In quanto ai personaggi che indicano le strade… se ne potrebbe discutere: a volte è così, perché un personaggio di secondo piano può diventare importante (è accaduto con Oscar Rizzo in Vent’anni prima, ci ha catturate nostro malgrado) ma di solito è l’autore che porta la vicenda dove vuole.

Il giallo è senz’altro un genere in cui la creatività ha la sua importanza, ma il nostro commissario opera all’interno della Polizia di Stato; quindi, non possiamo ignorare o eludere procedure, tecnologie ecc e questo limita il campo del fantastico e ci costringe a mantenere la storia entro i limiti del realismo.

Infine, dato che mi rivolgo a due esponenti di una categoria professionale dove le donne da anni sono emerse in maniera vincente come spesso capita, la quinta ed ultima domanda è doppia, e quindi, chiedo a Elena: per chi non lo sa, come mai avete scelto lo pseudonimo di Emilio Martini per firmare le vostre opere?

A Michela invece chiedo: al fianco di ogni eroe, c’è sempre una donna forse ancor più eroica, e allora mi piacerebbe che, in poche righe, ci raccontassi chi è Marzia e cosa rappresenta per Gigi.

La scelta del nome maschile è stata fatta per non confondere i nostri due percorsi narrativi, quello storico e quello poliziesco, ed è caduta, in accordo con l’editore, su un nome e cognome semplice, niente di stravagante o originale. Emilio per noi ha anche un significato: è un nome di famiglia e soprattutto ci ricorda uno degli autori che più stimiamo: Emilio Salgari, maestro nel descrivere luoghi che non aveva mai visto, maestro di professionismo, maestro nel far sognare tante generazioni di ragazzi e ragazze.

Martini… beh, è un marchio italiano che nel mondo conoscono tutti e abbrevia il nostro lungo cognome.

Perché lo pseudonimo? Un esperimento. La cosa buffa è che finché non abbiamo rivelato che dietro il nom de plume c’erano due donne nessuno aveva giudicato la nostra una scrittura femminile, anzi! Quando invece abbiamo svelato di essere le Emilie Martine, ecco che qualcuno ha affermato di averlo capito da subito che eravamo donne…ma senza argomentare questa intuizione!

Per noi non esiste genere nella scrittura: gli autori sono persone prima di essere uomini o donne. Ci sono immense autrici come Grazia Deledda, nostra autrice culto, e immensi autori come Manzoni e Gadda o, straordinari giallisti come Giorgio Scerbanenco, Cornell Woolrich o Stephen King e straordinarie gialliste come Aghata Christie.

E ora veniamo al… cuore: la Marzia, con l’articolo ‘alla lombarda’.

É un personaggio accattivante, pur essendo fuori moda perché non è magra ed è appassionata di canto lirico, è generosa e gentile, ma è anche una ligure, riservata al punto da conservare alcune zone d’ombra della sua vita, cosa che fa infuriare il possessivo commissario. Per Berté rappresenta la certezza che non ha avuto più dopo la perdita della sua famiglia e, anche se fatica ad ammetterlo, a lui la famiglia piace! Non abbiamo però voluto creare uno stucchevole personaggio perfetto e infatti nel nono episodio, Il paese mormora, la Marzia è apparsa a qualcuno petulante, curiosa e testarda. Concediamole qualche difetto!

Chiudo ringraziandovi del tempo e dell’attenzione che mi avete rivolto, soprattutto ringraziate Bertè e ditegli di stare attento.

Grazie a te e al vostro super blog e riferiremo il messaggio al Commissario con la coda!

Le terribili sorelle… che poi così terribili non sono…

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