Io, mio padre e le formiche




Lettera ai ragazzi sui desideri e sul domani


Autore: Rosella Postorino

Editore: Salani

Genere: narrativa

Pagine: 112

Anno di pubblicazione: 2022

Sinossi. «Il 15 giugno di tre anni fa, in una piazza del Campo affollatissima, da un palco lessi il mio discorso d’augurio ai neolaureati dell’Università di Siena, in qualità di ex studentessa dell’ateneo. Quando nel 1996 ero partita con mio padre per immatricolarmi, e in macchina avevamo cantato insieme Lucio Dalla, mai avrei immaginato che sarei tornata lì, anni dopo, per raccontare la mia storia a migliaia di ragazzi sulla soglia del futuro». In quell’occasione Rosella Postorino ha detto loro quale privilegio fosse stato per lei la possibilità di studiare, e di permettersi di sognare di fare la scrittrice. Li ha pregati di rifuggire dalla semplificazione, di provare a indossare i panni degli altri, di sentirsi sempre in difetto di conoscenza, ma soprattutto di non aver paura di inseguire i propri talenti. Quasi tre anni dopo, quel discorso si amplia, si arricchisce: idealmente si rivolge di nuovo a quei ragazzi, e in modo indiretto agli adulti che vivono accanto a loro. Parla di fragilità e di forza, della ricerca maldestra della felicità, e anche dell’amore. Delle domande cui, forse, non c’è risposta. Ma che non dovremmo mai smettere di farci. Un libro ispirato e d’ispirazione che raccoglie riflessioni profonde sui temi più importanti della vita di chiunque, non solo dei ragazzi chiamati ad affrontare un rito di passaggio. Una lettera a cuore aperto, sincera, personale, eppure universale, scritta con l’intenzione di essere un incoraggiamento, o una carezza.

Recensione di Alessia Diana

Raramente mi sono trovata a leggere o recensire opere scritte nella forma di discorso. Si tratta di un tipo di testo intimo e personale prodotto però con lo scopo preciso di una pubblicazione, e per quanto lo si possa ripulire in seguito, il nocciolo centrale del testo sarà sempre qualcosa di venuto di getto dalla coscienza di chi scrive.

Questo discorso, però, è un po’ diverso, poiché non ha subìto solo una piccola ripulita che sicuramente si sarà data a refusi o vocaboli il giorno prima di pronunciarlo, ma anche una seconda setacciatura che è stata operata su di esso dopo due anni, probabilmente i più caotici e confusionari dopo la fine della guerra fredda.

Mentre non trovo nulla da ridire sulla forma stilistica di quanto scritto da Postorino, che ha saputo produrre parole che saranno state sicuramente di enorme incoraggiamento ai laureandi cui il discorso iniziale era rivolto, non posso fare la stessa osservazione sui contenuti aggiunti palesemente nel post-pandemia.

L’autrice, in un punto particolare, si sofferma volutamente sul concetto di scienza e fede nella scienza, una digressione che non solo stona nella parentesi in cui si è deciso di inserirla, ma risulta anche autocontraddittoria.

Postorino condanna l’atteggiamento di chi tratta la scienza “in modo fideistico”, e di conseguenza, quando non si riceve quanto sperato, perde la fede come un moderno apostata. A difesa della scienza, nello stesso paragrafo, l’autrice afferma che proprio la scienza è una disciplina incentrata sul dubbio costante, e che proprio in virtù di ciò non la si può trattare come una fede.

Con questa perifrasi, l’autrice sembra condannare a delusi aspiranti pitagorici in cerca di un nuovo “Ipse dixit”, i quali traditi dalla loro nuova religione per un errore, abbiano abbandonato anche tutto ciò che essa offre di buono; si esclude dunque la spiegazione più ovvia, e cioè che questa popolazione rea di condannare la scienza non la stia condannando, ma semplicemente mettendo in dubbio, dunque facendo proprio ciò che la stessa Postorino indica come l’atteggiamento più normale nei confronti della disciplina.

Questa parentesi, fine a se stessa e contenente una immensa contraddizione, sembra quasi messa lì per caso, o per uno strampalato tentativo di una qualche sorta di propaganda o propagazione di messaggi che probabilmente non competono a un’opera scritta in tutt’altra chiave e con tutt’altro fine.

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Rosella Postorino


(Reggio Calabria, 27 agosto 1978): Cresciuta in Liguria, a San Lorenzo al Mare, dal 2001 vive e lavora a Roma. Esordisce nella narrativa nel 2004 con il racconto In una capsula all’interno dell’antologia Ragazze che dovresti conoscere. Nel 2007 è uscito il suo primo romanzo, La stanza di sopra, con il quale ha vinto il Premio Rapallo nella sezione Opera Prima ed è stata finalista al Premio Strega.  Nel 2009 ha pubblicato L’estate che perdemmo Dio (Premio Benedetto Croce, Premio speciale della giuria Cesare De Lollis) e Tu (non) sei il tuo lavoro all’interno di Working for paradise; nel 2013 ha pubblicato Il corpo docile (Premio Penne). Ha tradotto e curato alcune opere della scrittrice Marguerite Duras. Con il romanzo Le assaggiatrici, pubblicato nel 2018, ha vinto il Premio Campiello, il Premio Pozzale Luigi Russo, il Premio Rapallo, il Premio Vigevano Lucio Mastronardi, il Premio Letterario Chianti, il Premio Wondy, il Premio Sognalib(e)ro e, in Francia, il Prix Jean-Monnet. Da questo romanzo, tradotto in più di 32 lingue, verrà tratto un film per la regia di Cristina Comencini. Nel 2019 ha pubblicato il suo primo libro per bambini: Tutti giù per aria.