Jack is Back




Recensione di Roberto Forconi


Autore: Stefano Tura

Editore: Piemme

Genere: Thriller/Mystery

Pagine: 393

Anno di pubblicazione: 2021

Sinossi.  Derrick Brainblee è un ottimo poliziotto, accurato, affidabile, ha un fiuto che molti nel dipartimento gli invidiano. Negli ultimi tempi, però, i blackout che lo perseguitano da quando aveva venticinque anni stanno diventando sempre più frequenti e dolorosi, facendogli temere una sospensione dal lavoro, la sua unica ragione di vita. Un giorno, riprendendo coscienza dall’onda nera che lo ha avvolto, vede sul suo profilo Instagram un’immagine scioccante: una donna barbaramente uccisa, la gola squarciata, accompagnata dall’hashtag #jib. Pochi istanti dopo la foto è scomparsa, ma per Brainblee quello è solo il primo tassello di una strada lastricata di terrore. Anche perché a ogni risveglio nella sua mente sono impresse immagini raccapriccianti e il suo corpo porta i segni dello scontro. Ma di ciò che abbia fatto in quei momenti non gli resta alcun ricordo. Le indagini di Derrick si intrecciano alle vite di una moltitudine di personaggi, da una detective apparentemente infallibile a una giovane studentessa appassionata di delitti dell’epoca vittoriana, da un giovane sadico appartenente alla più alta nobiltà a un esperto di criminologia. Sono tutti attori di uno spettacolo che cela una realtà terribile: c’è un killer tra le strade di Londra che vuole mostrare ogni sua mossa. Perché non c’è gusto nell’uccidere, se non c’è un pubblico a guardare. Stefano Tura si muove tra presente e passato sfumando i confini e reinterpreta in chiave contemporanea uno dei disegni criminosi più efferati della storia, portando Jack lo Squartatore alla Londra di oggi e rendendolo ancora più crudele e affamato.

Recensione 

Il lontano fischiettar di una melodia stonata annuncia che il giorno sta lasciando il passo alla notte, e il lampionario con in spalla il lungo bastone inzuppato d’alcol sta accendendo le poche luci che mostrano le interrate e sconnesse vie dell’East End.

Cocci di vetro che vanno in frantumi e voci sommesse che mostrano la povertà e la fame nascoste agli occhi della Borghesia che transita senza fermarsi. Ci sono luoghi che nascono già neri, intrisi della peggior cattiveria che ci possa essere, e sempre in quei luoghi certe sensazioni restano così per sempre.

Immerso fino al collo da un manto di tetra polvere e nebbia il lettore si trova fin dalle prime battute sulle orme del più leggendario Serial Killer di tutti i tempi: Jack lo Squartatore!

Bastano poche pagine per capire che quello che ci troviamo davanti non è il solito thriller che ti aspetti dalle abili mani di Stefano Tura, ma un completo rinnovamento nello stile narrativo, nei personaggi e che taglia tutti i legami coi precedenti libri.

Stefano si muove tra passato e presente, incrocia destini e sovrasta due mondi, quello della Victorian Age e quello contemporaneo attraverso gli occhi di una moltitudine di personaggi. Per certi versi un romanzo corale che racconta nevrosi, misteri celati e che mette a confronto una società con le regole del tempo. Per altri versi, così tanti personaggi che delle volte si riesce a malapena a stargli dietro per la complessità della storia di ognuno e il legame che li contorna. La differenza principale del prime time di Tura e quest’ultimo sta proprio nella focalizzazione e costruzione di un’ambientazione piuttosto che nello sviluppo psicologico degli interpreti del gioco.

Lo sfondo della Londra Vittoriana è affascinante e non diventa supponente quando si tratta di descrivere per l’ennesima volta le gesta di Jack the Ripper; anzi, nuove direttive ne emergono, che tessono l’intelligenza di una ricerca storica nel tessuto sociale, non fermandosi alle apparenze che vogliono a tutti i costi (demerito o meno dell’industria mediatica) una fan-base fondata sul degrado e prostituzione.

Certamente sappiamo con certezza la bassa moralità dei “senza nome” vittoriani, ma altrettanto abbiamo una ricerca e visionarietà scientifica che ha permesso ad “illuminati” nomi di fare nuove scoperte in ambito medico, ingegneristico. Nella Londra Vittoriana viviamo un periodo di trapasso storico tra ere, e ci prepariamo ad abbandonare il rigoroso ritegno sociale imposto dai canoni aristocratici. E’ qui che la leggenda di Jack si muove e Stefano Tura lo imposta veloce come un fulmine facendo sprofondare nell’oblio della notte nebbiosa di Commercial Street il lettore permettendo di far incontrare due periodi storici che attualmente sembrano tendersi la mano come migliori amici.

La storia è contornata di elementi chiave che, prestando attenzione alla lettura è possibile scorgere; indizi che Stefano sembra regalarci in maniera mefistofelica per farci capire il mistero che si cela nella sua storia. Dovendo posizionare questo romanzo nel panorama odierno, sarebbe perfetto in quel genere internazionale di glam thriller che cattura l’attenzione del lettore con elementi – tanti – che prendono spunto da più sottogeneri, come il supernatural, l’horror, e perché no la fanta politica.

C’è dunque un taglio netto con le atmosfere dei precedenti libri, meno noir qui ma molta più azione e crudeltà. Ci troviamo sotto gli occhi il romanzo più “horror” dai tempi di quel piccolo capolavoro di “Non Spegnere la Luce” con scene raccapriccianti che fanno torcere le budella anche a chi vittima di Jack non lo è stato.

Ricorda a tratti Daniel Cole per la struttura investigativa e scomodando Robert Galbraith – aka sapete a chi mi riferisco – per la conoscenza minuziosa della capitale Britannica, usi e costumi annessi. C’è un po’ di Cormoran Strike nel libro che si aggira misterioso vestendo i panni di un tenebroso Edwin Drood. Un paragone estremo? Forse, ma nel suo piccolo Stefano Tura ce lo propone forse inconsapevolmente così.

Un piccolo Easter Egg che vi regalo è la costante presenza, seppur in misura impercettibile e non importante ai termini di trama della figura del pagliaccio che compare praticamente in tantissimi libri di Stefano. Qui nominato sotto il ghigno malefico del più famoso Pennywise.

Potrei soffermarmi su “Gli occhi di Laura Mars” Derrick Brainblee, – guai a chiamarlo Brain – è un ispettore alquanto eclettico, bravo nel suo lavoro e  vittima da tempo di strani episodi che lo lasciano con enormi vuoti mentali e immagini dai bordi indefiniti nonostante la sua abilità investigativa. Potrei farvi interessare al “Duca Bianco” di Soulton che ricorda uno dei sospettati dell’epoca di Jack, il Duca di Clarence. Oppure semplicemente potrei star qui ad accompagnarvi in un tour accanto a Stefano nella Londra degli storici pubs e delle Real Ale poco schiumose e delle leggende che legano ogni edificio storico.

Invece, vi esorto a leggere voi stessi, farvi un’idea, magari appassionarvi della vera vicenda da cui è tratto il libro per regalarvi emozioni abissali, oppure consigliarvi di acquistare e leggere le opere precedenti dello scrittore er farvi un’idea del percorso intellettuale compiuto durante gli anni.

Dedicato a chi come me ama le atmosfere dell’epoca vittoriana e la Londra Metafisica quasi steampunk che al giorno d’oggi non esiste praticamente più e a tutti coloro che vogliono mettere la testa a riposo e leggersi un libro che una volta cominciato si fa fatica a chiudere.

 

 

Stefano Tura


Giornalista e scrittore, nato a Bologna, vive a Londra dove lavora come corrispondente per la Rai. Ha iniziato la carriera come cronista di nera nel quotidiano Il Resto del Carlino. È stato poi inviato di guerra per la Rai in ex-Jugoslavia, Afghanistan, Iraq e Sudan. Come autore di gialli e noir, ha scritto Il killer delle ballerine, Non spegnere la luce, Arriveranno i fiori del sangue, e molti altri; finalista nei premi Fedeli e Scerbanenco, e Tu sei il prossimo, con il quale ha vinto i premi Romiti e Serantini.

 

Acquista su Amazon.it: