Recensione di Francesco Morra
Autore: Daniele Mencarelli
Editore: Mondadori
Pagine: 225
Genere: Narrativa
Anno di pubblicazione: 2018
SINOSSI. Daniele è un giovane poeta oppresso da un affanno sconosciuto, “una malattia invisibile all’altezza del cuore, o del cervello”. Si rifiuta di obbedire automaticamente ai riti cui sembra sottostare l’umanità: trovare un lavoro, farsi una famiglia… la sua vita è attratta piuttosto dal gorgo del vuoto, e da quattro anni è in caduta “precisa come un tuffo da olimpionico”. Non ha più nemmeno la forza di scrivere, e la sua esistenza sembra priva di uno scopo. È per i suoi genitori che Daniele prova a chiedere aiuto, deve riuscire a sopravvivere, lo farà attraverso il lavoro. Il 3 marzo del 1999 firma un contratto con una cooperativa legata all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. In questa “casa” speciale, abitata dai bambini segnati dalla malattia, sono molti gli sguardi che incontra e che via via lo spingeranno a porsi una domanda scomoda: perché, se la sofferenza pare essere l’unica legge che governa il mondo, vale comunque la pena di vivere e provare a costruire qualcosa? Le risposte arriveranno, al di là di qualsiasi retorica e con deflagrante potenza, dall’esperienza quotidiana di fatica e solidarietà tra compagni di lavoro, in un luogo come il Bambino Gesù, in cui l’essenza della vita si mostra in tutta la sua brutalità e negli squarci di inattesa bellezza. Qui Daniele sentirà dentro di sé un invito sempre più imperioso a non chiudere gli occhi, e lo accoglierà come un dono. Con la lingua precisa e affilata del poeta, Daniele Mencarelli ci offre con grazia cruda il racconto coraggioso del rifugio cercato nell’alcol, della spirale di solitudine, prostrazione e vergogna di quegli anni bui, e della progressiva liberazione dalla sofferenza fino alla straordinaria rinascita.
RECENSIONE
La parola è un mistero, ha a che fare con forze sconosciute, sa farsi carico della tensione umana, e sa restituirla, fissarla su un foglio all’infinito, disponibile nei secoli per coloro che vorranno leggerla. Chi scrive aspira a questa forza, a questa tensione.
Daniele Mencarelli scrive il suo primo romanzo, semi-autobiografico, un memoir, quindi, con rielaborazioni della fantasia dell’autore.
Un giovane poeta si abbandona all’alcol devastando se stesso e i rapporti con il mondo, a partire da quelli con la sua famiglia.
La dimenticanza procurata come unico rimedio al male di vivere.
Ecco, però, l’imprevisto: grazie a un caro amico, trova lavoro come addetto alle pulizie di una cooperativa dell’ospedale Bambino Gesù di Roma.
Da questo momento in poi inizia un nuovo percorso, non senza ricadute, verso un riappropriarsi della propria esistenza attraverso la vita trascorsa con i suoi colleghi e l’orrore e la sofferenza dei bambini ricoverati.
Daniele scrive di aver avuto tra i suoi disturbi la fobia sociale, che lo portava a non riuscire a fissare gli altri. Il trovarsi quotidianamente di fronte ai ragazzini devastati da malattie e alle loro famiglie gli scava nel profondo.
Il nostro protagonista è un poeta e, come afferma:
“La poesia deve farsi serva di tutte le esperienze che ho visto, deve offrirsi nella sua povertà miracolosa. La forma non deve essere foggia, deve obbedire ai volti e alle storie che devono vivere attraverso di lei”.
La poesia, le parole che rimbombano nella sua mente, la voce dell’ospedale; tutto questo costruisce, mattone su mattone, l’idea e il progetto che salveranno Daniele.
Molti trentenni soffrono, in questa società dell’apparire e della realizzazione e che non accetta chi decide di fermarsi e anche perdersi nei sogni. Una fuga dalla realtà che alcuni sublimano perdendosi nelle dipendenze e altri, come il nostro protagonista, recuperano e convertono nell’essere artigiani della parola.
Questo libro è stato una scoperta, si percepisce la forza della vita vissuta e si deve solo ringraziare lo scrittore per averci donato e testimoniato la sua esperienza.
Il ritmo è serrato e la lettura è scorrevole e piacevole, i capitoli brevi rendono immediato come un flash quanto vi è raccontato.
È un romanzo che consiglio a tutti, soprattutto a quelli che vivono di certezze.
Alcune riflessioni e passi mi hanno fatto emozionare e, confesso, mi hanno scavato nell’anima. È tra quei libri da sottolineare e rileggere più volte; sentirsi Daniele, in alcuni momenti, diviene operazione naturale; si cade e ci si rialza con lui.
Degna di nota la descrizione del suo comporre poesie, instancabile lavorio con il quaderno sempre aperto; scrivere in ogni momento libero sottraendo tempo al sonno, un vortice creativo che è solo un dare sfogo a pensieri accumulati che, trasferendosi su carta, calmano il poeta.
Molti chiedono perché si debba investire il proprio tempo nella lettura; ebbene, leggere questo libro fornisce una tra le tante risposte.
La casa degli sguardi analizza e permette, attraverso l’esperienza di Daniele, di vivere emozioni e imparare come nulla nella vita sia ineluttabile e che pure l’orrore subito dagli innocenti può servire come testimonianza per il riscatto.
“Continua a farmi casa del tuo sguardo, usami per restare vivo nel ricordo”
A cura di Francesco Morra
Daniele Mencarelli
Daniele Mencarelli, nasce a Roma, nel 1974. Vive ad Ariccia. Ha pubblicato quattro raccolte di poesie: I giorni condivisi, poeti di clanDestino, 2001, Bambino Gesù, Tipografie Vaticane, 2001, Guardia alta, Niebo-La vita felice, 2005, e Bambino Gesù, edizioni Nottetempo, 2010 (vincitore del premio Città di Atri, finalista ai premi Luzi, Brancati, Montano, Frascati, Ceppo). Sue poesie sono apparse su diverse riviste letterarie, cartacee e on-line. È presente nelle antologie: L’Opera comune, Atelier; I cercatori d’oro, poeti di clanDestino, in Dieci poeti contemporanei, Pendragon e in “Nella borsa del viandante”, Fara editore. Da diversi anni si occupa di fiction a Rai Uno.
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