La città dei vivi




Recensione di Francesca Marchesani


Autore: Nicola Lagioia

Editore: Einaudi

Genere: Narrativa/ inchiesta

Pagine: 472

Pubblicazione: Ottobre 2020

Sinossi. Nel marzo 2016, in un anonimo appartamento della periferia romana, due ragazzi di buona famiglia di nome Manuel Foffo e Marco Prato seviziano per ore un ragazzo piú giovane, Luca Varani, portandolo a una morte lenta e terribile. È un gesto inspiegabile, inimmaginabile anche per loro pochi giorni prima. La notizia calamita immediatamente l’attenzione, sconvolgendo nel profondo l’opinione pubblica. È la natura del delitto a sollevare le domande piú inquietanti. È un caso di violenza gratuita? Gli assassini sono dei depravati? Dei cocainomani? Dei disperati? Erano davvero consapevoli di ciò che stavano facendo? Qualcuno inizia a descrivere l’omicidio come un caso di possessione. Quel che è certo è che questo gesto enorme, insensato, segna oltre i colpevoli l’intero mondo che li circonda. Nicola Lagioia segue questa storia sin dall’inizio: intervista i protagonisti della vicenda, raccoglie documenti e testimonianze, incontra i genitori di Luca Varani, intrattiene un carteggio con uno dei due colpevoli. Mettersi sulle tracce del delitto significa anche affrontare una discesa nella notte di Roma, una città invivibile eppure traboccante di vita, presa d’assalto da topi e animali selvatici, stravolta dalla corruzione, dalle droghe, ma al tempo stesso capace di far sentire libero chi ci vive come nessun altro posto al mondo. Una città che in quel momento non ha un sindaco, ma ben due papi. Da questa indagine emerge un tempo fatto di aspettative tradite, confusione sessuale, difficoltà nel diventare adulti, disuguaglianze, vuoti di identità e smarrimento. Procedendo per cerchi concentrici, Nicola Lagioia spalanca le porte delle case, interroga i padri e i figli, cercando il punto di rottura a partire dal quale tutto può succedere.

Recensione

Dovrebbero mettere un’allerta in copertina a libri del genere. Attenzioni contiene emozioni forti.

Avete mai guardato quei documentari agghiaccianti dove ricostruiscono le varie scene del delitto con tanto di intervista agli assassini?

Per dirne qualcuna solo in Italia, Pietro Maso, Rosa e Olindo, Annamaria Franzoni, Erika e Omar, e vorrei fermare qui l’elenco anche se purtroppo sarebbe ancora lungo. Parecchio lungo. Qual è la cosa che accomuna tutti questi casi mediatici? L’attenzione che si pone sull’assassino.

Della vittima quasi ci dimentichiamo il nome, mentre magari ci ricordiamo più che altro il luogo. Avetrana, Novi Ligure, Garlasco, Erba. Buffo eh? Ed è un po’ questo quello che Nicola Lagioia in questa “inchiesta” vuole trasmetterci. Gli viene chiesto di scrivere qualcosa riguardo all’omicidio di Luca Varani. È marzo 2016 e siamo a Roma.

Lo scrittore ci offre un ritratto della città assediata dai rifiuti dove i gabbiani che sorvolano l’immondizia la fanno da padroni. Una città eterna come la maledizione che la affligge. Droghe, malavita, festini che pensiamo appartengano solo al mondo dei film, e invece no. In tutto questo abbiamo Manuel Foffo, reo confesso di aver ammazzato un ragazzo di cui non sa neanche il nome. Ma non ha agito da solo, con lui anche Marco Prato, complice una notte di abusi e deliri di onnipotenza.

Nessuno vuole scagionarli, nessuno vuole empatizzare con gli assassini, ma purtroppo è quello che la cronaca nera ti porta a fare. Hai un solo punto di vista, quello dell’omicida. È lui che può parlare e raccontare quello che è successo.

I morti non parlano e l’altra versione della campana suona a lutto. Nelle pagine che seguono e che ho divorato con ferocia (cit) Lagioia ci racconta i risultati delle sue indagini. Una madre, quella di Foffo, che come tutte le madri è incredula. Non può credere che suo figlio abbia ucciso un uomo, crede quasi sia più probabile che qualcun altro abbia scaricato il cadavere nel suo appartamento.

Ma il vero protagonista della vicenda è purtroppo l’omicidio in sé, riflette una luce propria che non ha bisogno di ulteriori spiegazioni. Si cercano moventi, capri espiatori perché ci fanno sentire al sicuro. Se un delitto è avvenuto grazie al caso è meglio, questo ci protegge dall’essere eventuali vittime un giorno, se non carnefici.

Mi ha fatto molto riflettere poi la, quasi paradossale, morbosità su come si cerchi sempre di fare passare la vittima come un essere puro e perfetto. Nessuno ha mai parole brutte sui morti, ma non bisognerebbe fare i salti mortali per parlare bene di un morto.

Il suo solo corpo freddo dovrebbe essere sufficiente a farcelo amare e compatire. I morti non se la sono cercata. I morti non erano al posto sbagliato nel momento sbagliato. I morti lasciamoli stare mentre noi cerchiamo di venire a capo di questa “città dei vivi”.

 

Nicola Lagioia


Autore di Poesia on-line, volumetto allegato all’Annuario della poesia italiana curato da Giorgio Manacorda (Castelvecchi, 2001), per minimum fax (per cui dirige “nichel”, la collana di narrativa italiana) ha pubblicato nel 2001 il suo primo romanzo, Tre sistemi per sbarazzarsi di Tolstoj (senza risparmiare se stessi). Per Fazi ha pubblicato il saggio Babbo Natale. Ovvero come la Coca Cola ha colonizzato il nostro immaginario collettivo (2009). Ha pubblicato racconti in varie antologie: Patrie impure (Rizzoli 2003), La qualità dell’aria (minimum fax, 2004) che ha curato assieme a Christian Raimo, Semi di fico d’India (Nuovadimensione, 2005), Periferie (Laterza, 2006), Deandreide, dedicata a Fabrizio De André (Biblioteca Universale Rizzoli, 2006), Ho visto cose(Biblioteca Universale Rizzoli, 2008), La storia siamo noi (Neri Pozza, 2008). Per Einaudi ha pubblicato Occidente per principianti (2004), Riportando tutto a casa (2009, con cui si aggiudica il premio Siae, il premio Vittorini, il premio Volponi, il Premio Viareggio 2010 per la narrativa), La ferocia (2014), grazie al quale vince il Premio Strega 2015 e La città dei vivi (2020).

 

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