La notte della felicità




Recensione di Francesco Morra


Autore: Tabish Khair

Traduttore: Adalinda Gasparini

Editore: tunué

Genere: Narrativa

Pagine: 121

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. Mumbai, India. Anil Mehotra è un uomo solido, pragmatico, razionale. Con l’aiuto del suo braccio destro Ahmed ha creato dal nulla un’azienda di successo. Ahmed, musulmano, è un dipendente discreto, mite, saggio, fidato: di certo, pensava Anil, di cultura induista, non gli avrebbe mai riservato sorprese. Un giorno, però, durante la festa di Shab-e-baraat, Ahmed invita Anil a casa sua per offrirgli un piatto di halwa preparato dalla moglie Roshni… Lì un dettaglio inquietante altera in modo irreversibile un equilibrio che sembrava perfettamente armonioso. Entrando nell’appartamento, Anil attraversa una soglia: niente, da quel momento sarà più come prima, e quando Anil crederà di aver rischiarato razionalmente la “notte” di Ahmed, si troverà invece costretto a mettere in discussione tutto, ma proprio tutto, ciò che credeva di sapere. “La notte della felicità”, in bilico tra “Passaggio in India” di Forster e le ghost stories “senza fantasma” di James, Du Maurier e Byatt, è un sottile romanzo sulla sostanziale inconoscibilità dell’altro, sulle ferite inflitte dalla storia e sulla possibilità di scoprire come e quanto la realtà sia formata da un intreccio di visibile e invisibile – a patto di saper aguzzare lo sguardo.

Recensione

Siamo tutti appesi a un filo di ragnatela di normalità che oscilla su un abisso

Tabish Khair nel romanzo La notte della felicità, tradotto da Adalinda Gasparini, ci racconta della società indiana con tutte le sue contraddizioni. Fa tutto ciò con una storia dove l’asimmetria di un particolare porta il protagonista, l’imprenditore Anil Mehrotra ad indagare sul suo braccio destro Ahmed.

Il libro parte con l’escamotage del ritrovamento di un manoscritto. Esso è il racconto di Anil che per liberarsi di quanto gli è successo lo mette per iscritto.

Cosa nasconde Ahmed? Il mistero cattura l’attenzione del lettore che viene assorbito dall’ossessione dell’imprenditore che vuole risposte alle sue domande.

La società indiana qui viene raccontata con lucida razionalità. Una struttura sociale estremamentestratificata dove pure comparendo il successo non vi è redistribuzione di ricchezze e tutto ciò acuito da una fragile convivenza tra etnie e soprattutto religioni diverse.

Khair con coraggio riesce a sferzare la sua nazione come fanno con le loro opere scrittori quali Arundhati Roy o Vikram Seth, per citarne alcuni.

L’incipit ci guida al ritrovamento del manoscritto L’infinità spettrale delle piccole distanze

quasi come una voce fuori campo. Poi si parte con  la narrazione di Anil. Un personaggio razionale e self made man indiano con una famiglia perfetta. Uomo ricco che viene turbato e che racconta nelle pagine quanto scopre e l’angoscia. In realtà ci dice molto di più, ad esempio di come la stampa sia stata vaga sul massacro del Gujarat o delle condizioni dei musulmani oppure ancora degli enormi scompensi tra classi sociali.

Anil vive una normalità. Si ma Khair ci sprona a ragionare su cosa sia normale e soprattutto chi lo decide?

Lui stesso ne viene travolto e proprio scriverne lo ricongiungerà con il raziocinio che pensa di aver perso...

L’amore di Ahmed per sua madre e per la moglie Roshni sono infiniti, davvero incommensurabili. Alcune scene sono descritte con grande tenerezza e con commozione, in alcuni punti si medita su quanto la natura umana sia disumana e che la giustizia non sia di questo mondo.

Quel che accade nei piccoli spazi fra le persone è così vasto che spesso misurarlo risulta impossibile

Il braccio destro e impiegato modello è una persona mite che in un momento rivela altro di sé che fa insospettire il suo datore di lavoro. Tutto ciò scatena la macchina narrativa e permette a TabishKhair di regalarci un romanzo di rara potenza. Esempio di come si possa fare letteratura e narrare storie dalle numerose sfaccettature. L’empatia all’inizio è tutta per Anil e poi via via si è sconcertati e ci si interroga su cosa sia successo.

La scrittura come redenzione e testimonianza.

Anil, vive la sua posizione ma raccontando quanto è accaduto ad Ahmed e sua moglie riesce ad andare oltre alla sua vita di uomo ricco indiano e ci dona l’immagine dell’India di oggi che molte volte la retorica e propaganda ammanta come uno stato perfetto, invece è un popolo dai numerosi problemi quanto e come moltissime democrazie mondiali. Il ruolo della donna nella cultura e società oppure l’appartenenza religiosa come stigma sono elementi presenti in questo libro e ne caratterizzano e influenzano la struttura.

I motti di Ahmed riportati in molte pagine sono di una garbo e saggezza che stonano con il pragmatico nichilismo del mondo d’oggi.

Non si deve cercare la felicità, per la felicità ci si deve solo fermare

La patina frivola e leggera. Il benessere esibito nasconde crepe profonde e slabbrate di un capitalismo che eleva alcuni, schiacciando e provocando macerie.

L’amore trascende le esistenze e non può essere sconfitto e contaminato. La realizzazione di ognuno può esserci e compiersi nella sfera dell’affettività. Kahir ci insegna in queste pagine che il non omologarsi e l’apparire diversi per modi e comportamenti è una ricchezza ed uno dei vari sentieri su cui intraprendere e vivere il nostro quotidiano.

A cura di Francesco Morra

www.youtube.com/user/Vetriera

 

Tabish Khair


Tabish Khair: Nato e cresciuto in una piccola città del Bihar, in India,Tabish Khair vive in Danimarca. È autore di romanzi, racconti, inchieste giornalistiche, scritti di viaggio, oltre che di studi accademici sul romanzo, postcolonialismo, immaginario gotico, rappresentazione del terrorismo internazionale. Per la sua produzione letteraria e saggistica ha vinto importanti premi internazionali e ha ottenuto affiliazioniaccademiche in India, Gran Bretagna e a Hong-Kong. Le sue opere,oggetto di importanti studi monografici, sono tradotte in molte lingue.

 

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